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Zipponi, sbagli: il corteo dell’11 ottobre è una grande sfida
Publie le mercoledì 24 settembre 2008 par Open-PublishingZipponi, sbagli: il corteo dell’11 ottobre è una grande sfida
di Maurizio Acerbo
In un tempo non molto lontano, dentro e intorno a Rifondazione, eravamo soliti dire che le differenze e la pluralità dei punti vista, delle culture, delle pratiche e delle proposte programmatiche erano una ricchezza della sinistra e dei movimenti. Eravamo abituati a ragionare sul come mettere in rete questa sinistra plurale rinunciando a qualsiasi "reductio ad unum" e a qualsiasi tentazione dei gruppi dirigenti di partito a pensarsi come "avanguardia". Una linea di ricerca che animava anche il recente seminario di Firenze con Paul Ginsborg e Pino Ferraris sulle forme dell’agire politico.
Pensavamo di costruire percorsi unitari dentro le dinamiche di movimento e non al di sopra, con operazioni organizzativistiche e di ceto politico. Ultimamente ho la sensazione che molti compagni abbiano compiuto una svolta politica e culturale rispetto a un patrimonio comune che davamo per scontato. Lo sconcertante articolo di Zipponi è emblematico in tal senso. Siamo davvero sul piano dell’innovazione, ma rispetto alla cultura politica che ci aveva caratterizzato durante la stagione dei movimenti. Zipponi giunge a sostenere che le differenze di posizioni tra i sottoscrittori dell’appello per la manifestazione dell’11 ottobre rappresentano un "limite".
Si trattasse di differenze sui contenuti tali da nuocere alla credibilità dell’iniziativa potrei anche ritenerlo un allarme giustificato. Purtroppo per Zipponi differenze programmatiche forti su tutte le principali questioni aperte nel paese le registriamo quotidianamente col PD che scenderà in piazza il 25 ottobre non certo dentro alla sinistra. D’altronde le differenze che contano per Zipponi sono quelle rispetto al "futuro prossimo", tradotto tra quelli che vogliono la "costituente" e una "corrispondenza di amorosi sensi" col PD e i soliti identitari, minoritari, settari, ecc.
Uno dei paradossi dell’esasperazione del punto di vista di chi è posseduto dall’ossessione per la "costituente della sinistra" appare da mesi proprio un atteggiamento ultra-giacobino, oserei dire di volontarismo e soggettivismo iper-leninista (non se la prendano per l’ironia gli ormai rari estimatori di Lenin). Cioè il pensare che il loro progetto di andare "oltre Rifondazione" rappresenti la panacea per tutti i mali e quindi l’affidare ogni speranza alla decisione politica, alla mistica del "nuovo inizio", cioè la nascita del nuovo soggetto politico. Tutto è inutile, testimoniale, perfino dannoso se non contempla questo approdo, e nei tempi più brevi possibili.
Sono talmente convinti di possedere una linea salvifica che devono avvicinare con ogni possibile forzatura la data della "scadenza". E non domani, magari dopo aver convinto i recalcitranti come me, ma "subito, oggi"! Quasi echeggia l’antico "Lenin in Inghilterra" di Tronti. Pazienza se su questa strada si seminino più divisioni di quante ve ne fossero precedentemente. Se la maggioranza degli aderenti al proprio partito non è proprio entusiasta di questo progetto sarà perché è obsoleta, composta di relitti col torcicollo. La costituente, e il nuovo soggetto politico dovrebbero essere lo strumento per ricostruire la Sinistra in questo paese. Ma si trasformano in un fine tanto agognato che per conseguirlo vanno sacrificati anche gli spazi di unità d’azione oggi possibili e praticabili, dentro al partito e con le altre soggettività politiche e sociali della sinistra plurale.
Che l’opposizione di sinistra provi a ritrovarsi in piazza è troppo poco, manca "un serio progetto politico costituente"! Per sorreggere le sue tesi Zipponi si lancia in un elenco dei "buoni" e "cattivi", ovviamente i primi sono quelli che condividono le posizioni di Zipponi, gli altri divengono macchiette e caricature. Uno stile nell’argomentare davvero novecentesco. Ieri questo metodo si applicava al dibattito congressuale, oggi si estende all’intera malconcia sinistra italiana, con una particolare acrimonia nei confronti dei compagni della sinistra CGIL. Ci sono poi delle considerazioni che si prestano a trasformarsi in autentici autogol rispetto alla nostra storia, come quella sul referendum per l’abrogazione della legge 30. Proposta, mi pare avanzata da un sindacato extraconfederale (SdL), sulla quale credo tutta la sinistra dovrebbe ragionare.
E sulla quale ovviamente sono legittime tutte le obiezioni di questo mondo. Ma liquidarla con tono perentorio come fa Zipponi mi sembra, sul piano della forma e della sostanza, assai discutibile. Definirla una cosa "di destra", una "pietra tombale della lotta alla precarietà" e contrapporla alle vertenze sui luoghi di lavoro (chissà perché), è davvero eccessivo. E’ vero che si può perdere, ma non si vedono all’orizzonte grandi spazi per ottenere con questo governo qualche significativa modifica del quadro legislativo. L’anatema di Zipponi mi ricorda le critiche alla nostra iniziativa referendaria sull’articolo 18. Tra i compagni della mozione 2 è maturata un’autocritica rispetto a quella battaglia? Anche nell’assemblea di giugno del Movimento per la sinistra, con Tortorella, De Siena, Folena e tanti altri/e compagni non sospettabili di estremismo settario, era emersa una riflessione sull’ipotesi di una piattaforma referendaria della sinistra, anche sulla legge 30.
Lo dico semplicemente per indicare che è assolutamente normale che ci si ponga il tema dentro la definizione di un’agenda dell’opposizione di sinistra a questo governo. Un opposizione, ricordo, che per la prima volta nella storia repubblicana è fuori dal Parlamento. Sorge il dubbio che a Zipponi la proposta non vada giù perché creerebbe qualche problema nei rapporti con il PD che sicuramente non gradirebbe. E questo è l’altro ingrediente del Zipponi-pensiero che mi preoccupa. Non è certo rifugiandosi sotto l’ala protettrice del PD che la sinistra ricostruirà un suo radicamento sociale e una relazione con il mondo dei lavori. Certo il discorso può essere diversamente declinato se divengono centrali le sorti elettorali dei gruppi dirigenti. Chi scrive ha letto Gramsci fin dalla più tenera età e non si sognerebbe mai di pensare che non dobbiamo cercare di relazionarci con i milioni di elettori e sostenitori del PD.
La sinistra e i movimenti debbono sicuramente porsi l’obiettivo di un profondo mutamento della linea di quel partito e possono farlo soltanto sulla base di una forte autonomia e criticità rispetto all’impianto programmatico che ha assunto e che gli impedisce oggi di articolare un’opposizione decente alle destre. Sapremo entrare in connessione con il popolo che ha votato PD se articoleremo un’iniziativa politico-sociale capace di parlare agli uomini e alle donne di questo paese, non certo sfilando sottobraccio con Veltroni, D’Alema, La Torre, Fioroni e Letta. Faremo anche quello se vi saranno ampie mobilitazioni unitarie su posizioni condivise. Magari in occasione dello sciopero generale evocato da Zipponi e per il quale vanno costruite le condizioni nel paese. Condivido anche io la preoccupazione che la manifestazione dell’11 ottobre possa non avere proporzioni di massa. Che l’appuntamento sia "poco sentito e partecipato" nel paese.
Confusione, delusione, rassegnazione sono probabilmente ancora i sentimenti prevalenti. E soprattutto tanta sfiducia nella politica e in particolare nei gruppi dirigenti della sinistra (sentimento piuttosto comprensibile). Forse, se ci dilaniassimo meno sulle costituenti e si ponesse fine allo scontro interno, troveremmo tempo ed energie da dedicare ad un ampio lavoro unitario, partecipato e dal basso, per dare gambe e respiro ad una opposizione di sinistra in questo paese e riaprire una stagione di movimenti e lotte.