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paolo Ferrero: dobbiamo riprendere il tema dell’unità a sinistra e dei comunisti
Publie le martedì 24 marzo 2009 par Open-Publishing“(…) dobbiamo riprendere il tema dell’unità a sinistra e dell’unità tra i comunisti (…)”
Marzo 22, 2009
Caro compagno Ferrero, ho letto le tue conclusioni alla direzione…, da Liberazione del 22 marzo 2003
Caro compagno Ferrero, ho letto le tue conclusioni alla direzione. Sono contento che tu abbia ripreso il tema dell’unità a sinistra, ma mi vuoi spiegare un po’ meglio cosa pensi? Cosa c’entra con l’unità dei comunisti? Con la liste per le europee? Insomma, vorrei capire meglio. Spero che tu abbia tempo per una risposta.
Cordialmente
Giorgio Guelpiedi via e-mail
Caro Giorgio, questa tua lettera, pone una serie di problemi di grande importanza e sono contento di provare ad affrontarli in modo un po’ più approfondito che nelle conclusioni della direzione. Innanzitutto io penso che la questione dell’unità a sinistra, così come dell’unità tra comunisti sia un problema vero, che non è possibile accantonare. In primo luogo perché la domanda di unità è presente tra la nostra gente e perché i percorsi unitari - a certe condizioni - possono essere dei formidabili fattori di amplificazione di impegno e coinvolgimento.
Si tratta allora di ragionare sul tema dell’unità cercando di evitare gli errori che a mio parere sono stati fatti in questi anni in materia. Non credo sia un caso che in nome dell’unità in questi anni si siano fatte scissioni e successivamente aggregazioni piuttosto posticce. Credo quindi che occorre lavorare sul tema dell’unità evitando scorciatoie e forzature che non farebbero che ripetere gli errori del passato.
In primo luogo si tratta di costruire la lista per le europee evitando accuratamente di caricarla dei diversi progetti politici che legittimamente albergano all’interno della sinistra anticapitalista e comunista. La lista per le europee deve avere al centro il comune riferimento al Gue, un programma chiaro sulle cose da fare in Europa per uscire dalla crisi, non può dirimere contenziosi che nessuno è in grado di risolvere. Evitare da parte di chiunque, a partir da noi, qualsiasi forzatura per imporre il proprio progetto politico è la condizione per poter fare una lista unitaria che abbia successo.
In secondo luogo, penso che per avviare un processo di aggregazione a sinistra sia innanzitutto necessario chiarire su quale linea politica vogliamo muoverci. E’ infatti evidente che al di là delle ideologie, le numerose scissioni che abbiamo avuto subito come Rifondazione Comunista in questi anni, sono tutte avvenute su questioni inerenti la linea politica. Un processo di unità che non cominci dalla definizione di una analisi di fase e quindi di una linea politica non va da nessuna parte, è destinato a sfasciarsi in tempi brevissimi. Sottolineo questo elemento anche perché un processo di unità dovrebbe ridurre e non aumentare i contenziosi e i litigi, pena un risultato negativo. Basta vedere il Pd, dove la fusione a freddo di culture e linee politiche diverse ha ridotto e non aumentato l’efficacia politica del centro sinistra.
Per quanto riguarda i contenuti politici, il primo punto su cui ragionare è dato dalla propria collocazione sociale. Non si tratta solo di stare dalla parte di tutti gli sfruttati, proponendo un intreccio tra lotta per la libertà e lotta per la giustizia, tra questione dei diritti sociali e diritti civili. Si tratta di mettere a tema la questione del rapporto con i movimenti. Si tratta di un punto decisivo per dei rivoluzionari. Pensiamo a Genova nel 2001, ma lo si è visto, per fare un esempio, poche settimane fa in Grecia. Il rapporto con il movimento è stato il discrimine tra i due partiti della sinistra. Da un lato, il Sinaspismos ha costruito una relazione e coperto il movimento, fino a subire accuse infamanti; dall’altro il Kke ne è rimasto estraneo. La scelta dell’internità ai movimenti sociali per noi comunisti ha anche il significato di tenere insieme critica dell’economia politica e critica della politica come attività separata. Superare il terreno della rappresentanza politica come unico terreno dell’agire politico per dare fiato al terreno della costruzione del conflitto, della battaglia culturale, della tessitura sociale. Superare la centralità assorbente dei livelli istituzionali e della rappresentanza per rimettere al centro il lavoro di modifica dei rapporti di forza nella società e quindi l’internità ai movimenti sociali mi pare la prima questione su cui confrontarsi.
In secondo luogo a me pare necessario avere un progetto chiaro riguardo al quadro istituzionale. Io penso che dobbiamo batterci duramente contro il bipolarismo, per il suo superamento, perché questo sistema costituisce la condizione istituzionale peggiore in cui è possibile trovarsi in democrazia. E’ il principale strumento attraverso il quale si riesce concretamente in Italia a sterilizzare il quadro politico dalla dinamica sociale. In secondo luogo è il principale elemento di coesione della destra attorno a Berlusconi. In terzo luogo è una ghigliottina per la sinistra di alternativa. E’ infatti evidente che nel bipolarismo noi siamo chiamati ogni elezioni a dover decidere se fare l’accordo con il centro sinistra, sapendo che se questo vince non farà poi le politiche concordate, oppure ad andare da soli correndo il rischio del voto utile e di essere considerati i principali alleati di Berlusconi. Il primo punto politico su cui aggregare è quindi una chiara scelta contro il bipolarismo che è un sistema politico fatto apposta per tagliare le ali e impedire la costruzione di una sinistra di alternativa che debba partire da un consenso scarso e un altrettanto scarso radicamento sociale.
In terzo luogo nella costruzione di una ipotesi unitaria si tratta di decidere la collocazione relativamente alle forze maggioritarie del centro sinistra, cioè al Pd. Come abbiamo definito in Congresso io credo che il nostro progetto politico debba essere non solo in concorrenza ma alternativo a quello del Pd. Non vi è la possibilità di produrre in questo paese una significativa trasformazione sociale se non riusciamo a battere l’ipotesi di gestione della modernizzazione capitalistica che costituisce il punto decisivo della costruzione del Pd. Il Pd non è una forza socialdemocratica, ma un progetto politico di modernizzazione che ha superfici di contatto con tutti i poteri forti del nostro paese, nessuno escluso. Dal Vaticano alla Confindustria, alle banche, alle assicurazioni. Il governo Prodi non è fallito per un incidente di percorso ma perché su nessuno dei terreni decisivi delle relazioni sociali è stato in grado di avere un punto di vista di parte in grado di determinare una svolta. Qualsiasi progetto di aggregazione deve quindi prima affrontare il tema della propria collocazione politica. Io penso che noi non siamo l’estrema sinistra del centro sinistra ma dobbiamo costruire un polo politico autonomo. Che può allearsi o scontrarsi con il Pd ma da posizioni di autonomia. Dopo il 1998, anno in cui noi rompemmo a ragione con il governo Prodi, abbiamo parlato di due sinistre. A me pare una definizione utile e che forse dovremo riproporre. Ve ne è più ragione oggi nella crisi che ieri.
Da ultimo, in particolare riguardo al tema dell’unità tra i comunisti, si pone il nodo della rifondazione comunista. Io penso che queste due parole non definiscano solo il nome del nostro partito ma definiscano un progetto politico. Queste due parole si qualificano a vicenda perché indicano la nostra appartenenza ad una storia e ad una prospettiva rivoluzionaria, la nostra volontà di porre a tema il superamento del sistema capitalistico. Parallelamente sottolineano la necessità di rivedere criticamente la nostra storia analizzando errori ed orrori al fine di non ripeterli. Da questo punto di vista la condanna dello stalinismo a mio parere non è un punto di discussione culturale ma un punto fondante la nostra identità comunista. Tra comunisti occorre quindi anche discutere banalmente di cosa vuol dire per noi comunismo, di quali valori e riferimenti proponiamo.
L’ho fatta un po’ lunga, ma spero di averti risposto. Io credo che dobbiamo riprendere il tema dell’unità a sinistra e dell’unità tra i comunisti ma che questo chieda una discussione seria sui diversi punti politici che abbiamo davanti; per evitare di fare processi senza capo né coda che ci aprano più problemi di quelli che risolvono.