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gli operai in Parlamento? la sinistra che vorremmo
Publie le lunedì 11 febbraio 2008 par Open-Publishing2 commenti
– gli operai in Parlamento? la sinistra che vorremmo -
a cura di Paolo De Gregorio – 11 febbraio 2008
Il ministro di “sinistra” (molto presunta) Ferrero, fa dei distinguo fumosi sul fatto che sia opportuno o meno che gli operai della Thyssen siano presenti in liste elettorali, ma di fatto non propone nulla che possa assomigliare ad una presenza operaia fra i candidati alle prossime elezioni politiche, anzi, sembra difendere la CASTA dall’ingresso di nuovi elementi.
I partiti cosiddetti di sinistra, o come si faranno chiamare nella nascitura “lista arcobaleno”, avrebbero il dovere di far dimettere tutti i dirigenti responsabili della fallimentare e illusoria adesione al governo Prodi, e pensare ad un “partito del lavoro” che difenda con le unghie e con i denti gli interessi di tutti i lavoratori salariati, dei disoccupati, dei precari, dei pensionati, cominciando proprio a mandare in Parlamento solo i rappresentanti di queste categorie che imparerebbero a difendersi da soli visto che nessuno meglio di loro conosce i problemi che li riguardano.
Oggi nei partiti di “sinistra” abbiamo avvocati, giornalisti, politicanti di lungo corso, che con linguaggi astrusi e incomprensibili si arrogano il diritto di parlare a nome dei lavoratori, che però tengono ben lontano dal potere, e ciò è dimostrato dalla totale assenza di deputati che provengono dalla classe lavoratrice.
Un’altra cosa, che è chiara da 50 anni, ma non trova molte orecchie che ascoltino, è che le cose non si ottengono con giochetti in Parlamento, né al governo né all’opposizione,ma per quanto riguarda le classi subalterne al capitalismo, le conquiste si ottengono con la lotta di massa, con la partecipazione, con la gestione diretta (come le compagnie portuali di una volta), con la sostituzione delle piccole imprese con cooperative, con la cultura di un sindacato unico dei lavoratori, con la coscienza di essere la forza fondamentale di questa società.
Solo questo processo può essere chiamato di “sinistra”, tutti gli altri sono abusivi e peggio della destra.
Infatti, la destra ha una sua identità, la confindustria è il sindacato unico dei padroni. Usano tutti i loro poteri (giornali, Tv, politica), mentre la sinistra oggi è senza identità e i suoi dirigenti, nella più benevola delle ipotesi, riescono solo a fare qualche mediazione, peraltro gradita dai padroni, che hanno così gratis un corpo di pompieri che spegne le velleità antagoniste.
Dovremmo ricordarci che un Parlamento,per essere veramente rappresentativo, dovrebbe rispecchiare il peso numerico delle varie classi sociali presenti in un paese. La classe lavoratrice è più del 50% della popolazione italiana,ma i suoi rappresentanti diretti non esistono in politica, e c’è chi straparla sempre di libertà.
Paolo De Gregorio
Messaggi
1. gli operai in Parlamento? la sinistra che vorremmo, 12 febbraio 2008, 11:33
speriamo non vada walesa
2. Ci vogliono persone capaci, non candidature simboliche, 12 febbraio 2008, 14:55, di Carlo
Ci vogliono persone capaci e integre, non candidature mediatiche. Se uno è operaio alla Thyssenkrupp non significa automaticamente che sia di sinistra, che sia bravo, che sia onesto o semplicemente che sia adatto a rappresentare i valori per cui viene eletto. Perché un operaio di Vattelappesca cosa ha di meno di uno di Torino? Vanno giudicati sulle capacità. Chi è più bravo viene candidato.
Poi basta sogni: una ampia fetta di operai vota a destra, una ampia fetta se ne frega della politica, un’altra manco si sente operaia. Siamo nel 2008 non nel ’68. Candidare a sinistra uno che non ha mai aperto un libro solo perché è collega di poveracci morti su lavoro mi pare una buffonata.
Ci vuole QUALITA’. Basta baracconate. Se un operaio è capace, sa articolare discorsi e crede nei valori della sinistra lo si candidi, altrimenti candidiamo altri, siano fiorai, imbianchini, liberi professionisti, impiegati ecc.
Preferisco gente impegnata che si sbatte da anni nel sociale piuttosto che uno catapultato in politica da una disgrazia.