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Zidane è morto, viva Zidane e abbasso benpensanti
Publie le mercoledì 12 luglio 2006 par Open-PublishingUn’assurda testata e poi la meritata esplusione. Il più grande campione degli ultimi 20 anni esce di scena così
I moralisti che parlano di «carriera infangata» non hanno mai capito l’ombroso talento di questo figlio del popolo
di Francesco giorgini Parigi
Minuto 110 dell’ultima straordinaria partita di una carriera, se possibile, ancor più straordinaria. Minuto 110 della finale della Coppa del mondo a cui i bleus sono arrivati dopo aver risalito la china delle loro incertezze e della loro veneranda età, in onore, ma soprattutto grazie al loro indimenticabile, ombroso e geniale capitano. Minuto 110 di una partita che Zidane e compagni stavano, pur senza aver segnato, dominando e in cui Zizou, prima di partire di testa, aveva fatto di tutto: dall’incredibile “cucchiaio” sul rigore che porta in vantaggio i galletti, all’ultima clamorosa occasione con un colpo di testa, questo canonico, che solo l’ineccepibile Buffon di questi mondiali è riuscito ad alzare sopra la traversa. Minuto 110: Zinedine Zidane supera Marco Materazzi con cui ha un battibecco verbale, si gira fa due passi e parte con una terribile e voluta testata allo sterno del difensore italiano. Una testata un colpo di testa, di più un coup de téâtre che resterà indelebile in questa finale e nella sua carriera.
L’espulsione è solo una logica conseguenza e il gioco di parole viene facile del sostituire il cartellino rosso al simbolico “tappeto rosso” che il calcio mondiale ti preparava a srotolare per dire addio al suo più grande artista degli ultimi quindici anni. E l’immagine è implacabile di Zizou che solo prende la via degli spogliatoi e passa senza guardarla e senza poterla toccare di fianco a quella coppa che sperava di alzare, nel suo ultimo giorno, ancora al cielo dopo la vittoria leggendaria del ’98.
Una testata clamorosa: non un virile e “nobile” cazzotto, non una gomitata furba da provocatore navigato, il coup de boule è roba da ragazzo di borgata, da teppa di periferia. Quella testata è in fondo un omaggio alle proprie origini, un esplicito “essere di Ballieus”. Una testimonianza di fedeltà a se stesso, al proprio lato oscuro, al proprio dirompente sangue caldo. Infine un supremo atto di libertà e di umanità. Un modo volutamente irreparabile di sfuggire all’aureola santificatrice che tutti, dalla stampa ai politici, hanno cercato di cucirgli addosso come una corona di spine. Il più amato dai francesi non è e non sarà un santo, non è e non vuole essere una fonte pura e cristallina di tutte le virtù. Forzando un po’ l’iperbole si può pensare che la testata di Zidane stia alla retorica virtuosa e largamente ipocrita dello sport come la rivolta delle banlieues sta all’altrettanto virtuosa e ancor più drammaticamente ipocrita retorica di un’integrazione e di una giustizia quotidianamente negate ai figli e nipoti dell’immigrazione. Con quella perentoria e volitiva zuccata, Zidane ha ricordato quanto c’è in comune tra lui: l’icona che il potere venera e cerca costantemente di cooptare e i giovani ribelli delle periferie che lo stesso potere vorrebbe spazzare via come “feccia”.
Eppure, o forse proprio per questo, nella notte della delusione francese sull’arco di trionfo, in fondo a quelli Champs Elisée dove a far festa sono solo turisti e immigrati italiani, è scritto di nuovo: «Zizou ti amiamo».
Tutti l’hanno già perdonato per quel colpo di testa mal partito, ma terribilmente umano. Otto anni fa, a Francia ’98, le zuccate di Zidane furono due nella rete del Brasile per suggellare la vittoria più importante della storia del calcio francese. Questa volta una, bene aggiustata, gliel’ha parata Buffon e con l’altra irruenta Zidane ha steso Il loquace Materazzi. Ma come hanno detto subito i suoi compagni, da Henry a Sagnol, a Zidane si può solo dire: merci Senza di lui la Francia non sarebbe mai arrivata in finale e non avrebbe mai vinto il titolo otto anni fa. E così il genio scontroso se ne va perdendo la testa, ma circondato di un’amore sconfinato, intatto e al limite ancor più struggente, come solo un figliol prodigo può meritare, sempre e malgrado tutto.
Persino il cinico e molto “interessato” mondo del pallone ha preso il rischio di scontentare i più virtuosi insignendo Zidane del titolo di miglior giocatore del mondiale 2006.
L’ultima immagine di Zizou resta quella di ieri sul balcone dell’hotel Crillon che si affaccia sulla place de la Concorde: l’équipe de France sta salutando diecimila tifosi venuti a rendere l’ultimo omaggio quando il gruppo dei giocatori si apre in una sorta di allé d’honour per fare spazio a suon di applausi e di pacche sulle spalle a uno Zidane che intimidito e un po’ vergognoso si affaccia con un mezzo sorriso per un ultimo au revoir.