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Lidia Menapace : NO TAV

Publie le domenica 11 dicembre 2005 par Open-Publishing

Movimenti Lidia Menapace No Tav

di Lidia Menapace

Chi si loda s’imbroda, dice un vecchio proverbio, ma altri piu’ aulici motti
sono: errare humanum perseverare diabolicum, bisogna farsi sempre l’esame di
coscienza, il bravo compagno fa autocritica quando ha torto, Gesu’ Cristo
approva il pubblicano (cioe’ uno spregevole cittadino di serie b) rispetto
al fariseo (una colonna della societa’) perche’ il pubblicano riconosce di
avere sbagliato e invece il fariseo dichiara di aver fatto tutto giusto.
Tutto cio’ premesso, amerei molto dei politici che ogni tanto, quando serve,
quando l’errore e’ davvero evidente, facessero autocritica, esame di
coscienza, si comportassero come pubblicani che ammettono i propri errori e
non come farisei che non li ammetteno mai: insomma scegliessero il rito la
cultura la forma che vogliono, per ammettere che qualcosa da correggere
c’e’.

Mi riferisco alla Tav in Valsusa. E valga il vero.

Di tutte le opere faraoniche che vanno di moda sappiamo gia’ che il tunnel
sotto la Manica e’ un clamoroso e costosissimo flop; che il Mose a Venezia
e’ sospettabilissimo di rovine; che un arditissimo ponte non so bene tra
quali isole tra il Kattegat e lo Skagerrak viene chiuso appena c’e’ un filo
di vento perche’ le macchine rischiano senne’ di finire in mare, sicche’
tutti preferiscono il traghetto di prima; che la Malpensa e’ uno schifo
(cosa controllabile) che le popolazioni aborrono; che il ponte sullo stretto
di Messina non lo vuole nessuno degli abitanti sulle rive; che il Mugello e’
gia’ stato massacrato dai lavori della Tav; che l’arco alpino diventera’ un
formaggio coi buchi se non li fermiamo; che i tunnel alpini esistenti sono
gia’ sperimentate trappole mortali e via discorrendo, senza dimenticare il
Vajont: non basta?

Si chiede almeno una bella e buona pausa di riflessione e un discorso con le
popolazioni, dato che ci si riempie la bocca di "democrazia partecipata"!
Anche sotto il Brennero si vuole fare un tunnel, e per farlo si colmera’
letteralmente di detriti una valletta ("e’ piccola, e dunque...", "di
vallette ce n’e’ tante..."): la montagna e’ un sistema fragile nonostante la
sua imponenza, gia’ colpito dallo scioglimento dei ghiacciai, dallo
scomparire del permafrost che sta dentro le rocce, per cui guglie
dolomitiche e del Bianco crollano ora a ogni stagione, dopo alcune centinaia
di milioni di anni di stabilita’. Forse si risvegliera’ qualche mammuth,
dichiarandosi modernissimo!

E a chi domanda col solito atteggiamento subalterno perche’ in altri paesi
europei non ci sono proteste, diro’ che nessuno si aspettava la banlieu e
che - inoltre - le Alpi sono qui da noi e fare ferrovie in pianura e’ meno
difficile e distruttivo. A parte che pur non essendo claustrofobica, l’idea
di stare per molte e molte decine di chilometri sottoterra non mi piace: il
treno e’ un mezzo di trasporto che include la visione del paesaggio.

Qualcuno dei sostenitori dice che in verita’ queste linee velocissime da
Lisbona a Kiev non si fanno per i viaggiatori bensi’ per le merci. Ma quale
merce ha bisogno di andare ad alta velocita’? fragole da Lisbona a Kiev?
cavoli da Kiev a Lisbona? e quanto costeranno ad alta velocita’? e non si
possono coltivare ciascuno a casa sua?

Molti infatti cominciano a dire che e’ molto piu’ ragionevole il modello
economico proposto da Samir Amin (un illustre economista arabo che insegna
alla Sorbona, non un "anarcoinsurrezionalista" o un "professionista della
protesta" ecc.), il quale sostiene che ciascuna area dovrebbe fare una
recensione di tutto cio’ che puo’ produrre da se’, e calcolare poi il volume
normale e la qualita’ degli scambi con le merci che mancano al proprio
"sviluppo autocentrato": sarebbe ridotto, e quindi non ci sarebbe bisogno di
intasare strade autostrade e ferrovie di inutili trasporti; si potrebbe
aumentare in modo stabile e strutturale, non transitorio, l’occupazione con
l’immagazzinare cio’ che serve in un luogo dato, sviluppare agricoltura,
produzione di alimenti, sistemi di conservazione biologica, controllare le
merci e respingere le multinazionali che dominano i mercati e sfuggono a
qualsiasi controllo vendendoci latte all’inchiostro eccetera eccetera.

Dunque, come dicono giustamente i pastori valdesi (che qualcosa certo
ricordano dei danni venuti alle loro popolazioni dalle miniere di talco di
val Germanasca! riaperte per gli immigrati?) sulla Valsusa: puo’ pure darsi
che i politici abbiano creduto di fare una cosa giusta, ma non gli sorge il
dubbio che potrebbero avere ragione anche quelle e quelli che protestano
cosi’ civilmente e tenacemente?

Del resto che l’Alta velocita’ avesse dentro un qualche squilibrio a me era
venuto in mente persino da subito.

Essendo una che pratica lo sport (ormai uno sport estremo) di andare in
treno, a me arrivare a spron battuto da Roma a Milano, ma metterci poi tre
ore per andare da Milano a Sondrio o a Cremona o a Mantova sembrava una
irrazionale idea del trasporto ferroviario, un trasporto se altri mai
sociale e che quindi deve corrispondere al diritto fondamentale di tutti e
tutte di arrivare in ragionevole parita’ di servizio da qualunque luogo a
qualunque luogo: o una ha colpa di essere nata in una vallata difficile o di
abitare in un paese fuori dalle grandi linee di comunicazione?

E’ tra l’altro una delle ragioni per le quali la ferrovia deve essere un
servizio pubblico, non una azienda privata, cosa su cui, dopo le gioie della
privatizzazione, convengono tutti, stufi marci di essere chiamati "gentile
clientela" e di avere sempre torto, di vedere una pubblicita’ infondata come
tutte, e di sentirsi annunciare come facesse notizia solo quando il treno e’
in orario (cosa che per davvero fa notizia, tanto e’ rara).