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mastella lascia l’unione. prodi oggi alle camere

Publie le mercoledì 23 gennaio 2008 par Open-Publishing

di Matteo Bartocci

su Il Manifesto del 22/01/2008

L’ex guardasigilli e l’addio del Campanile: «Veltroni voleva correre da solo? Ora può farlo». Decisivo il no di Forza Italia a modifiche «salva-piccoli» nella bozza Bianco. Nella notte vertice di maggioranza a palazzo Chigi

La bomba esplode lentamente. La crisi del governo dell’Unione è come un urlo soffocato in gola per troppo tempo, quando arriva è afono. Come in un grottesco «al lupo, al lupo», lo stesso Mastella è costretto a ripetere più volte ai cronisti convocati: «Basta, come ve lo devo dire, è finita, senza se e senza ma!».

E’ finita. Forse. In quella confusione tra partito e famiglia che gli è stata fatale, l’«ufficio politico» dell’Udeur non per caso si tiene a casa Mastella a Roma. E’ un conclave convocato di buon mattino e conclusosi con l’uscita definitiva e ufficiale del Campanile dalla maggioranza. «L’esperienza di questo centrosinistra è finita - dice ai giornalisti l’ex ministro della giustizia - se ci sarà da votare sulla fiducia voteremo contro».

Anche se covava da tempo, la notizia arriva come una doccia fredda nei palazzi romani. Veltroni era alla presentazione di un libro di monsignor Fisichella, D’Alema a Rabat per un vertice internazionale, i luogotenenti Bettini e Latorre in quel di Puglia, Giordano a Napoli per un vertice del Prc su Bassolino. Tutti, alla spicciolata, convergono di corsa a palazzo Chigi per un vertice improvvisato.

«Noi siamo per le elezioni. Veltroni voleva correre da solo? Ora può farlo», si accanisce nel frattempo Mastella, svelando se non fosse abbastanza chiaro che la rottura si è consumata sul campo minato della legge elettorale. Come un elastico, per ore e ore, la bozza Bianco - che oggi torna in commissione affari costituzionali al senato - si è allungata in tutte le direzioni. Finché le rigidità di Forza Italia hanno fatto capire che l’intesa era ancora lontana se non prossima al naufragio. E’ in un clima simile, ancora pieno di punti da chiarire, che fino a metà pomeriggio circolava inspiegabilmente un certo ottimismo.

Inspiegabile soprattutto in vista del voto di domani pomeriggio in senato contro il ministro Pecoraro Scanio. Pur di salvare il governo, Prodi ieri ha convocato i vertici del Sole che ride ipotizzando un «rimpastino», la sostituzione del leader dei Verdi con un’altra ambientalista donna. Idea subito respinta come lunare dai capigruppo Bonelli e Ripamonti, che hanno invece ribadito al premier la richiesta di sostegno a tutta la maggioranza. Così, in un clima cupo, a palazzo Madama i vari sherpa contavano al pallottoliere un complicato gioco di astensioni che forse avrebbe «salvato» il ministro dell’ambiente ma negato nei fatti la maggioranza numerica al governo.

A fare da detonatore, però, oltre al sì al referendum deciso dalla Consulta, soprattutto un accordo sulla bozza Bianco che avrebbe penalizzato molto i «piccoli» partiti. A quanto risulta, nei giorni scorsi l’Udeur avrebbe chiesto l’abbassamento della soglia di sbarramento al 4% in 3 collegi. Un quorum minimo che però nei vari contatti Pd-Forza Italia è stato decisamente respinto dagli «azzurri».

Da qui, per il Campanile, la scelta di una rottura cinica e spregiudicata ma quasi obbligata. «L’Udeur rimarrà al centro», avverte Mastella, consapevole che in caso di voto anticipato con il «porcellum» può essere il vero ago della bilancia. Voci non confermate però raccontano di un partito profondamente diviso, già pronto per metà a passare subito con Forza Italia. L’accelerazione verso la crisi era inevitabile per padre-padrone del Campanile. Appena le agenzie confermano l’avvio della crisi, a palazzo Chigi paiono presi alla sprovvista. «Avevamo capito che ci sarebbe stata una mossa a sorpresa - dicono fonti qualificate - perché per due giorni Mastella non si è fatto trovare».

L’appoggio esterno dell’Udeur al governo è durato meno di cinque giorni. Mentre scriviamo, sono pochissime le reazioni ufficiali. Rifondazione non può non notare la coincidenza tra l’affondo di Bagnasco e la caduta del governo. Mentre tutti i «piccoli» di entrambe le coalizioni insistono per il voto subito.

Tutte le fragilità del governo e del quadro politico sono intatte. Alle 21 vertice dei segretari di maggioranza a palazzo Chigi. L’Udeur ovviamente non ci sarà. Già stamattina Romano Prodi comunicherà le sue decisioni alle camere, provando a «parlamentarizzare» una crisi nata tra affondi delle procure, indiscrezioni di palazzo e bozze elettorali fantasma.