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“mors tua, vita mea”
a cura di Paolo De Gregorio – 21 dicembre 2006
Cosa c’è dietro l’omicidio Fortugno in Calabria, riportato in cronaca in questi giorni con le intimidazioni a suon di bombe negli ospedali di Locri e Siderno, con la scoperta delle denunce Fortugno sugli illeciti nella sanità sepolte in un armadio della Procura, con l’ipotesi che sia un poliziotto in odore di mafia l’autore degli attentati agli ospedali?
C’è davvero un bel quadretto, che certifica una totale connivenza con la mafia di ambienti che dovrebbero combatterla, lasciando le persone perbene, tipo Fortugno, che coraggiosamente denunciano le malversazioni, senza la minima copertura, e addirittura facendo sparire le denunce.
I fatti in questione sono rappresentati da una metodica prassi che vede gli ospedali pubblici resi totalmente e volutamente inefficienti, per favorire cliniche private in mano a capitalisti e mafiosi.
Ebbene dietro questo omicidio c’è la responsabilità degli interessi della sanità privata, che, invece di svolgere il ruolo di concorrenza e dunque di migliorare quella pubblica, vede i suoi profitti crescere solo se la sanità pubblica è allo sfascio, e a questo sfascio collabora attivamente soprattutto dove lo Stato è praticamente assente.
Troppi e da troppo tempo sono gli episodi che rivelano che la sanità privata è un cancro da estirpare, con i luminari assunti, ma assenti negli ospedali, e presenti nelle cliniche di lusso, con le attrezzature diagnostiche di alto costo sabotate per favorire quelle di studi privati, in comparaggio con la enorme ragnatela di inefficienza e disservizi che costringono il cittadino ad orientarsi verso una assistenza privata.
L’esistenza della sanità privata e il fatto che la salute possa essere considerata un affare sono le basi materiali e teoriche di un fenomeno sociale inaccettabile in una democrazia che dovrebbe vederci tutti uguali, almeno davanti alla legge e al diritto di essere assistiti quando stiamo male.
Non vi deve essere alcuna “libertà” di impresa per ciò che riguarda la salute, e gli studenti devono sapere, prima ancora di scegliere medicina, che potranno solo essere dei dipendenti dello Stato, magari ben pagati come i magistrati, ma se sceglieranno medicina, dovranno farlo per vocazione e non a libro paga di case farmaceutiche o di strutture affaristiche.
Tutti gli interessi privati in medicina sono contro la salute e gli interessi dei malati, e le farmacie, che potrebbero essere dei validi presidi sanitari sul territorio se fossero tutte comunali e quindi senza problemi di profitto, sono in realtà, insieme ai medici di base, responsabili dell’abnorme abuso di medicine che fa la felicità delle industrie farmaceutiche, che con strategie lecite e illecite favoriscono questo fenomeno letale non solo per la salute, ma anche per le casse della nostra sanità pubblica.
Un altro esempio di discriminazione fra cittadini è quello delle cure odontoiatriche che non vengono rimborsate e sono affidate a carissimi dentisti privati, con il risultato che non vedi una sola bocca di poveraccio a posto e con le conseguenti gravi malattie per chi trascura i denti.
Vi è la urgente necessità che sia emanato un “prontuario farmaceutico nazionale” a cura dell’Istituto Superiore di Sanità, che indichi ai medici di base i migliori farmaci da prescrivere, e ammetta solo questi al rimborso, facendo finire l’asfissiante “pressing” che le industrie farmaceutiche fanno sui medici per fargli adottare i loro prodotti.
Dobbiamo mettere al riparo i cittadini dagli infami disegni di gruppi economici che vogliono lucrare sul dolore e sulla malattia, e trovo una certa vicinanza tra le figure del magistrato e del medico, entrambi vicini a grandi tragedie umane, e dobbiamo avviarci a chiedere con forza che la Sanità sia SOLO pubblica, dunque abolita ogni speculazione sulla nostra salute, e ciò deve essere ovvio, come è ovvio avere non dei magistrati privati per la giustizia, ma dei dipendenti dello Stato.
In America, dove trionfa la sanità privata, vengono lasciati 40 milioni di cittadini a crepare senza assistenza.
Paolo De Gregorio