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ITALIA SEZA MEMORIA: Mordechai Vanunu, la dissidenza ebraica

Publie le domenica 6 novembre 2005 par Open-Publishing

Dazibao Nucleare Guerre-Conflitti medio-oriente

ISRAELE HA OGGI UN ARSENALE VALUTATO IN CIRCA 400 ARMI NUCLEARI CON UNA POTENZA PARI A 3850 BOMBE DI HIROSHIMA

Riportiamo l’ultima intervista apparsa di Mordechai Vanunu. 17 anni di carcere per aver svelato l’atomica israeliana "Italia, voglio la verità sul mio sequestro" Il tecnico nucleare israeliano: "Nel 1986 sono stato rapito a Roma. Ora l’Italia deve aprire un’inchiesta su questo crimine. Ho subito il carcere e l’isolamento per denunciare l’illegalità e la pericolosità del progetto nucleare del mio paese"

di IVAN COMPASSO

Pochi giorni prima dell’ultimo suo arresto abbiamo incontrato Mordechai Vanunu, il tecnico nucleare che ha subìto ben 17 anni di carcere in Israele per aver denunciato la politica di proliferazione di armamenti nucleari messa in atto dal governo di Tel A Viv. Era ospite della chiesa anglicana che si trova percorrendo Nablus Road, fino in cima, lasciandosi alle spalle Damasco Gate. Nonostante le restrizioni di questi anni, è sicuro e ha voglia di parlare. Per prima cosa si rivolge ai parlamentari italiani.

«Vorrei - dice Vanunu - che qualche parlamentare ascoltasse la mia storia e la portasse in parlamento. Il mio rapimento ad opera del governo israeliano, è avvenuto a Roma, e l’Italia per questo crimine degli anni Ottanta non ha mai investigato. Solo un giudice, il dott. Sica nel 1987, ha provato ad indagare ma dopo un anno ha chiuso il caso».

Il suo caso e, più recentemente quello di Ocalan nel 1998-1999, dimostrano che l’Italia è un crocevia inaffidabile per i rifugiati politici. Cosa pensa dell’Italia?

Ho seguito le vicende del governo italiano per molti anni e penso che fosse molto ambiguo fino alla fine della guerra fredda. Come dimostra il mio caso, chiunque poteva «venire» in Italia e fare quello che voleva: Israele veniva e rapiva, i russi venivano e rapivano.... Ora l’Italia si mostra più simile agli altri stati europei e forse può capire di più il nodo che io ho rappresentato nel rapporto tra Israele e Italia dopo quello che ho rivelato al mondo, cioè il fatto che Israele ha armi nucleari. Ora l’Italia dovrebbe parlare.

La guerra fredda è finita, c’è stato l’11 settembre e c’è la guerra
preventiva di Bush, il conflitto in Iraq e il «cambiamento» del Grande Medio Oriente. Come giudica il fatto che Israele continui a sviluppare la bomba atomica?

Non so che cosa abbia fatto Israele negli ultimi 18 anni. Conosco bene le cose fino a 18 anni fa. Certo, ora il mondo è cambiato, con la fine della guerra fredda. Il comunismo non c’è più, non ci sono stati o sistemi di stati nemici dichiarati per gli Stati Uniti, per la Russia e la Cina. Le armi atomiche potrebbero essere distrutte. Ma Israele non vuole distruggere il suo arsenale nucleare. Tenendo le armi nucleari, può condizionare sempre il processo di pace in Medio oriente dove fa quello che vuole, a partire dall’occupazione della Palestina, un processo che io credo non voglia realmente. Non vuole dare davvero i diritti ai palestinesi, né concedergli il loro stato. Si fa allora forte della «bomba». Invece in questa epoca non abbiamo bisogno di armi nucleari, in nessuno stato. Né in Francia, né in
Gran Bretagna, né in Russia, né in Cina... Non hanno nessuna
giustificazione, perché non hanno nemici che possano usare bombe atomiche contro di loro. Noi cittadini possiamo chiedere, ora, l’abolizione delle armi atomiche in tutto il mondo, per liberare il mondo dalle armi nucleari.

E, allo stesso tempo, vogliamo dall’Europa e dagli Stati Uniti che chiedano a Israele di porre termine alla sua politica del terrore. Ma nessuno parla chiaro e forte contro la politica nucleare d’Israele. Non lo fanno le Nazioni unite, gli Stati Uniti, non lo fa l’Italia... Silvio Berlusconi dovrebbe invece pubblicamente, in parlamento, chiedere ad Israele di aprire l’area di Dimona agli ispettori internazionali. Dico questo perché so che lui è venuto nel luglio del 2004 e ha sorvolato l’area di Dimona in elicottero. Israele non ha firmato il trattato Npt, di non proliferazione delle armi atomiche. Dovrebbe farlo. C’ è così tanta pressione sull’Iran e c’è stata l’accusa infondata di armi di distruzione di massa per l’Iraq, mentre entrambi al contrario il trattato lo avevano sottoscritto.

Se si domandasse ad Israele di farlo, se la comunità internazionale facesse pressioni in questo senso, sarebbe davvero l’unico aiuto possibile alla pace in Medio Oriente.

Perché è così difficile sentire voci di dissenso in Israele, anche se ce ne sono e di significative? Il fatto è che Israele è una superpotenza prima di tutto dal punto di vista psicologico. Stanno proseguendo in quella sorta di lavaggio del cervello in Europa e negli Stati uniti per convincere tutti che gli arabi e l’islam
terrorizzano e basta. Approfittando finora degli attacchi dei kamikaze.

Israele ha molto controllo sui media statunitensi. La Cnn in particolare, poi c’è Hollywood, infine diverse testate in Europa, consentono di proseguire questa opera di brain-wash: il mondo vede solo le cose cattive degli arabi,ogni atto di terrore, ogni bomba viene riportata nel mondo e questo aiuta Israele. Ogni manifestazione pro Islam viene utilizzata contro l’Islam. E’ psicologist-superpower. Va detto poi che la maggioranza della gente è dalla parte di Sharon. Non c’è opposizione vera. Le giovani generazioni, tranne qualche eccezione, sono sempre pià a destra ed è pieno di estremisti religiosi. Israele ha enormi problemi con la democrazia: qui è
solo «degli» e «per gli» israeliani. Quando ci sarà una vera democrazia allora si potrà parlare di palestinesi, cristiani e neri. In questo momento Israele non è una democrazia.

Ma si riflette in Israele che le poltiche di guerra e quelle nucleari
sottraggono risorse alle spese civili, all’’occupazione, ai diritti umani.

Se avessimo persone così che parlano e criticano Israele allora potrebbbero esserci condizionamenti, sanzioni, per chiedere a Israele di incamminarsi davvero verso la pace e non come è adesso che tutti investono nelle multinazionali spesso di armi. Gli americani danno ogni anno ad Israele 3 miliardi di dollari, ne possono fare di cose. Bisogna insistere su questioni come la fine della produzione di armi nucleari, la costruzione del Muro, le migliaia di palestinesi in carcere, ecco questo davvero aiuta la pace.

Abbiamo bisogno di una nuova generazione in Europa che non sia preoccupata di cosa possa dire Israele e che non taccia per paura d’essere accusata di antisemitismo. L’infamia dell’Olocausto è così importante per la nostra storia e per tutta l’umanità che non può essere strumentalizzato per coprire le malefatte di Sharon che, con i suoi comportamenti, non aiuta certo gli ebrei.

Come ha reagito alle torture americane ad Abu Ghraib?

E’ molto grave quello che hanno fatto e penso che sia lo stesso che hanno fatto a me. Però in Israele lo hanno fatto in gran segreto, non in quel modo. Quello che è successo ad Abu Ghraib è veramente stupido. Molti prigionieri soffrono anche a Guantanamo Bay e in Afghanistan. Molti stati maltrattano i prigionieri. Li umiliano e li sottopongono a torture psicologiche di ogni genere, come rinchiuderli in una stanza in isolamento assoluto, trattandoli come animali. E’ la prova che molti governi, con il sistema di spie che hanno intorno, usano i loro poteri forti contro il sistema democratico. C’è bisogno di nuovi trattati internazionali per il rispetto dei diritti umani dei detenuti. Quello che fanno adesso in Iraq e ancora in Palestina è grave. Bisogna tornare agli accordi di Ginevra e agli standard previsti.

In Europa, soprattutto nei movimenti, si parla molto di guerra globale...

Alcuni stati, come Israele e gli Stati uniti, vogliono la guerra, l’hanno reinventata. Stanno cercando di creare in Iraq e nella Palestina - sospesa senza la risoluzione dei nodi di fondo - uno stato di guerra permanente. Ma la verità è che comunque non c’è un vero conflitto in atto, non nel senso tradizionale del termine. E la gente fa più fatica a comprendere. Ogni paese ha più collegamenti con gli altri: internet, telefoni cellulari, satelliti. Non sono i popoli che vogliono le guerre, ma certe forze che dentro i paesi possono controllare i movimenti delle persone. Questo è l’obiettivo degli
Stati Uniti dall’11 settembre: bloccare e controllare il più possibile l’immigrazione. Non è vero che i check-point sono finiti.

Hanno bisogno di questo, controllare chi entra e chi esce, provocare paura della guerra. Come si sente oggi a tornare a vivere in Israele? Secondo lei la gente ha capito il significato del suo gesto di 18 anni fa?

Io non mi sento un israeliano, diciotto anni fa ho deciso che non volevo più stare in Israele perché non c’è una vera democrazia e non c’è uno stato libero. Non accettavo quello che facevano ai palestinesi e per questo avevo deciso di non vivere più in Israele. Ma sono stato rapito e mi hanno portato qui. Adesso che sono libero non voglio più vivere qui, voglio andarmene da Israele. Sei anni fa ho chiesto al governo israeliano di cancella re la mia cittadinanza ma mi hanno risposto che non potevano farlo finché non avessi avuto la cittadinanza di un altro paese. Ancora, tre mesi prima che venissi
rilasciato ho chiesto di nuovo la cancellazione della mia cittadinanza e adesso sto aspettando che mi lascino andare in un altro paese perché, lo ripeto, in Israele non c’è una vera democrazia. E il mio futuro sarà in Europa o negli Stati Uniti. Riguardo a quello che ho fatto in Israele.

L’ho fatto per salvare il mondo dalla guerra nucleare. Ma i media israeliani, come sempre controllati dal governo, hanno detto che sono pericoloso, un traditore ed un nemico di Israele ed hanno usato tutto quello che potevano contro di me. Per questo alla maggior parte della gente non piace quello che ho fatto e supporta il governo. La maggioranza degli israeliani è a favore della bomba atomica ma se deciderà di essere più aperta e di informarsi guardando i veri media probabilmente cambierà idea.

E se ci sarà una vera pace e i popoli dialogheranno tra loro in Medio
Oriente, forse la bomba atomica verrà abolita.

Lei prova astio verso Peres. Cosa ha provato quando dal carcere ha avuto notizia del suo premio Nobel per la pace?

Peres è il più vecchio uomo politico, in attività, fin dal 1950 , e quindi da 55 anni . Dovrebbe dimetteresi. Poi Peres è l’uomo che ha portato la prima bomba atomica in Israele, dalla Francia. Tutte le testate israeliane sono state portate da Peres. I segreti che ho rivelato sono i segreti di Peres. E’ lui che, quando era primo ministro nel 1986, mi ha fatto rapire a Roma. Ed è molto grave che il Nobel per la pace sia stato dato ad un uomo che ha portato le testate nucleari in Israele e le ha vendute al Sud Africa?

Probabilmente è tornato ancora al potere proprio perché è l’uomo che
supporta il programma atomico. Tutti al mondo sanno che Peres è capace solo di «chiacchierare» di pace ma in realtà non è assolutamente interessato a questo.

Traduz. a cura di Fulvio Tagliaferri

Storia dell’arsenale nucleare israeliano Nel 1948, una unità scientifica dell’esercito israeliano scopre un giacimento di uranio nel deserto del Negev. E gli scienziati israeliani sviluppano un nuovo metodo per produrre acqua pesante, che forniscono agli Usa. Si crea una triade segreta: mentre Israele, con tecnologie statunitensi, aiuta la Francia a costruire un impianto per l’estrazione di plutonio a Marcoule, la Francia aiuta Israele a costruire, in un bunker sotterraneo a Dimona, un reattore nucleare e un impianto per l’estrazione del plutonio analogo a quello di Marcoule. Nel 1967, Israele ha già alcune bombe nucleari, che schiera segretamente nella
Guerra dei sei giorni. Oggi Israele ha un arsenale valutato in circa 400 armi nucleari con una potenza pari a 3.850 bombe di Hiroshima.

Come vettori nucleari impiega una parte degli oltre 300 caccia F-16 e F-15 potenziati, forniti dagli Usa, armati anche di missili israelo-statunitensi Popeye a testata nucleare. Un’altra versione, il Popeye Turbo, è installata su tre sottomarini Dolphin, forniti dalla Germania. Si aggiungono circa 50 missili balistici Jericho II, su rampe di lancio mobili, e i razzi Shavit utilizzabili anche come missili balistici a lunga gittata.

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