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Walter De Cesaris: «Nessun funerale, il Prc serve al socialismo del XXI secolo»

Publie le lunedì 2 luglio 2007 par Open-Publishing

Parlare di socialismo significa porre il problema di come
riattualizzare
il tema arduo della trasformazione sociale oggi

di Romina Velchi

Andare oltre la Sinistra europea? Un’idea da «contestare in breccia».
Walter De Cesaris, coordinatore della segreteria del Prc nonché
instancabile animatore della SE, con un’espressione bertinottiana nega
che questo sia stato il senso del discorso di Bertinotti. «Se
piegassimo
la prospettiva della SE alle convenienze dell’oggi, al dibattito
politico tutto interno alla sinistra italiana, faremmo un’operazione
opportunistica».

Che vuoi dire?
Dico che qualcuno pensa che SE sia superata perché adesso c’è la
Sinistra democratica, nata nel nome del socialismo europeo. Ma questa è

tattica, opportunismo. Come si fa a dare per già morta un’assemblea
come
quella di sabato e domenica così viva e partecipata? Sarebbe un grosso
errore considerare SE come un ostacolo sul cammino verso il soggetto
unitario e lo dimostra l’assemblea stessa, alla quale sono intervenuti
movimenti, associazioni, singoli.

Ma da più parti il riferimento al socialismo del XXI secolo fatto da
Bertinotti viene considerata un’apertura a Mussi.
E’ una lettura rozza. Fatta apposta per confondere la scala e la
dimensione del problema. Si confondono i piani, si scambiano le parole.

Parlare di socialismo significa porre il problema di come
riattualizzare
il tema arduo della trasformazione sociale, della "rivoluzione" nel XXI

secolo. Di come cambiare lo stato di cose presente. In questo senso
l’opzione è persino più radicale. Altrimenti, che senso ha citare il
socialismo? Anche quello sovietico era detto socialismo e dunque
dovremmo dire che Bertinotti vuole l’Urss? Sottolineo che in Germania è

Lafontaine che ha lasciato il Pse.

Quindi secondo te c’è ancora posto per il Prc?
Sono gli anni di esperienza maturata che lo dicono. Il processo della
rifondazione comunista è utile per scalare il tema dell’alternativa di
società nel XXI secolo. Certo non da solo, il Prc in questo non può
essere autosufficiente. Non sciogliamo il partito non per orgoglio, ma
perché è un processo da sviluppare, da continuare; ripeto: utile alla
costruzione del socialismo del XXI secolo. Non lo impedisce, anzi è
connesso ad esso. Si vuole fare il funerale al Prc, che invece si
dimostra vivo e vegeto, sta con e dentro i movimenti. L’anomalia di
Rifondazione non è superabile, è un soggetto politico che rifiuta la
scorciatoia del governo opposto ai movimenti o dei movimenti
autoreferenziali, identitari. Osservo che il gruppo dirigente del
partito è ben determinato sulla strada del soggetto unitario, ma se
qualcuno pensa ad altro venga al congresso (ormai siamo vicini) e
presenti una sua mozione di superamento del Prc. Vediamo se i compagni
sono d’accordo.

Insomma, niente partito unico.
E’ come ha detto Bertinotti: le forme possono essere tante e comunque
le
decidono chi vi partecipa. Magari ci arriveremo domani o fra 5 anni.
Non
lo so, queste cose non si decidono a tavolino. Siamo d’accordo che
dobbiamo muoverci in fretta per la costruzione dell’unità a sinistra,
ma
non dismettendo o annacquando noi stessi. Per altro nessuno ce lo
chiede. Ci confronteremo con gli altri sulle questioni reali, concrete,

e sui fondamenti culturali e politici. Bertinotti dice «fatelo». Noi lo

stiamo già facendo.


Alfonso Gianni: Superare Rifondazione, più chiaro di così...

La nascita della Linke sarebbe stata impensabile cinque anni fa. Ora ci

sono riusciti perché hanno saputo cogliere la marea montante. I tempi
sono decisivi, di qui l’appello di Bertinotti: fatelo. Avrei voluto
dirgli: già fatto. Invece siamo ancora fermi agli inizi. Non basta più
essere d’accordo su questo e su quello. Bisogna saper essere egemoni

«E’ il discorso più chiaro che abbia fatto in vita sua». Non ha dubbi
Alfonso Gianni, sottosegretario allo sviluppo economico e uno dei
maggiori esponenti del Prc. L’intervento di Bertinotti domenica
all’assemblea della Sinistra europea è chiaro nelle premesse, chiaro
nell’analisi del momento politico, chiaro nello sbocco cui ambire.

Alfonso Gianni, dunque la SE è appena nata, ma bisogna già andare
oltre?
Non c’è dubbio. Certo, Bertinotti ha premesso che, in quanto presidente

della Camera, non avrebbe toccato i temi dell’immediatezza politica. Ma

ha fatto un’analisi precisa delle condizioni della sinistra europea. E
cioè che rischia non solo di non contare nulla ma proprio di sparire
senza un vero rinnovamento. E il momento è adesso. La nascita della
Linke sarebbe stata impensabile cinque anni fa, eppure adesso ci sono
riusciti perché hanno saputo cogliere la marea montante, intercettare
la
domanda. I tempi, come ha detto Bertinotti, sono decisivi. Di qui
l’appello: fatelo. Più chiaro di così. Avrei voluto dirgli: già fatto.
Invece siamo ancora fermi agli inizi, anzi all’interpretazione. Eppure
siamo ad un punto nel quale occorre dare più forza ai movimenti e
contemporaneamente mettere in piedi un soggetto politico unitario,
plurale nelle culture che lo animano. Non si può fare solo una delle
due
cose, non sarebbe sufficiente.

E che fine fa il Prc?
Io credo che il tema non sia più quello della rifondazione comunista,
ma
quello della rifondazione della sinistra (ovviamente è una mia
formula).
E’ questo il tema del socialismo del XXI secolo. Perciò è ovvio che
bisogna superare Rc. Essa è parte del progetto, che però la travalica.
Non contro, non senza, ma oltre.

Il che significa partito unico? E quando?
Per me alla prima scadenza politica certa. Cioè le europee del 2009.
Quell’appuntamento elettorale è il terreno ideale per sperimentare il
partito unico perché si svolge con metodo proporzionale e non c’è il
ricatto del voto utile. Nel frattempo ci possono essere passaggi
ulteriori. Lo stesso Bertinotti ha detto che le forme organizzative
possono essere centomila, «decidete voi come». Ha citato l’esperienza
dell’Flm (pur osservando che non ci sono più i consigli di fabbrica),
ma
ha anche proposto strutture di base sul territorio che si richiamino
all’unità. Il tutto rivolgendosi a quelle forze politiche e culturali
che non si riconoscono nel Pd. Insomma, non basta la sindacalizzazione
delle questioni; non basta dire siamo d’accordo su questo o su quello.
Bisogna saper essere egemoni, essere in grado di parlare della società
che vogliamo fare. Le assemblee parlamentari vanno bene; l’unità
d’azione va bene; va bene dire no alla base di Vicenza e aumentare le
pensioni minime. Ma questi sono piccoli passi, da soli non bastano.
Dov’è la passione, la capacità di trascinare? Dove sono i grandi temi?
Siamo capaci di rielaborare in termini nuovi qual è la discriminante
tra
destra e sinistra nel XXI secolo?

Ro. Ve.