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Una cosa interessante

Publie le mercoledì 19 ottobre 2005 par Open-Publishing

Dazibao Estradizioni Oreste Scalzone

di Oreste Scalzone

Non è opportuno sottovalutare il fatto che lo sciopero della fame non venga disprezzato da chi si ispira a un’ideologia assai più militarista della nostra. Non credo che noi stiamo là per dire che la gente nasce fascista e ci rimane. Io non voglio offendere nessuno facendogli credere che potrei pensare che potrebbe cambiare, però osservo questo che, nel giorno in cui anche loro urlano, come avremo urlato tante volte noi, Tizio, Caio sarai vendicato, fanno questo sforzo e dicono, che chissà quanto gli costa, Amnistia per tutti, e deve essere inequivoco perché la legano al fatto che la dica proprio io - e loro lo sanno - che ho rivendicato di aver portato fuori quelli di Primavalle, e lo rifarei.

E questa cosa mi sembra che dovrebbe interessare. Perché è chiaro che dentro questo sciopero della fame c’è anche un tentativo di forzatura per quel che riguarda la questione seria della non violenza attiva, non le buffonate ad uso televisivo dei Casarini. Intanto perché questa mi pare l’unica forma per rompere la passività e l’aquiescienza, nell’immediato e su un piano di immanenza. Ma poi anche e perché io non ne ho la grazia e non sono assolutamente persuaso che si possa pensarla come orizzonte assoluto e soprattutto incollarla come una filosofia della storia sui grandi numeri e sulle genti umane, però il gesto di uno sciopero della fame rientra nell’arsenale della non violenza attiva.

Un gesto violentissimo non tanto contro sé ma come violenza psicologica e morale che si scarica tutt’attorno, non solo sulle controparti ma spesso sugli amici. Però, grosso modo, è interessante che si rinunci alla spontaneità di voler reclamare la galera per qualcuno e agitare mitologie “guerriere” sul sangue altrui versato. Non è che abbia bisogno di gratificazioni, però mi sembra umano, se c’è una piccola punta di fierezza nel fatto di notare che questi hanno ricordato il mio atteggiamento da comunista. Non è stato niente di eroico, anche un avvocato ultragarantista come in effetti sono stati i nostri lo rifarebbe così.

Non è dovere e nemmeno piacere, è proprio la cosa elementare, non servono elevati sentimenti, né autogratificarsi di chissà che, né certo si vuole creare un’obbligazione, facendo i superiori. No, è una cosa così, proprio perché uno ha combattuto o combatte o si vede come combattente, ma non nel senso combattentistico, perché è una battaglia con qualsiasi mezzo e forma si fa. Così, proprio verso un combattente che è agli antipodi, lo sbirro, bisogna avere in orrore, come mezzo di lotta, o di autoaccecamento, l’uso della calunnia, del sospetto e dell’accusa, il cucire il vestito dell’ergastolo attorno al peggiore dei nemici, che è peggio del peggio che mettergli una bomba sotto casa compresi i bambini, ed è ancora più vigliacco enunciare certezze di colpevolezza, a rischio di puntuale calunnia.

E’ peggio di ammazzare. Una volta avevo accettato un dibattito (come faccio sempre) in un collegamento Parigi-Londra con Morsello, senza compiacimenti né razzismi. Il nemico fa parte dell’umano, se è della categoria del demoniaco si cambia paradigma, bisogna chiamare gli esorcisti. Si può combattere e si può, visto che siamo esseri parlanti, dire sempre a tutti, come diceva ’o parlano, embe’ parlammo. Certo io non avrei mai potuto scambiare, come molti sapientoni, i testi di Morsello per roba nostra, e se mi fosse per altro capitato per distrazione non avrei fatto finta di niente o corso a salvarmi l’anima dando l’obolo all’Anpi, avrei dichiarato un’epochè per capire che, se questo può succedere, è rivelatore di qualcosa che non funziona, poi si vede quale.

La logica il nemico del mio nemico io non la pratico. Non ho la necessità di operare quella che Luhmann dice l’insignificanza dell’azione, che è propria del politico, ma che è lo stesso del militare, del politico-militare, la semplificazione e la riduzione della complessità che era la base della decisione. Perché credo che qui torni la questione semplice dell’essenzialismo. Accade come quando qualche fesso che prende delle battute di Marx che esprimevano l’aria del tempo e trova che era un terribile machista, e scriveva battute terribili sui negri e sugli slavi e - pur essendo per quattro quarti di famiglia rabbinica - usava immagini come Shylock, lo spirito sorditamente giudaico, citando Shakespeare.

Non è che io dica non può essere perché è ebreo, perché mi risponderebbero ah, è la forma dell’odio di sé, no, dico semplicemente che quali che fossero i suoi vezzi o vizi - come Marx stesso dice - il cuore del suo dispositivo è il concetto di plusvalore, e l’interpretazione del mondo e delle cose, a partire da questo arcano ...

Leggere come chiave dell’enigma del mondo e anche di tutti misteri qualcosa che non è affatto segreto, la razionalità statale, terribile, è come quelli che dicono che ci sono i servizi segreti deviati. I servizi segreti sono istituiti per essere deviati e devianti, per fare gli sporchi lavori e avere la licenza di uccidere, quindi è un po’ paradossale quando ci si toglie di mezzo la consapevolezza ... Non per fare gli scettici blu, tanto lo sappiamo, comunque possiamo lottare anche contro un singolo fatto, un singolo figlio di puttana, un eventuale complotto, ma sempre avendo come idea direttrice, come orizzonte la matrice a cui questo riconduce, il plusvalore. Magari tu puoi pensare all’usura, ce ne sono tante di produzioni dell’umano che ci sono assolutamente lontane. O è l’usura o è il plusvalore, e se è il plusvalore è concettualmente impossibile, non è un fatto morale.

Poi magari ci hanno educato al fatto di trovare inaccettabile l’idea essenzialista che un gruppo umano possa essere inferiore o superiore ad un altro. Verrà il tempo che anche lo specismo sembrerà come il razzismo, ma per ora parliamo di razza umana. A me ripugna l’idea che gli americani o i tedeschi, gli arabi o gli ebrei o gli spoletini, o le donne possano essere per essenza inferiori o superiori. Poi ci sono le caratteristiche, così come le lingue, gli usi, i costumi e le religioni. Ma è non un principio che viene da un universalismo prima cristiano e poi illuminista e la critica anche un po’ gauchista, che è come l’universalità del mercato, è un’altra cosa, e per me è costitutiva. Questo è il primo punto. Noi stiamo di qua, poi siamo aperti - come diceva Bertinotti - a lavorare con tutti, ma a partire dal fatto che non è che, siccome ci vogliono bene, pensano che ci possano annettere e fanno finta di non sapere quello che diciamo. Una volta che l’abbiamo detto, ed è chiaro, non ci tocca slacciarci da abbracci ad ogni passo. Dopo di che essendo disincantati non ci scandalizziamo, va bene ma non con l’equivoco.

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