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«Vogliamo partecipare» dicono i militanti del Prc

Publie le martedì 12 febbraio 2008 par Open-Publishing

Moltissimi i compagni e le compagne che scrivono dai territori. Esprimono irritazione, delusione, stupore. E la volontà, sempre più forte, di lavorare per il rafforzamento del partito, per le ragioni della rifondazione comunista. Intanto, Essere comunisti convoca un’assemblea pubblica nazionale per sabato 16 febbraio a Roma

«Vogliamo partecipare» dicono i militanti del Prc

Le dichiarazioni del segretario nazionale del Prc - il compagno Franco Giordano - in merito alla possibilità della eliminazione della falce e martello dal contrassegno elettorale con cui la sinistra unita si presenterà alle elezioni ci preoccupano.

Qualora ciò dovesse avvenire si commetterebbe un grave sbaglio.

Quei simboli rappresentano il lavoro, rappresentano un orizzonte strategico anticapitalista alla cui costruzione hanno dedicato impegno e sacrificio intere generazioni; quei simboli rappresentano migliaia di lavoratori, donne, uomini, giovani, pensionati che, in questi 15 anni, hanno voluto mantenere aperto quell’orizzonte, dimostrando che si poteva rimanere comunisti senza essere residuali.

Più volte e in più occasioni ci è capitato di intervenire sulla questione dell’unità tra le forze della sinistra.

Più volte abbiamo chiarito quanto per noi il percorso unitario rappresenti una necessità e una urgenza – oltre che una opportunità.

Considerazioni fondate sulla presa d’atto di una non autosufficienza delle comuniste e dei comunisti che, con l’affermarsi e l’incedere della globalizzazione, si sono trovati di fronte a problematiche inedite - seppur strutturali dello stesso capitalismo; fondate sulla coscienza della necessità di rendere più efficace un’azione di resistenza - e di rilancio - in una fase di transizione in cui a pagarne il prezzo immane sono quei soggetti e quelle classi sociali che hanno conosciuto un peggioramento continuo delle proprie condizioni di vita.

Su questa analisi avevamo parlato di unità necessaria e possibile, consci delle diversità che esistono tra le diverse forze politiche della sinistra, ma anche certi di una urgenza di un simile percorso unitario. Ne avevamo parlato noi come Essere Comunisti, ma ne aveva parlato tutto il partito quando a Carrara venne scritto (in un documento approvato a maggioranza) e gridato (nelle conclusioni del segretario Giordano) che il percorso unitario non solo non era contrapposto all’autonomia del Prc, ma al contrario era parallelo al suo rilancio.

Sul Riformista di ieri Emanuele Macaluso – dopo aver ricordato come nel 1976 il 44% degli italiani votavano, senza che gli tremasse la mano, due partiti entrambi raffiguranti nel proprio simbolo la falce e martello (34,4% il Pci e 10% il Psi) – si chiedeva cosa fosse la cosa rossa e, soprattutto cosa rappresentasse oggi quel simbolo alla cui rimozione noi ci opponiamo. Ebbene a Macaluso, così come a chiunque altro ce lo continua a chiedere, rispondiamo che quel simbolo rappresenta quel lavoro che da diritto fondante la Costituzione Repubblicana (e Antifascista) è stato ridotto a pura variabile dipendente del profitto; quel simbolo rappresenta quelle lavoratrici e quei lavoratori che sulla propria pelle hanno conosciuto, negli ultimi 15-20 anni, un processo di impoverimento vergognoso, a cui si sono sommate condizioni di lavoro sempre più disperanti.

La falce e martello continua a rappresentare il futuro negato per milioni di giovani precari che a 20 a 30 e a 40 anni non hanno ancora un lavoro stabile; rappresenta la storia di Annalisa, che su un blog interviene perché non gli è stato rinnovato il contratto. Rappresenta la possibilità di riscatto di chi ha visto il corpo del proprio compagno di lavoro straziato da una pressa in fabbrica. Di chi ha sentito l’odore nauseabondo della carne viva bruciata di un compagno morto alle acciaierie ThyssenKrupp o in qualsiasi altro luogo di lavoro.

Questi sono i motivi per cui riteniamo sbagliato andare alle elezioni senza una chiara riconoscibilità della nostra identità. Ci verrebbe da chiedere: come pensare di rappresentare politicamente quelle classi sociali che proclamiamo di voler rappresentare se poi ci vergogniamo – in nome di un modernismo senza modernità – di quei simboli che da un secolo a questa parte naturalmente li rappresentano? Pensiamo che la scelta di andare alle elezioni con una lista unica trovi un suo fondamento: con gli sbarramenti previsti nella legge elettorale siamo necessitati a questa opzione. Ma siamo altrettanto convinti del fatto che il simbolo della lista unitaria non potrà non rappresentare tutte le sue anime. Rappresenterebbe un vulnus proprio di quella pluralità che diciamo di voler costruire.

Non si tratta di imporre niente. Al contrario, si tratta di avere riconosciuta la nostra identità al pari di come noi riconosciamo l’identità delle altre forze, ricordando che la nostra identità passa anche attraverso il nostro simbolo. Per questo chiediamo che al suo interno siano ber riconoscibili i simboli di tutti e quattro i partiti. Senza contare che un recente sondaggio dimostra come il 52% degli elettori di sinistra dichiara di non voler una rinuncia alla falce martello.