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questione di razza... Lega vs Inter

Publie le giovedì 24 novembre 2005 par Open-Publishing
3 commenti

Il quotidiano della Lega si scaglia contro la società di Moratti
"Contro l’Artmedia non c’era un solo italiano in nerazzurro"
La Padania accusa l’Inter
"11 stranieri in campo, vergogna"

MILANO - Quegli undici in maglia nerazzurra scesi in campo ieri sera a san Siro non li hanno proprio digeriti. E non è bastato il 4-0 con cui il gruppo Mancini ha liquidato l’Artmedia per fare sorridere la Lega. No, sotto quelle undici maglie non batteva neanche un cuore italiano e questo, tuona la Padania, "è una vergogna".

Non piace proprio, al quotidiano della Lega, l’Inter tutta straniera scesa in campo a San Siro. "La Babele del calcio è la fine dello sport. La vergogna di un Inter in campo con 11 stranieri titolari" titola oggi il quotidiano leghista. Che poi all’interno incalza: "Dal Brasile alla Nigeria: ecco i colori dell’Inter. Squadre zeppe di extracomunitari, il pallone italiano sempre più irriconoscibile".

E’ Il fallimento del calcio, scrive senza mezzi termini in un editoriale il direttore del quotidiano Gianluigi Paragone, perché il calcio "è identità, è passione, è anche saper declinare la formazione con l’orgoglio di sentirsi parte di un gruppo. Internazionale lo si è non perchè in campo va una Babele di lingue, di razze, di tradizioni e scuole calcistiche. Undici stranieri in campo significa ammettere che non esistono giocatori italiani buoni e degni di vestire la maglia da titolare".

Poi l’affondo contro Moratti: "Ma che cosa aspettarsi da un patron come Moratti che inquina le maglie della gloria nerazzurra con le scritte in cinese per motivi di marketing?".

La stella polare della Padania, invece, si chiama Atletico Bilbao, undici iberico dove "gioca solo chi rivendica o condivide l’orgoglio e l’identità del popolo basco. Hanno un inno che richiama la storia autonomista. Hanno un cuore, un orgoglio, una bandiera . E’ quello che manca nel nostro calcio pallonaro e venduto".

Ma se le cose nel calcio non vanno bene, le altre discipline non stanno meglio: "Nell’Armani Jeans di basket l’allenatore Lardo deve parlare in inglese durante il minuto di sospensione..." insiste la Padania. La ricetta? "Occorre investire nei vivai per non perdere identità".

(24 novembre 2005) http://www.repubblica.it/

Messaggi

  • buonasera,sono un cittadino di ravenna e volevo rispondere all’articolo appena letto,prima pero’ volevo aprire una parentesi riguardo a quello a cui dobbiamo fare attenzione prima di iniziare a scrivere,solo x farvi notare che oramai come il berlusca insegna la censura e’ diventata una prassi ogni volta che si ha timore di sentire un parere sgradevole ma spesso veritiero. chiusa parentesi volevo rispondere riguardo all’articolo che il sig. moratti e quindi la squadra di sua proprieta’ non rappresenta l’italia e quindi non vedo cosa ci sia di male annoverare fra le proprie file anche tutti stranieri. in nessuna azienda d’italia viene un leghista a contare quanti stranieri vi lavorino e il calcio lo sa anche lei che e’ una azienda a tutti gli effetti e quella di moratti come quella degli altri presidenti e’ un’azienda privata che non ha bisogno dei consigli di un leghista che guarda alla provenienza del giocatore e non al rendimento sul campo quindi ci lasci godere lo spettacolo a noi che apprezziamo quello che succede sul campo indifferentemente dalla nazionalita’ dei giocatori.grazie.

    • E poi non a caso si chiama "Internazionale" .

      Era infatti, all’epoca della fondazione, l’ unica squadra italiana formata completamente da stranieri, in gran parte britannici.

      Il fascismo, infatti, costrinse poi i dirigenti dell’ Inter a mutare il nome in Ambrosiana, pena lo scioglimento della squadra.

      Dopo la Liberazione, fu ripreso orgogliosamente il nome di Internazionale.

      Ma che ne puo’sapere un leghista ?

      Keoma

  • Non c’è solo l’Inter

    Ho visto una squadra con undici stranieri, diretti da un italiano: albanesi, rumeni, polacchi.

    Sono in campo da dieci giorni nel cortile del mio condomio per riparare l’impianto di riscaldamento centralizzato.

    E noi tutti abbiamo fatto un gran tifo per loro.

    Qualcuno direbbe che è la fine dell’impresa edile.

    ( dal blog di Giancarlo Mola su repubblica.it )