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Vittorio Agnoletto : «G8, i no global faranno sentire la loro voce»

Publie le mercoledì 6 luglio 2005 par Open-Publishing

Movimenti G8 Vittorio Agnoletto

di Toni Fontana

ROMA «Delle promesse dei capi del G8 non ci fidiamo, il piano Blair per l’Africa rappresenta un passo in avanti, ma non basta. Andremo ad Edimburgo per rappresentare le ragioni dei più deboli, dei paesi schiacciati dal debito. Discuteremo e manifesteremo, vi potrebbero essere alcune giornate “difficili”. È l’opinione di Vittorio Agnoletto, europarlamentare ed esponente no global.

Anche in occasione del G8 di Glenagles vi sarà un contro-summit. Quali iniziative si annunciano?

«I grandi mezzi di informazione stanno costruendo uno scenario che non corrisponde alla realtà, il “primo mondo” sarebbe animato da una grande attenzione verso il sud. Prendiamo la questione del debito: la cancellazione riguarda solo 18 paesi tra i più poveri, si tratta di debiti non esigibili; altri 40 paesi avrebbero un disperato bisogno dell’annullamento del 100%. Non è inoltre prevista alcuna revisione delle condizioni imposte dalla Banca Mondiale e dal Fondo monetario, non vengono cioè modificati i meccanismi che hanno prodotto questo debito».

Blair ha presentato un piano per l’Africa alla cui elaborazione hanno preso parte alcuni capi di stato africani e Bob Geldof..

«L’accordo annunciato da Blair cancellerebbe il 10% del debito. In quanto agli investimenti occorre essere certi che, a loro volta, non riproducano meccanismi di ulteriore indebitamento. Il nord del mondo si è accorto che questo modello di sviluppo non è in grado di proporre alcun futuro. Blair aveva l’assoluta necessità di non presentarsi a mani vuote per tutelare la sua immagine e per problemi interni e l’occasione del G8 è importante».

Dunque, di fronte all’iniziativa di Blair, non chiudete la porta?

«Si tratta di un passo in avanti, ma è molto poco se si guarda alle emergenze che abbiamo di fronte».

Il movimento no global appare sulla difensiva, o, perlomeno, non riesce a far emergere le proprie proposte...

«Il movimento è ancora estremamente presente e forte, ma ha adottato, soprattutto in Italia, forme diverse. Vi sono meno manifestazioni di piazza, ma si moltiplicano centinaia di iniziative di approfondimento di discussione. Sulla questione del debito sono state promosse centinaia di iniziative in tutte le città italiane.
Ieri mattina a Roma abbiamo presentato una campagna mondiale, gestita da Amnesty International, per il controllo della vendita delle armi delle quali i paesi rappresentati nel G8 sono i massimi produttori ed esportatori».

Il movimento sta insomma “riflettendo”?

«Appare di meno, ma continua a lavorare quotidianamente in tutte le città. A Edimburgo le iniziative cominceranno il 2 luglio con una marcia promossa da due grandi coalizioni, Make Poverty History e Stop the War; il giorno 3 sarà dedicato alla riflessione su globalizzazione, guerra, diritto d’asilo, debito...».

Lei ritiene possibile che, in questa pacifica riflessione, si inseriscano gruppi che puntano invece sulla violenza?

«Secondo le informazioni in mio possesso ciò non si verificherà; il movimento nel Regno Unito, tradizionalmente non molto “unitario”, avrebbe deciso una linea comune da seguire. Vi sono due occasioni che definirei “problematiche”. Lunedì vi sarà un’iniziativa nei pressi di una base nucleare vicina alla città di Glasgow. Le autorità britanniche non hanno mai permesso a nessuno di avvicinarsi a questo tipo di impianti. Inoltre è ancora in corso la discussione sulla manifestazione del 6 luglio. Le autorità vorrebbero concedere solamente l’autorizzazione per un “presidio” mentre il movimento chiede di poter fare un corteo. La trattativa prosegue».

Alcuni osservatori hanno decretato la “morte” del movimento, ma lei sta dicendo invece che sta risorgendo con caratteristiche diverse.

«Schematizzando si può dire che vi sono state due fasi: la prima è stata quella della contestazione, la seconda quella della proposta e della costruzione del consenso, ora stiamo cercando di individuare quattro o cinque grandi campagne mondiali per trasformarle in vere e proprie “vertenze” con con obiettivi “di prospettiva” e, al tempo stesso, concreti e raggiungibili.

Per crescere è necessario ottenere anche vittorie parziali. Questi temi sono la terra e l’acqua, l’accesso ai farmaci, l’opposizione alle guerre e agli armamenti, la riduzione del debito».

http://www.unita.it/index.asp?SEZIO...