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Il diritto di voto per gli italiani all’estero al vaglio delle primarie dell’Unione di domenica 16

Publie le sabato 15 ottobre 2005 par Open-Publishing

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Il diritto di voto per gli italiani all’estero al vaglio delle primarie dell’Unione di domenica 16 ottobre, programmate in 21 Paesi, oltre all’Italia

Cordoba/Il Cairo/Manchester/New York/Parigi/Praga - Si avvicina l’appuntamento con le primarie dell’Unione di domenica 16 ottobre; evento pre-elettorale, oltre a determinare il rivale della Casa della Libertà per le votazioni generali del 2006, darà indicazioni fondamentali su due questioni aperte del dibattito politico italiano ed italico degli ultimi mesi. Da una parte la reazione dei cittadini italiani che si rispecchiano ideologicamente nel programma politico del centro-sinistra a un momento di democrazia diretta e partecipativa. Dall’altra, un test con cui misurare la risposta della comunità degli italiani residenti oltre confine alla prima prova ufficiale di esercitazione del diritto di suffragio dall’estero per le elezioni politiche.

E in tal senso proprio ieri il Coordinamento nazionale de l’Unione degli Italiani nel Mondo con sede a Roma, ha approvato l’elenco dei seggi che saranno allestiti nella Circoscrizione estero per l’espletamento della Primaria 2005. Il regolamento ufficiale prevede infatti che tutti i cittadini italiani, residenti in altri Paesi ed iscritti all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero), o temporaneamente all’estero, se maggiorenni o compienti i 18 anni entro il 13 maggio 2006, potranno esprimere la propria preferenza per uno dei candidati dell’Unione, ovunque vi sia un seggio allestito appositamente. Precisando che, oltre a quelli organizzati dal Coordinamento centrale nelle città a maggiore presenza di comunità italiane, sarebbe stato possibile creare dei luoghi adatti al voto ovunque un gruppo di almeno cinque firmatari, rappresentanti le diverse correnti ideologiche presenti nella coalizione del centro-sinistra, richiedesse a Roma l’autorizzazione per la costituzione di un seggio.

Il coordinatore della segreteria dei Demicratici di Sinistra (DS) Vannino Chiti ha reso noto, in una conferenza stampa, che il Coordinamento nazionale ha riconosciuto 157 seggi all’estero e che si potrà votare in Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Lussemburgo, Malta, Olanda, Repubblica Ceca, Romania, Spagna, Svezia e Svizzera; fuori dall’Europa in Argentina, Australia, Brasile, Canada, Egitto, Stati Uniti, Tunisia e Uruguay.

Le discrepanze geografiche, ma anche socioeconomiche e politiche, dei vari Paesi rappresentano un elemento molto importante per osservare i differenti approcci con cui la comunità italiana oltre confine sta interpretando il primo esercizio del voto politico. E per due ragioni fondamentali.

Innanzitutto perché i 2 referendum precedenti, primi appuntamenti con il voto all’estero, non sono risultati molto legati agli interessi degli italiani oltre confine. "Il referendum non è stato molto sentito, almeno tra gli italo-americani - riferisce Gaspare Pipitone, coordinatore del seggio di White Stone a New York -, ma la situazione è ben diversa con le primarie. C’è un grandissimo entusiasmo ed è importantissimo che sia stata finalmente riconosciuta la nostra personalità politica su una questione puramente politica; è una conquista vera e propria".

E, in secondo luogo, perché le primarie, non rappresentando un appuntamento elettorale pubblico, ma giuridicamente privato, non hanno potuto contare con aiuti economici né logistici istituzionali. Una mancanza colmata in ’Italia grazie alla presenza capillare di sezioni locali dei partiti dell’Unione e di associazioni adoperatesi per trovare sedi e fondi per l’esercizio del voto. Una lacuna, al contrario, ben più grave nelle comunità all’estero, le quali, senza il supporto di consolati ed ambasciate, hanno dovuto affidarsi alle proprie risorse personali . E se in alcuni Paesi erano presenti sezioni distaccate delle forze politiche dell’Unione che hanno contribuito all’organizzazione delle primarie, in altri, soltanto grazie a sforzi individuali si è riuscito a garantire il voto all’estero per l’occasione.

Iniziative personali hanno, ad esempio, permesso l’istituzione di seggi a Praga, Cordoba (in Argentina), Tunisi e nella già citata White Stone. "Approfittando del regolamento delle primarie - afferma Domenico Virgulti, responsabile per la Repubblica Ceca - io e altri quattro conoscenti, espressione dei diversi orientamenti dell’Unione abbiamo formato un Comitato locale, trovato una sede per il voto (la sede del partito social-democratico ceco) e organizzato le urne per domenica. Uno di noi aveva già avuto esperienze politiche in passato, ma per gli altri è stato davvero uno sforzo importante, volto a far votare una piccola comunità, come quella esistente a Praga. Il risultato più significativo è stato appunto rendere possibile la partecipazione".

Un’opinione simile a quella proveniente dall’Argentina: "Credo che si tratti di un momento democratico fondamentale - ha sostenuto Graciela Brizuela, coordinatrice del seggio di Cordoba - e proprio per renderlo esecutivo io e un gruppo di persone, appoggiandoci soprattutto all’associazionismo locale, abbiamo iniziato ad organizzare il tutto. E sinceramente mi ha sorpreso e sbalordito l’interesse con cui la popolazione ha risposto all’iniziativa. Stiamo ricevendo aiuti e supporto da gran parte della comunità italiana, che si è resa conto della rilevanza della votazione. Speriamo che l’afflusso corrisponda alle aspettative".

Un aspetto sottolineato nelle quattro città è stato la mancanza di un aiuto dall’alto, carenza alla quale ogni sede ha supplito come possibile. E in tale tentativo hanno avuto un ruolo due fattori fondamentali: la voglia di partecipare, comune e la stampa italica dimostratasi importante in America e Tunisia. "Abbiamo cercato di dare spazio all’informazione sui candidati delle primarie attraverso l’inserzione di articoli sui giornali in lingua italiana - interviene Francesco Addis da Tunisi -, ma l’elemento più rappresentativo è stato il passaparola con cui la società civile di origine italiana si è confrontata, informata ed è venuta a conoscenza delle primarie e del loro contenuto". In termini simili si è espresso anche il rappresentante nordamericano, che ha evidenziato il ruolo del quotidiano "America Oggi", così come la Brizuela, che ha ribadito la funzione primaria del dialogo tra cittadini: "Abbiamo inviato mail, pubblicizzato i siti web dei 7 candidati, passato articoli di giornali italiani, ma sicuramente nessuno di questi mezzi ha potuto competere con il passaparola".

Voglia di partecipazione ed attivismo, dunque, i principali motori per l’organizzazione delle primarie all’estero, anche se pervenuti da strati diversi della comunità italiana. "In Argentina, la classe sociale più incline al voto è quella degli emigrati di tanti anni fa e ormai pensionati - dice la Brizuela -; preoccupati che la crisi economica italiana possa ripercuotersi in una diminuzione dei proventi dalla previdenza sociale, si stanno aggiornando su quale candidato sia più vicino alla loro causa". Diversa la situazione in Tunisia, dove "abbiamo osservato come, mentre i cittadini usciti solo contemporaneamente dai confini italiani sono stati i protagonisti per la preparazione delle votazioni, la comunità più anziana, presente sin da prima dell’indipendenza, si sia gradualmente distaccata dalle vicende politiche del Paese e sia più difficilmente coinvolgibile".

Descrizione, questa, che sembrerebbe avallare le tesi di quanti che sostengono che il diritto per gli italiani nel mondo non sia utile. Ma la stessa accusa viene immediatamente confutata dalle voci provenienti dagli altri seggi: "Non credo che si possa parlare di un disinteresse verso la politica italiana - asserisce Virgulti -, anche perché la maggior mobilità internazionale non solo delle persone ma anche del flusso di informazioni rende assai più reperibili notizie e dati sull’Italia. Esattamente come gli immigrati credo debbano avere il diritto a votare nel nuovo Paese di residenza, ugualmente i cittadini all’estero che lo vogliono devono poter eleggere i propri rappresentanti in patria. È una questione di giustizia democratica". E Pipitone, sarcasticamente, aggiunge che "vivere all’estero permette di guardare alla politica italiana dall’esterno, senza implicazioni e interessi personali che allontanino da una corretta analisi dei fatti".

Infine, un ultimo aspetto, condiviso dalle comunità interpellate, riguarda il significato stesso del voto in relazione alle elezioni generali dell’anno prossimo. "La primavera 2006 rappresenta una data in cui veramente il voto degli italiani all’estero sarà decisivo - sostiene Virgulti - e noi vogliamo che le primarie di domenica rappresentino un test decisivo per valutare la nostra capacità d’azione democratica". Considerazione alla quale crede anche Francesco Addis: "Nel 2006 avremo il sostegno dell’Aire, ma ritengo che l’occasione delle primarie, anche se rappresentative di circa metà della popolazione italiana in Tunisia, sia momento fondamentale per far sentire la nostra voce e per prepararci in vista delle prossime votazioni".

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