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l’eterno equivoco della "libertà di stampa"
Publie le sabato 21 novembre 2009 par Open-Publishing2 commenti
– l’eterno equivoco della “libera stampa” -
di Paolo De Gregorio, 21 novembre 2009
In Turchia il gruppo editoriale DOGAN, che ha un controllo dominante sui media, proprietario di giornali e canali televisivi, oltre che di molte attività commerciali, ha ricevuto una multa di 1,7 miliardi di euro, manovra di ispirazione governativa, in quanto questo gruppo editoriale è critico verso l’attuale governo turco.
Il primo ministro, nell’intento di indebolire e forse distruggere il più potente apparato mediatico della Turchia, ha aiutato diversi uomini di affari a lui vicini ad acquistare giornali e canali televisivi. In Turchia si parla di “libertà di stampa” compromessa e di pericoli per la democrazia.
La prima cosa che ci sarebbe da dire, prima di stracciarsi le vesti, dovrebbe essere quella che smembrare un monopolio è sempre un fatto positivo, ma una oligarchia di vari proprietari di media amici del governo si chiama oligopolio e la “libertà di stampa” continua ad essere un miraggio.
Esattamente come in Italia, dove il primo ministro gode di un apparato mediatico dominante a suo favore, ma ha l’impudenza di attaccare in ogni modo le poche voci di dissenso, e in nome della libertà, questo signore ha cacciato come sguatteri prima Montanelli da un giornale di sua proprietà, poi Enzo Biagi dalla Rai, semplicemente perché chi ha i soldi ed è il proprietario decide la linea editoriale.
Non si tratta di libertà di stampa, ma della libertà di un capitalista di stampare ciò che gli fa comodo.
Se aggiungiamo ai proprietari di giornali le segreterie politiche che decidono la linea dei giornali di partito, ecco che di “libero” rimane ben poco.
L’unico giornale cartaceo che può definirsi libero è quello fondato da Travaglio, Padellaro, ed altri, “Il fatto quotidiano”, che non ha un padrone, ma ne sono proprietari i giornalisti, e ha rinunciato al ghiotto finanziamento statale della editoria, spreco di soldi pubblici che tiene in vita artificiale giornali che se dovessero campare con i propri lettori sarebbero già falliti.
Fortunatamente molti lettori stanno abbandonando i giornali cartacei a favore di Internet, dove circolano molte informazioni che i giornali dei padroni omettono scientificamente di dare.
Diverso è il discorso per la televisione. Non è un giornale che puoi non comprare più, si insinua nel nostro quotidiano ed è molto difficile non rimanerne influenzati.
Qui agiscono due monopoli, che non sono assolutamente in concorrenza tra loro. Uno è controllato dai partiti politici ed in particolare dai partiti al governo, che hanno l’indecenza di denominarlo “pubblico servizio”, e l’altro è il monopolio privato Mediaset, questo sì “pubblico servizio”, ma per la carriera politica del suo proprietario.
E’ elementare dedurre, se non si è in cattiva fede, che la democrazia ed il pluralismo non vengono esercitati in questo ferreo sistema di potere, visto che pluralismo significa dare visibilità e pari opportunità a tutti i movimenti organizzati che rappresentano la società italiana.
Offrire un canale televisivo da autogestire a movimenti che abbiano più di mezzo milione di iscritti, tipo Sindacati, Coldiretti, Lega Ambiente, WWF, Acli, Lega delle cooperative, Arci, sarebbe un inizio di pluralismo. Si parlerebbe con persone vere e di problemi veri, in piena libertà e autogestione, e ciò sarebbe un potente fattore di aggregazione sociale e di visibilità di categorie dimenticate da un sistema televisivo teso a celebrare solo i belli e i vincenti o a disposizione della CASTA con i suoi rituali di finti dibattiti, finti litigi, linguaggi incomprensibili e inconcludenti.
Il contrappeso alle Tv private nazionali dovrebbe essere un vero servizio pubblico, senza partiti né preti, finanziato dal canone, senza pubblicità, che affida mezzi e frequenze ai cittadini organizzati, che si inventerebbero di sicuro un nuovo modo di comunicare e per la prima volta scoprirebbero che è bello partecipare e non fare i sudditi, spettatori.
Paolo De Gregorio
Messaggi
1. l’eterno equivoco della "libertà di stampa", 22 novembre 2009, 12:00
"Il contrappeso alle Tv private nazionali dovrebbe essere un vero servizio pubblico, senza partiti né preti, finanziato dal canone, senza pubblicità, che affida mezzi e frequenze ai cittadini organizzati, che si inventerebbero di sicuro un nuovo modo di comunicare e per la prima volta scoprirebbero che è bello partecipare e non fare i sudditi, spettatori. Paolo De Gregorio."
Pura utopia!!
La televisione è il principale strumento dell’oligarchia dominanate per manipolare le coscienze e pilotare il consenso su scelte strettamente funzionali ai propri interessi !!
Pensare che questi signori , per gentile concessione, rinuncino al controllo e all’uso disinvolto del mezzo che gli garantisce la conservazione e la perpetuazione del proprio potere , è, ripeto, pura ed anche un po’ ingenua utopia!!
La prova clamorosa di tutto questo si ebbe quando i governi di centrosinistra non riuscirono o non vollero approvare la legge sul conflitto d’interesse. dimostrando così di essere anche loro parte attiva in quell’oscuro disegno autoritario, che sta portando ormai l’italia al di fuori del contesto democratico !!
MaxVinella
1. l’eterno equivoco della "libertà di stampa", 23 novembre 2009, 15:19, di paolo de gregorio
caro MaxVinella,
l’ingenuo sei tu che ritieni che io pensi ad una "gentile concessione" di coloro che oggi controllano e usano il mezzo televisivo per i propri interessi.
So benissimo che solo con una lottadura, seria, impegnativa, si può realizzare l’obiettivo di un nostro "servizio pubblico", basato sul pluralismo, con la partecipazione anche delle organizzazioni rappresentative di almeno 500.000 iscritti, che ho citato a titolo esemplficiativo.
Si può iniziare con qualche tv regionale,. Si dovrebbe arrivare ad una "pubblic company" (con tutte le garanzie atte a impedire abusi) a cui potremmo partecipare come azionisti che impegnano in tale impresa l’importo del canone che va disdettato dalla Rai, il presidente con tutti i poteri dovrebbe essere scelto con elezione da parte degli azionisti e non durare in carica più di due volte. Da tempo formulo, inascoltato, questa proposta, che può essere migliorata, ma non è utopia. L’utopia serve per costruire l’alternativa, chi ne parla con disprezzo non vuole cambiare nulla, ma penso che questo non sia il tuo caso.
Per realizzare questo obiettivo occorre un impegno dei vari movimenti. Grillo continua a dire che la Tv è morta e si affida solo alla Rete,io penso che la Tv influenza oggi almeno il 30% degli elettori le cui scelte di voto condizionano tutta la nostra vita e allora è importantissimo impegnarsi per una Tv "servizio pubblico", ma non vedo un impegno in tale direzione di alcun personaggio anche se emarginato dall’attuale sistema.
E’ come se ogni "personaggio" volesse solo conservare la nicchia che ha creato. Senza dubbio collaborare non è facile ma è il solo metodo per portare avanti lotte vincenti e ricordiamo che un "servizio pubblico", con un vero pluralismo di voci, sarebbe un inizio di democrazia.
ciao
paolo