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Violenze a Bolzaneto, a processo 45 tra carabinieri, agenti e medici penitenziari

Publie le giovedì 19 maggio 2005 par Open-Publishing

Il 12 ottobre la prima udienza per gli abusi nella prigione del G8

di Checchino Antonini

Ci sarà un pubblico dibattimento, e inizierà il 12 ottobre prossimo, per le violenze e gli abusi (visto che ancora non esiste una legge ad hoc sulla tortura), avvenuti nel luglio 2001, nel carcere provvisorio di Bolzaneto.
Con una decisione a sorpresa, era attesa per venerdì prossimo, il gup di Genova, Maurizio De Matteis, ha rinviato a giudizio 45 persone, tra agenti e funzionari di ps (14) e della polizia penitenziaria (15), carabinieri (12) e medici e infermieri dell’amministrazione penitenziaria (5) imputati, a vario titolo, di abuso d’ufficio, violenza privata, falso ideologico, abuso di autorità contro detenuti o arrestati, violazione dell’ordinamento penitenziario e della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Solo una guardia carceraria di Vercelli è stata completamente prosciolta. Per altre cinque persone il gup ha emesso una sentenza di non luogo a procedere ma solo per alcuni dei numerosi capi di imputazione. Anna Poggi, commissario di ps, è stata prosciolta per quattro singoli episodi di lesioni ma andrà a giudizio per abusi di autorità contro detenuti; il medico del carcere di Marassi, Vincenzo Toccafondi, prosciolto per le ingiurie e per un caso di percosse, risponderà di abuso d’ufficio e omissione di referto e di dati; l’agente Diana Mancini non andrà al processo per concorso morale in violenza privata bensì per un episodio di accompagnamento in bagno con modalità vessatorie; e Marcello Mulaus, dell’ufficio matricola della polizia penitenziaria e il suo collega Giuliano Patrizi si sono visti ridurre i capi d’imputazione ma, anche per loro, si aprirà il dibattimento del 12 ottobre, sei giorni dopo lo svolgimento del processo con rito abbreviato nei confronti di un altro protagonista di Bolzaneto, Antonio Biribao, agente di custodia.

Tra i rinviati a giudizio spiccano Alessandro Perugini, all’epoca dei fatti vice capo della digos genovese e immortalato mentre prende a calci un ragazzino già tumefatto di botte e tenuto immobile da poliziotti travisati; Oronzo Doria, generale delle guardie di custodia e l’ispettore della polizia penitenziaria Biagio Antonio Gugliotta, responsabile della sicurezza del centro di detenzione provvisorio per le maxi retate del G8 2001 allestito in una caserma della celere in un quartiere diventato da allora sinonimo di violenze e abusi: Bolzaneto. Fu il "Garage Olimpo" di Genova, terra di nessuno che inghiottì 255 manifestanti, oggi parti lese, spesso arrestati illegittimamente (nessuno dei fermi fu convalidato), prelevati dalle piazze o dagli ospedali, già feriti dalle cariche senza ragione, violentissime, di quei giorni, già torturati nella scuola Diaz. Già nel cortile funzionava un "comitato d’accoglienza", secondo le testimonianze, poi dentro sarebbero stati costretti a stare in piedi, faccia al muro, nudi e sottoposti ad angherie di ogni tipo, "convinti" a firmare verbali fasulli, senza bere, mangiare e senza comunicare con famiglie, legali e consolati prima di riapparire in diversi penitenziari del Nord Italia. L’ingegner Castelli, ministro Guardasigilli, arrivò in visita di notte ma ha senpre detto di non essersi accorto di nulla. La verità emerse solo alcuni giorni dopo e, faticosamente, decollò l’inchiesta. Neppure uno degli imputati è stato mai sospeso dal servizio.

Soddisfatti per la sostanziale conferma dell’impianto accusatorio, i pm Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati. In particolare, i magistrati sono soddisfatti perché il giudice ha condiviso in toto il ricorso all’articolo 323 (abuso d’ ufficio) , come contenitore che comprende tutte le violenze anche di tipo morale, e all’art. 608 (abuso di autorità contro arrestati o detenuti). Articoli che si integrano tra di loro e che traggono fondamento dall’articolo 13 della Costituzione che recita così: «E’ punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà». Ministri e leader del centrodestra controllino che nella copia della Carta, consegnata loro al momento di giurare, non sia stata strappata la pagina in questione. Così potranno risparmiarsi l’«amarezza» manifestata ieri dall’ex ministro Biondi, ex liberale ora in Forza Italia e difensore dei carabinieri, per l’esito di una udienza preliminare iniziata alla fine di gennaio a quasi quattro anni dai fatti.

Come per il processo Diaz, che riprenderà giovedì, si tratterà di una corsa contro il tempo per evitare la prescrizione su quella che Amnesty International definì «la più grave sospensione dei diritti umani dopo la fine della II guerra mondiale». Di nuovo, comitati di memoria e social forum genovesi torneranno a presidiare il Palazzo di Giustizia per sollecitare istituzioni e movimenti.

«La politica non rinunci a interrogarsi sulle responsabilità politiche di quelle vicende con una vera commissione di inchiesta parlamentare», tornano a chiedere molti deputati di Rifondazione, tra cui la vicepresidente del gruppo alla Camera, Graziella Mascia, eletta a Genova come il senatore Martone che propone all’Unione di trovare un posto nel programma per queste istanze e anche per la proposta di legge per l’identificazione di agenti in servizio di ordine pubblico. Chissà se, dalla Fabbrica, lo ascolterà qualcuno.

Liberazione