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Vicenza: la SVENTURA di doverla commentare
Publie le sabato 17 febbraio 2007 par Open-Publishing5 commenti

Ed finalmente eccoci arrivati alla sera del D-DAY.
Sembrava che dovessimo assistere allo sbarco in Normandia in terra vicentina.
Come sempre, l’esercito invasore sbarca alle prime luci dell’alba.
L’intera armata italiana (quella che non è all’estero s’intende) dislocata lungo il percorso dei pericolosissimi terroristi che avrebbero messo a ferro e fuoco la provincia di Vicenza.
Cavalli di frisia davanti ai fossi.
Unità aeree che sorvolavano l’intera area degli scontri.
Unico rammarico: I vicentini non hanno sbocco sul mare e quindi non si è potuto coinvolgere fregate e incrociatori della Marina.
Con loro infinito dispiacere (soprattutto per i TG avvoltoi) non ci sono stati morti o feriti.
Nessuno ha fatto bischerate e adesso i TG vanno ravanando nella spazzatura per cercare qualcosa da commentare.
Continuano a mostrare un solo striscione a parer loro discutibile.
Studio Aperto ha appena detto che l’unico momento di tensione si è avuto quando i barbari hanno esploso un petardo davanti alla questura … TERRORISTI!!!
Lungo il percorso è stata piazzata addirittura un’unità mobile contro attacchi chimici e biologici … forse hanno saputo che la vacche al pascolo inquinano più di 10 macchine. Ma anche le vacche vicentine erano pacifiste e hanno trattenuto i loro gas di scarico per evacuarli quando incontreranno “colui” che oggi dice che per l’Italia è un giorno triste …
Tra la folla non c’erano terroristi di Al Qaeda al massimo potevamo trovare dei meravigliosi “BIMB LADEN” che scorazzavano con la loro bicicletta arcobaleno.
Oggi, anche i Gatti vicentini facevano il tifo per la pace, nonostante avessero dei validi “interessi trasversali” per sperare in un bombardamento americano contro i gattofagi.
Triste serata per i telegiornali di Mediaset; non sanno come dare la notizia.
Erano giorni che annunciavano catastrofi e devastazione, adesso sono impreparati e non sanno che dire.
Dovranno aspettare altre occasioni per sputtanare gli italiani che amano la pace e che non vogliono essere complici degli indiscriminati bombardamenti USA.
Tubal e Sibilla
Messaggi
1. Vicenza: la SVENTURA di doverla commentare, 17 febbraio 2007, 19:51
Rosica ......
18:56 Pisanu: "Mancano i 15 terroristi arrestati"
"A Vicenza oggi manca qualcuno tra i manifestanti: i quindici arrestati l’altro giorno per terrorismo". Lo ha detto l’ex ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu a Brindisi per un seminario dei giovani di Fi. "Del resto - ha aggiunto - non è un mistero, visto che sono stati fotografati spesso nei cortei no global e dei pacifisti. Certo, c’è l’imponente servizio d’ordine della Cgil, ma anche a loro mancano arrestati ed indagati".
1. Vicenza: la SVENTURA di doverla commentare, 17 febbraio 2007, 20:45
E’ proprio vero ... ROSICA ...
Il signor Piasnu è ancora lì a rosicare perchè non è riuscito a trovare le famigerate 24000 schede che avrebbero fatto precipitare l’Italia in altri 5 anni di sventura Bellachiomata.
I primi 5 anni a fare leggi per se stesso.
I successivi 5 a demolire la Costituzione e l’OPPOSIZIONE interna.
Oggi a Vicenza si è visto il cuore pulsante di una società sana e pulita.
P.S. Vorrei che il sig. Pisanu spiegasse al TERRORISTA Abu Omar (che lui e Bellachioma hanno venduto alla CIA), la differenza tra tortura legale (CIA) e illegale.
2. Vicenza: la SVENTURA di doverla commentare, 18 febbraio 2007, 09:14
Sempre più si capisce che a Genova fu un vero e proprio agguato!
3. Vicenza: la SVENTURA di doverla commentare, 18 febbraio 2007, 11:36
La strategia dell’allarme
di GIUSEPPE D’AVANZO
VICENZA - "Io non ho paura" c’era scritto sul cartello che una donna si portava in giro sistemato sulla carrozzella, alle spalle del figlio paraplegico. Ora che a Vicenza tutto è filato liscio - tra molta buona musica, volti allegri di bambini, donne indaffarate a picchiare sulle pentole, famigliole in corteo serene come lungo corso Palladio, la domenica mattina - è forse necessario chiedersi di quella paura, della sua ragione, del suo valore politico al tempo del governo di centro-sinistra. Perché, nella nuvola di chiacchiere che ha preceduto e certo seguirà la manifestazione "No Dal Molin", va registrata la strepitosa sconfitta della paura. La paura avrebbe dovuto essere, per diffusa convinzione, la protagonista assoluta del giorno.
Si attendevano le incursioni distruttive dei black-bloc, degli uomini in nero; le violenze organizzate dei centri sociali più radicali, i padovani del "Gramigna" soprattutto, sospettati di avere forti complicità con alcuni dei quindici brigatisti della Seconda Posizione arrestati a Milano, lunedì scorso. Un clima di timore e di angoscia è stato, alla vigilia, alimentato - anche inconsapevolmente, anche spensieratamente, forse - da un pastone opaco che metteva insieme notizie diverse ed emergenze disuguali. L’odio contro la polizia degli ultras degli stadi con la separatezza "disobbediente" dei centri sociali. L’evidenza di una coabitazione all’interno dei movimenti e del sindacalismo di base di una scheggia marginale e ultraminoritaria di Brigate rosse e il segno ideologico di "aree antagoniste" che non rifiutano la violenza politica, anzi ne vaneggiano - soprattutto a parole - come di un opzione politica concreta.
Ne sono nati riflessi allucinatori che hanno oscurato la "cosa", le "cose". La crisi di una Vicenza che, dopo quarant’anni di crescita vorticosa, fa i conti con le difficoltà economiche legate alla competizione internazionale e con uno smarrimento identitario, di cui i problemi posti dal raddoppio della Ederle sono soltanto un capitolo. Le divisioni di un governo che, incapace di correggere le risoluzioni dell’esecutivo precedente, "burocratizza" la decisione come fosse soltanto un passacarte mostrandosi sordo all’ascolto delle ragioni della comunità che, con quella risoluzione, deve fare i conti per sempre. Un’azione della politica sempre più autoreferenziale, privata di ogni legame con la società e il territorio, riflessa in uno specchio esclusivamente mediatico e quasi rinsecchita su se stessa.
Quando le "cose" sono difficili da affrontare, la paura è sempre un sistema che garantisce degli introiti politici, efficaci e a buon mercato. Può liquidare, oscurandoli, i fatti più ostinati e controversi e, nel vuoto, lasciar lievitare un sentimento sociale di vulnerabilità che spinge ciascuno lontano dallo spazio pubblico. Altro che manifestazioni, altro che pubbliche proteste. Si tira giù la saracinesca e si sta a casa, non in piazza.
Negli anni dell’éra berlusconiana, abbiamo imparato quale straordinario strumento di governo possa essere la paura. Diventata, alla prese del terrorismo islamico, fondamento della ragione politica (e morale), la paura si è rivelata di una forza incontrollabile. Ha influenzato il dibattito pubblico, corretto la mappa del potere verticalizzandola in chiave autoritaria. Ha condizionato le scelte della politica, deformato i diritti fino a trasferire la soluzione di ogni conflitto a uno stato pre-giuridico dove contavano soltanto il sospetto e il pregiudizio. Diventata idea politica, e magari ingrassata con sapienza dalle élite, la paura si è dimostrata capace di modificare le nostre convinzioni su presente e futuro, conflitto e sicurezza, libertà e protezione.
La verità è che è accaduto purtroppo ancora in questi giorni, anche se non più con Berlusconi al governo. Ora che le bocce sono ferme e tiriamo un sospiro di sollievo, non è uno scandalo parlarne.
Se guardiamo indietro agli ultimi giorni, si può osservare come il governo Prodi abbia ceduto alla tentazione di liberarsi della sfida lanciata da Vicenza lavorando al registro dell’allarme sociale. Soprattutto le parole di Giuliano Amato hanno sorpreso e inquietato. Chiedere preventivamente la solidarietà del parlamento alla polizia aggredita è prevedere, annunciare un assalto alla polizia. E’ agitare le acque, non chetarle come dovrebbe essere dovere del ministro dell’Interno, pur se preoccupato.
Promettere "severità" nella repressione, come ha fatto il vicepresidente del Consiglio Francesco Rutelli, è aprire un varco alle violenze dei manifestanti che amano le pose gladiatorie e all’irresponsabilità di chi ha il compito da fronteggiarle. Chi è stato invece a Vicenza ha potuto rendersi conto che nulla di quel che ha agitato il dibattito pubblico per sette giorni era concreto e reale. Oreste Scalzone, per dire, quasi uno spauracchio appena l’altro ieri, appariva una figura patetica che, in un angolo di Campo Marzio, strologava con prolissa incompetenza.
Lo striscione del "Gramigna" di solidarietà ai brigatisti arrestati lo hanno visto in pochi, mentre nessuno ne ha ascoltato gli slogan "cancellati" dai fiati di Firenze e dagli ottoni di Livorno. La polizia è parsa invisibile e, quando visibile, lontana, annoiata e quasi distratta.
La gente che ha sfilato a Vicenza per oltre sette ore sembrava sapere che chi ha paura è il peggiore nemico di se stesso e ha deciso di non averne. Tocca ora al governo ricordare che, come strumento di potere, la paura può soltanto deformare la libertà di decidere e operare, condizionare valori culturali e diritti, travolgere identità e relazioni. Se il governo dovesse far tesoro di quest’esperienza, ci sarebbe una ragione in più per pensare che il sabato di Vicenza è stato una eccellente giornata.
(18 febbraio 2007) www.repubblica.it
1. Vicenza: la SVENTURA di doverla commentare, 18 febbraio 2007, 12:12
La festa di Vicenza di Giuliano Santoro
Che manifestazione è stata quella di Vicenza?
Di certo, è stata un evento dalle molte smentite.
La prima è che questa sia stata una manifestazione antiamericana perché moltissimi sono stati gli statunitensi che hanno manifestato contro la guerra, con i loro striscioni, e sono stati salutati con un lungo applauso quando sono giunti in piazza.
La seconda è che questa sia stata una manifestazione in cui c’erano forme di militanza ideologiche. In realtà, è stata una manifestazione molto aperta, con linguaggi diversi, plurali, per niente caratterizzata in un solo modo. Ancora, un’altra smentita è che anche che questa fosse una manifestazione violenta.
È stato anche smentito il fatto che fosse una manifestazione che contrapponeva il locale ad una logica più generale, perché il locale e il globale si intrecciavano continuamente. Ma, soprattutto, è stato smentito il fatto che, come dicono molti rappresentanti del centrosinistra, che ormai "a Vicenza la cosa è persa, al limite possiamo migliorare la situazione". Questa manifestazione dimostra che a Vicenza la battaglia non è persa.
Il simbolo di tutto questo è stato il nutritissimo gruppo di manifestanti arrivati dalla Val di Susa che sono stati i primi a dimostrare che, anche se una cosa era decisa dal governo centrale e sembrava ormani data per certa, poteva essere fermata. La nutrita presenza dei No Tav a Vicenza significa questo: che come anche loro si sono trovati di fronte ad una cosa che tutti davano per scontata, che ormai doveva essere fatta, "necessaria", sono riusciti a fermarla.
È stato un corteo nel quale era quasi impossibile distinguere i vari spezzoni perché non c’èra una suddivisione netta, se non per il fatto che i partiti stavano in coda. Si può dire che i partiti hanno disobbedito a quello che aveva stabilito l’assemblea, perché tutti hanno portato le bandiere di partito. Ma il fatto che fossero in coda è come se avesse restituito un ordine a tutto quanto, sono entrati per ultimi in piazza.
I vicentini hanno segnato la loro presenza in maniera molto forte, molti di loro hanno parlato dal palco, hanno aperto il corteo con moltissimi slogan. Quello che ha stupito i veneti stessi è stato il fatto che questo territorio, da sempre considerato un deserto dal punto di vista del conflitto sociale, nonostante il terrorismo dei media, ha risposto, la gente è scesa in strada e non tutti i negozi hanno abbassato le serrande.
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