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non ci contate : le “irregolarità di voto” in new hampshire sono solo la punta di
Publie le martedì 22 gennaio 2008 par Open-PublishingMa ai suoi occhi il vero pericolo è la fiducia malriposta dei cittadini americani nel loro sistema.
Non ci contate:
Le “irregolarità di voto” in New Hampshire sono solo la punta di un iceberg corrotto.
Di Daniel Patrick Welch
Mentre le acque si calmano, si agitano e tornano a calmarsi nel quadriennale teatrino delle marionette che negli Stati Uniti viene denominato “democrazia", a sorpresa vengono sollevati nuovi interrogativi in merito alla precisione e all’affidabilità del conteggio dei voti nelle primarie del New Hampshire.
Un elettorato profondamente scosso – d’accordo, non proprio profondamente – dal fallimento del 2000 è comprensibilmente sensibile alla questione di chi conta i voti e come, anche se in realtà non sembra essersene mai preoccupato molto. Ma il problema va ben oltre quale membro di lobby corporativa in lizza riceve l’ok per sfidare la controparte appartenente a membri di altre lobby. Ed è ancora più profondo della stessa idea di democrazia, per quanto possa sembrare assoluta e grandiosa. Una nazione così coinvolta nel proprio “destino”, con una percezione di sé così distorta e eccessiva, riesce a fatica ad osservare da vicino i singoli mattoni che compongono l’edificio della propria “grandezza” per paura di doversi confrontare con la Grande Menzogna dell’eccezionalismo americano.
È vero, i voti del New Hampshire e di tutti gli altri stati vanno contati doviziosamente; niente giustifica un comportamento diverso in una nazione che si fregia del titolo di democrazia più grande del mondo. Il voto rappresenta una delle componenti più elementari della democrazia. Dimenticate per un momento - solo un momento - la questione se i risultati abbiano un significato o un peso sulla vita della massa dei cittadini. Il minimo che l’elettorato possa aspettarsi è che l’esito del proprio voto rifletta l’azione effettivamente compiuta in cabina elettorale.
Si è parlato moltissimo delle discrepanze tra conteggio manuale e automatizzato con scanner ottici delle schede elettorali nelle elezioni del New Hampshire. Naturalmente si tratta di una questione importantissima che va approfondita. Ma la logica smorza l’accusa se si tiene conto di un fattore: le due serie di dati misurano fenomeni diversi. È improbabie che la percentuale di voti ottenuta da un candidato in un determinato raggruppamento di seggi corrisponda con esattezza a quella di un altro gruppo. Per quale motivo Clinton o Obama dovrebbero avere lo stesso identico sostegno a Goffstown e a Portsmouth, ad esempio? E tuttavia l’ampia discrepanza nei risultati merita perlomeno un controllo dettagliato.
Ancora più preoccupante in queste elezioni è come sempre la questione del divario tra exit poll e i risultati resi noti. Uno degli attacchi più cinici e violenti rivolti alla democrazia Americana nel 2000 dagli spacconi avvocati e leccapiedi del Grand Old Party è stata l’accusa di non affidabilità degli exit poll, per la maggior parte dei casi verificata. Di fatto gli exit poll sono considerati in tutto il mondo più affidabili dei risultati veri e propri. O meglio, risultati riportati: Non ci sono risultati veri e propri, se teniamo a mente il famoso ammonimento di Stalin sul fatto che il potere si fondi su chi conta i voti, e non sui votanti.
L’OCSE, il Centro Carter e altre organizzazioni mondiali considerano i dati degli exit poll l’unica verifica reale della libertà ed equità delle elezioni. Malgrado il ragionamento perverso e contorto di James Baker, rosso in viso, e altri (avete presente la scena?- ogni tanto mi sveglio ancora coi sudori freddi a quel pensiero), la logica è molto lineare. I sondaggi di previsione e gli exit poll sono due cose completamente diverse, ed è sciocco – per non dire cinico e pericoloso – confonderli. Nel primo caso l’obbiettivo è una pura speculazione su un’azione non ancora compiuta – persino l’intervistato non può dire con assoluta certezza se la risposta è vera oppure no. Gli exit poll rappresentano invece la catalogazione di un evento appena avvenuto. Se si esclude l’ipnosi di massa o una campagna di operazioni psicologiche, è quasi impossibile alterare i risultati su larga scala.
Ma naturalmente gli esperti, i politici e i sondaggisti ne sono al corrente, e da molto tempo. Fino all’ultimo consigliere comunale, i funzionari elettorali hanno dovuto fare i conti con un collage di sistemi scadente e impreciso fondato sul quanto le autorità locali possono permettersi e su chi ottiene quale contratto relativo a quale tecnologia in quale distretto. I guasti nelle macchine per lo scrutinio automatico e l’eliminazione delle schede elettorali sono stati talmente frequenti che il 10% delle schede è stato regolarmente escluso dal conteggio. Il piccolo segreto inconfessabile è che le elezioni americane sono un vero e proprio imbroglio. Molti cittadini americani si sono sentiti offesi quando gli osservatori internazionali si sono offerti di presenziare alle elezioni del 2004, e quando Carter ha dichiarato schiettamente che la sua organizzazione non poteva partecipare perché le elezioni negli Stati Uniti non raggiungevano nemmeno gli standard minimi: spoglio ad opera di un’autorità centralizzata con standard uniformi, ecc. Il vero crimine è costituito dal fatto che l’elettorato americano è portato a credere - e lo fa volentieri - che il proprio sistema è non solo il migliore del mondo, ma anche al disopra delle critiche. Tali fantasie sciocche e autopersuasive contribuiscono a sostenere tutta una serie di altri crimini, come accade spesso con le manie di grandezza. Il Destino Manifesto ha giustificato il massacro degli indigeni da una costa all’altra, così come la coltivazione di un nuovo continente ha giustificato la tratta degli schiavi africani. Salvare Il Mondo Per La Democrazia ha trasformato il bombardamenti di Dresda e Tokio e l’attacco nucleare a Nagasaki in capitoli di storia per intere generazioni di studenti. La nostra superiorità morale di fronte ai sovietici ha non solo giustificato, ma anche reso necessaria la militarizzazione della jihad globale, per non parlare della tirannia strisciante, quasi totale e senza precedenti del Complesso Militare-Industriale . E così via. Perché il voto dovrebbe fare eccezione se è cotto nella stessa brodaglia moralistica?
Certo, non tutti gli americani si fanno prendere per il naso. Infatti, la maggior parte è così nauseata o così alienata dal sistema che si rifiuta categoricamente di votare. La facciata democratica ha generato un sistema totalmente incapace di rispondere alle esigenze dei cittadini. Altrimenti come potrebbe appagare la fame insaziabile di guerra, gli investimenti illimitati in armamenti e macchine di morte, e il conseguente soffocamento di qualsiasi possibilità da parte dei governi locali di soddisfare le necessità più elementari dei cittadini in materia di infrastrutture? Un amico, potenziale votante, non attivista né particolarmente impegnato politicamente, l’ha espresso in termini sorprendentemente forti ed efficaci: “Detesto sembrare scettico, ma non spero molto in un cambiamento. Quando arrivano a Washington sono così in debito con le persone che hanno finanziato le loro campagne che devono passare tutto il tempo del loro mandato a restituire i favori.”
La vanagloria americana riguardo alla propria democrazia è un insulto soprattutto verso la maggior parte della storia stessa del paese. La timidezza dimostrata dai democratici nello scandalo del 2000 potrebbe derivare dalla loro colpevolezza di complicità nella soppressione volontaria di voti. Dopotutto l’Apartheid americano è stato un’ esclusiva del Partito democratico per quasi un secolo. Mi viene in mente un aneddoto piuttosto disgustoso che raccontava mio padre a proposito della tassa elettorale e del test di alfabetizzazione . A Birmingham, un anziano signore di colore decide di tentare di votare, per poi vedere le proprie abilità di lettura messe alla prova dal criminale locale, sicuramente un democratico. Dopo che ha letto per bene tutto quanto, gli ufficiali frustrati tirano fuori una copia del Polish Bugle. Ridacchiano fra loro finchè l’anziano signore non dichiara di saper leggere anche quello. Sbalorditi, i Good Old Boys chiedono cosa dica il titolo. “*** Non voterò quest’anno in Alabama!" Questa la risposta. Ah, la democrazia!
Naturalmente, la lotta per ottenere il suffragio universale ha rivestito un ruolo importante nello spingere gli americani a fare il grande salto, per così dire. La lotta per responsabilizzare la società nei confronti del proprio razzismo è un fenomeno costante. Ogni allargamento del suffragio nella storia dell’umanità ha rappresentato una pietra miliare verso la promessa di maggiore libertà e dignità umana, e ogni volta ha sollevato un’enorme opposizione da parte delle elite. Ma la cruda e triste realtà è che il suffragio universale non spaventa più queste elite - hanno capito le regole del gioco. E come ha detto Burke, il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza. Il centro della lotta cambia continuamente: nuove battaglie incombono, e noi Ewok dobbiamo continuare a inventarci nuove armi per contrastare l’Impero. E finché gli americani non si renderanno conto che non siamo né speciali né diversi dagli abitanti del resto del mondo, il governo continuerà a focalizzare a piacimento il male nel mondo moderno, per citare un altro Servo dell’Impero. Dire la verità non significa essere cinici, anche se sicuramente mi accuseranno di esserlo. Il vero cinismo è la convinzione collettiva e forzata che i voti sono stati contati quando non è stato così, e che i risultati sono importanti quando non lo sono.
Leggete anche l’ultimo articolo di Welch, Non voglio cambiamenti - voglio soldi - L’arena delle elezioni americane è sommersa dai cliché su http://mwcnews.net/content/view/19301/26/
Tr. di Lorenza Valt.
© 2008 Daniel Patrick Welch. Ristampa autorizzata con indicazione della fonte e del link http://danielpwelch.com.. Welch vive e scrive nella città di Salem in Massachusetts (USA) con la moglie Julia Nambalirwa- Lugudde. Insieme gestiscono la Greenhouse School (http://www.greenhouseschool.org). I suoi precedenti articoli e le relative traduzioni sono reperibili sul sito danielpwelch.com. Aggiungete un link al sito di Daniel Welch sulla vostra pagina!