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Publie le martedì 17 febbraio 2009 par Open-Publishing
5 commenti

  Sardegna addio –
a cura di Paolo De Gregorio, 17 febbraio 2009

All’indomani del disastro elettorale in Sardegna che vede la destra trionfare, impropriamente aiutata dal Presidente del consiglio e dai Cardinali, vi propongo la lettura di un mio articolo pubblicato su molti forum l’11 gennaio 2009, che fotografava il mio giudizio su Soru e le elezioni.
Vi pregherei di distinguere, nella orgia di parole inutili e sbagliate che girano, tra quelli che sono in grado di dare valutazioni che si rivelano giuste, come la mia analisi sulla Sardegna e Soru, e quelle valutazioni che sono solo prodotte dal desiderio soggettivo dei singoli.
Vorrei una maggiore credibilità e attenzione e soprattutto un aiuto di chi mi legge per estendere alla propria sfera sociale i miei articoli.
L’agonia della sinistra è profonda, la sua identità e strategia sono perdute, la destra trionfa proprio perché non ha avversari. Una nuova opposizione va costruita non facendo nuovi partitini, ma partendo dalle necessità dell’ambiente e delle classi subalterne e traducendole in iniziative e lotta di massa.
L’attuale abusiva occupazione dello spazio a sinistra di Veltroni e dei partitini “comunisti”, prima finisce meglio è, e la strada è lo scioglimento.
Paolo De Gregorio

  Soru, l’anti Silvio -
a cura di Paolo De Gregorio, 11 gennaio 2009

Dichiara Soru, in una intervista a cura di Marco Damilano sull’ultimo “Espresso”:
“i partiti hanno smesso di essere luoghi di partecipazione e si sono ridotti a un club di capi e capetti”. Verità evidente e indiscutibile. Anche Soru scopre la “CASTA” e la sua separatezza dal paese reale, ma, invece di applicare una logica deduttiva e spiegarci come si deve rifondare un partito antagonista di Berlusconi, incredibilmente ripropone l’esperienza dell’”Ulivo”, e ricorda che l’Ulivo e Prodi per due volte hanno battuto Berlusconi, e se lui sarà rieletto in Sardegna può diventare l’anti-Silvio nazionale.
Viene subito da osservare una anomalia comune tra Soru e il Cavaliere, in quanto ambedue non vengono dall’impegno sociale e politico, ma dai vertici del mondo industriale, ambedue miliardari, proprietari di giornali (anche se in proporzioni diverse), arrivati alla politica senza fare anticamera né militanza, esclusivamente spinti dalla visibilità sociale derivante dal loro ruolo di padroni e dalla possibilità economica di finanziarsi impegni elettorali con soldi propri.
La prima anomalia che dovrebbe notare Soru nella formazione dei partiti e nella credibilità della democrazia è proprio questa: nell’avvicinarsi al potere è determinante essere noti e ricchi. Vengono così automaticamente emarginati o esclusi tutti coloro che magari hanno dedicato tutta la vita all’impegno sociale, proprio quelli vicini alle masse di cui si lamenta l’assenza nella direzione dei partiti.
Rifarsi poi a Prodi non mi sembra molto intelligente. Prodi appena eletto aveva il potere e il dovere di eliminare dalla scena politica Berlusconi, con due provvedimenti legislativi: il primo era quello di abrogare le leggi “ad personam” a favore dei furbi e dei ladri a cominciare da quella del “falso in bilancio”. Il secondo provvedimento doveva essere quello di rendere ineleggibile chiunque sia titolare di pubbliche concessioni e chiunque possiede strumenti nazionali di informazione, con la ineccepibile motivazione che ciò altera il gioco democratico e offre vantaggi incalcolabili ai possessori di “media”.
Se Prodi fosse caduto su questi provvedimenti sarebbe ancora in politica, mentre, per mancanza di coraggio e lungimiranza democratica, è affogato nella melma di una Unione rissosa, divisa, senza nessuna possibilità di amalgama.
Quanto a Soru, alle prossime elezioni di febbraio perderà, perché il “popolo sardo” non esiste più, è stato colonizzato dai “continentali”. Tra un Berlusconi che nel pieno di una crisi economica, promette di allentare i vincoli edilizi sulle coste, e un Soru che giustamente vorrebbe mantenerli, vincerà il Cavaliere con tutti i cementificatori.
Un’altra osservazione mi viene da fare, sempre diretta a Soru, ma anche agli elettori: le qualità di un buon politico, che sono l’ascolto dei problemi, la visione d’insieme, le mediazioni possibili, non possono venire da chi è abituato a dare ordini e decidere da solo, come avviene nel mondo industriale, e avere avuto successo come imprenditore non è una qualità che si può esportare in politica.
Facendo un discorso più generale, visto che vivo in Sardegna, per conquistare menti e cuori e rifondare un partito antagonista alla destra, bisogna parlare di “sostenibilità, di fallimento dei poli industriali di Porto Torres, di Porto Vesme, di Sarroch, di Ottana, di una intransigente politica di difesa delle coste, di diffusione su tutto il territorio di piccole centrali eoliche e fotovoltaiche con l’obiettivo della indipendenza energetica, di istituire ogni cento chilometri circa aree marine protette che ricostituiscano il patrimonio ittico, di abolire la pesca a strascico, di una ristrutturazione agricola tutta biologica che sia attenta ai consumi interni dell’isola e non per l’esportazione, di un turismo non più basato sulle seconde case (che non devono più essere costruite), ma sulla ospitalità di piccole strutture diffuse su tutto il territorio in mano a gente del luogo.
Niente discariche né inceneritori, ma un’isola pulita che offre merce rara: tradizioni, sapori, ambienti marini e montani gelosamente conservati, e accoglienza diffusa.
Di queste cose dovrebbe parlare una buona politica e solo così si attirerebbe verso la partecipazione persone perbene e nuovi dirigenti.
Paolo De Gregorio

Messaggi

  • La prova di Forza
    del Cavaliere

    di MASSIMO GIANNINI

    "Qui l’invasore non passerà", aveva detto con troppa sicumera Walter Veltroni, in chiusura di campagna elettorale. Invece, secondo i dati parziali dello spoglio, Berlusconi ha vinto anche in Sardegna. L’invasore non solo è passato. Ma ha dimostrato di essere il "padrone dell’isola". Ha confermato di essere il "padrone d’Italia". Se lo scrutinio finale non si discosterà dalle percentuali della notte, questo dice il risultato del voto regionale sardo. Trasformato fatalmente in un test di mezzo-termine, per il rapporto tra il Cavaliere e il Paese, per gli equilibri interni al Pdl e per il futuro del Pd.

    Nel rapporto tra il Cavaliere e il Paese (salvo sorprese clamorose nello spoglio definitivo) il voto della Sardegna evidenzia un dato politico incontrovertibile. La luna di miele tra il premier e l’Italia non è affatto finita. Nonostante le difficoltà del governo su scala nazionale, nonostante i morsi della crisi economica.

    Con questa vittoria, Berlusconi rinnova il mito del Leader Invincibile. A sconfiggere Soru non è stato Ugo Cappellacci, ma il premier in persona. "Ci ho messo la faccia", ha detto. E per questo ha vinto, battendo l’isola palmo a palmo, weekend dopo weekend. E ancora una volta, forte di questa personalizzazione della campagna, e di questa presidenzializzazione del voto, ha sbaragliato l’avversario. Ha spazzato via la logica antagonista sulla quale avevano contato Soru e il Pd: la Sardegna in carne e ossa del modello Tiscali e dei modernizzatori schierati per lo sviluppo sostenibile contro la Sardegna di cartapesta di Villa Certosa e dei ricchi cementificatori della costa. La banda larga di Renato contro la bandana di Silvio. Questo schema "sociologico" non ha retto alla prova dell’urna.

    Il dato politico dice che le percentuali di voto ottenuto in Sardegna dal Pdl e dal Pd (se saranno confermate dal risultato definitivo) ricalcano quelle già registrate alle ultime politiche: tra il 48 e il 50% il primo, tra il 44 e il 46% il secondo. È la conferma che il blocco sociale creato dal centrodestra è ormai strutturale, e non è scalfibile dal centrosinistra.

    Per gli equilibri interni al Pdl, con questa vittoria Berlusconi rafforza il ruolo del Sovrano Indiscutibile. Regola, una volta per tutte, i conti con la sua maggioranza. Quando c’è un voto da conquistare, quando c’è un consenso da rafforzare, non ce n’è per nessuno. Vince il Cavaliere, da solo. Può anche candidare un Carneade contro il parere dei suoi alleati, come ha fatto con Gianni Chiodi in Abruzzo. Può anche candidare il figlio del suo commercialista facendolo sapere agli alleati attraverso i giornali, come ha fatto con Cappellacci in Sardegna. Può anche candidare il suo cavallo, come fece Catilina. Ma se poi è lui a corrergli in groppa, il traguardo finale è assicurato.

    Non c’è Bossi che tenga con i suoi diktat sul federalismo e i suoi distinguo sulla Costituzione. Meno che mai c’è Fini, con le sue difese lealiste di Napolitano e le sue pretese "laiciste" sulla bioetica. Chi vince ha sempre ragione, e comanda. Da domani, in un Pdl sempre più militarizzato, sarà probabilmente impossibile registrare il benché minimo caso di ammutinamento. E forse, vista l’esperienza sarda, sarà verosimilmente possibile che nell’Udc scatti di nuovo la tentazione di un arruolamento.

    Per il futuro del Pd, la sconfitta in Sardegna (se sarà ribadita dall’esito ufficiale) rischia di suonare come una doppia campana a morto. Innanzi tutto per Soru, che aveva a sua volta personalizzato questa battaglia, accreditando l’idea che un suo trionfo lo avrebbe accreditato per una "nomination" nazionale: a questo punto il suo sogno tramonta, e per quanto abbia inciso il voto disgiunto il governatore uscente non è riuscito a ripetere il miracolo del 2004, quando vinse grazie al sostegno di quei ben 94 mila elettori che votarono per lui e non per la coalizione. Ma soprattutto per Veltroni e per la sua leadership. Se fossero vere (e confermate) le prime indicazioni sul voto alle liste, il distacco patito dal Pd rispetto al Pdl sarebbe drammatico: oltre i 20 punti percentuali.

    Si avvicina il momento di una inevitabile resa dei conti per un "apparatciki" troppo autoreferenziale nella gestione del partito e troppo ondivago nell’azione politica. La ricomposizione della Sinistra Arcobaleno, alla luce della vicenda sarda, non è sufficiente. E ora cade anche l’illusione che Berlusconi si batta con un "uomo nuovo", fuori dalle nomenklature romane. Neanche questo basta a espugnare la fortezza del Cavaliere. Per Veltroni, e per il centrosinistra riformista, è un vicolo cieco. Per uscirne urge almeno un vero congresso. Da statuto, è previsto dopo le europee. Ma di questo passo c’è da chiedersi cosa resterà del Pd, dopo l’Election Day del prossimo giugno.

    m. gianninirepubblica. it

    (17 febbraio 2009)

    • Vabbè, è evidente che il risultato delle elezioni sarde ha anche forti caratteristiche locali, come del resto dovrebbe essere sempre per le elezioni amministrative.

      E colpisce sicuramente quel 9% dell’Udc, 9% risultato senz’altro decisivo - la matematica non è un’opinione - nella vittoria del centrodestra .... cosa che però, per la sua peculiarità, assegna al voto sardo una scarsa valenza nazionale.

      Rimane il fatto che si tratta dell’ennesimo flop di una ipotesi di centrosinistra e di una debacle pesantissima, anche questa ennesima, del Partito Democratico in particolare.

      Quello che farà il Pd in tutta franchezza mi interessa poco.... la scelta liberaldemocratica invece che socialdemocratica credo sia senza ritorno e comunque se Bersani e D’Alema volessero muoversi verso una ipotesi più "socialista" sarebbe certa una scissione da parte di una grossa fetta della ex Margherita ... quindi lì non vedo proprio soluzioni possibili ....

      Diverso è il discorso per i comunisti, Prc e PdCi insieme hanno preso largamente più della Sinistra Arcobaleno alle politiche, dimostrando che, nonostante tutto, il simbolo face-martello ha ancora in sè - con buona pace dei vendoliani - un "appeal" maggiore di qualunque "cosa indefinita" ma il problema principale rimane un altro ....

      Che c’entrano i comunisti col PD ? Oggettivamente nulla ... e questo anche quando il PD, come nel caso di Soru, investe le sue facce più presentabili .....

      L’implicazione immediatamente "padronale" e filo-capitalistica del PD lo rende ormai completamente incompatibile con qualunque velleità di reale cambiamento sociale.

      Per cui finisce poi che, in una logica comunque "padronale" e capitalistica, Berluskoni risulterà sempre più credibile dei "liberal" del PD....

      Sembrava che al Congresso di Chianciano tutto questo fosse stato chiarito e compreso, nella pratica invece si continua a fare i "cerchiobottisti" ... e questo, a mio giudizio, rischia di portare ad un certissimo suicidio politico, nemmeno tanto lento ....

      K.

    • dopo l’’election day
      resteranno degli italiani analfabeti che sapranno solo parlare inglese !

  • addio sardegna, addio abruzzo,
    ma finalmente addio al pagliaccio veltroni ! !

  • Un’osservazione su questa clamorosa sconfitta della sinistra va fatta: finora il PD ha messo i bastoni fra le ruote di Soru perchè governava troppo bene e cioè senza " consulenze" ad amici ed amici di amici, senza spartizioni di appalti, senza consorterie, tenendo i bilanci in ordine, senza spartizione di posti fra le correnti ma dando spazio a giovani e gente in gamba, Tolleranza zero nei confronti degli abusi edilizi e per questo gli hanno fatto una guerra senza quartiere perchè tutto questo toccava i loro interessi e hanno fatto cadere la giunta facendolo andare ad elezioni anticipate. Solo un idiota avrebbe potuto pensare che i sardi avrebbero votato gli stessi che avevano fatto cadere la giunta per i loro sporchi interessi di partito solo pochi mesi prima. Allora io mi domando : ma la sinistra vuole governare veramente o pensa solo alla spartizione dei posti alla vecchia maniera democristiana?Perchè se pensa ancora di poter spartire potere e posti Berlusconi li vincerà non solo ora ma ancora diecimila volte. Il PD ( e la sinistra in genere) si deve rendere conto che sono finiti i tempi delle correnti, delle coltellate alla schiena, delle giunte che cadono per dissidi interni, delle divisioni, dei distinguo per questioni di lana caprina. Deve smetterla di dare quegli spettacoli indecorosi di giunte che nascono e muoiono nel giro di pochi mesi, di ministri o assessori che entrano ed escono dai governi ed in generale di dare l’impressione di non sapere cosa stanno facendo( vedi ultimo governo Prodi). Ringraziamo il "compagno"D’Alema per aver dato il monopolio televisivo a Berlusconi!!! Ti auguriamo tante belle gite in barca a vela sul tuo yacht" compagno" D’Alema!!!