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Referendum. Intervista a Giulietto Chiesa

Publie le lunedì 5 giugno 2006 par Open-Publishing

Dazibao Movimenti Referendum

di Paolo Jormi Bianchi

Curzio Maltese ha affermato di recente che oggi il potere non lo detiene più la politica: ha molto più potere chi siede alla guida di un telegiornale nazionale. Condividi questa osservazione? I presidenti di camera e senato hanno invitato la Rai, nella persona di Petruccioli, a fare una migliore informazione sul tema del referendum del 25 aprile. Il potere legislativo si appella all’informazione. È una cosa normale o è un sintomo di una malattia della nostra democrazia?

 Da tempo scrivo che la democrazia in Italia è malata. Profondamente. Si è ammalata e non ce n’eravamo accorti. Adesso sta morendo e morirà davvero se non demoliremo la Grande Fabbrica dei Sogni e della Menzogna che è essenzialmente prodotto, a sua volta, dal sistema informativo-comunicativo, che a sua volta è essenzialmente e prima di tutto televisione.

Come si sta muovendo il fronte del no, e come si muoverà man mano che si avvicinerà la data della consultazione referendaria?

 Il fronte del no non è, per il momento, un fronte. I partiti, imbambolati dall’elezione politica e amministrativa, non si sono occupati della difesa della Costituzione. Ma non è una distrazione e non è un caso o un errore. Non se ne sono occupati perché non hanno bisogno della democrazia, che anzi li disturba. E, al loro interno, è pieno di gente che farebbe volentieri un patto scellerato con la destra per diminuire il tasso democratico del paese. Il fatto è che molti, tra questi, non si rendono conto che la destra non intende solo “diminuire” il tasso democratico, intende abolirlo. Il premierato assoluto, che ci sarebbe con la “riforma Calderoli”, ne è la prova più lampante.

Ufficialmente la sinistra appoggia il no, ma fino ad ora non è stata messa in campo una strategia di informazione e coinvolgimento dell’elettorato in questo senso. I partiti, e i Ds in particolare, hanno portato 4 milioni di italiani a votare per le primarie con tanto di moneta da un euro alla mano. Adesso non sono altrettanto attivi. Sono in preda ad un eccesso di fiducia nel risultato della consultazione, o dobbiamo pensar male?

 Dobbiamo pensare male. Non di tutti, ma di molti che contano dentro quel partito.

Il fronte del sì dall’altro lato non sembra del tutto compatto, questo può essere in qualche modo incoraggiante? Mi riferisco all’Udc e in particolare a Follini.

 Questioni prevalentemente di tattica, anche se sono consapevole che, anche a destra, c’è gente che non vuole demolire la democrazia. Il che è bene e va aiutato e incentivato.

Cosa accadrà qualora dovesse vincere lo schieramento che sostiene la riforma?

 La prima immediata conseguenza sarebbe senz’altro la caduta di questo governo, che non potrebbe in alcun modo reggere il colpo. Ma è la ferita non rimarginabile che si verrebbe a creare per la nostra democrazia che dovrebbe preoccuparci: basti pensare al fatto che si avrebbe una riformulazione dell’assetto istituzionale all’insegna della volontà di un uomo solo. Una anomalia davanti alla quale impallidiscono tutte le altre assurdità contenute nel complessivo progetto di riforma.

Che scenario si apre invece con una vittoria del no?

 Sarebbe una vittoria del popolo democratico, quale che sia la percentuale con cui la si ottiene. Ma bisognerà stare molto attenti alle correnti oligarchiche di cui sopra, pronte a ridurre gli spazi al paese e di chiudere tutto nelle stanze del potere. Anche a sinistra ci sono gli alfieri, lo ripeto, di una partitocrazia senza popolo. Sarà necessaria una battaglia - questo mi auguro - per costruire un’alternativa di trasformazione alla deriva moderata che ha caratterizzato anche il precedente centro-sinistra, e che ha portato a Berlusconi. Ma attenzione che, finché Berlusconi rimane padrone assoluto dei media, non avremo nessuna assicurazione nei confronti di un brusco ritorno all’indietro.

L’intervista che Fassino ha rilasciato al Foglio durante i frenetici giorni dell’elezione del presidente della Repubblica: il leader Ds ha offerto agli avversari politici di mandare al Quirinale un presidente, D’Alema, legato ad un preciso programma, tra cui anche le riforme istituzionali. È stato come se una squadra di calcio suggerisse all’altra di accordarsi per scegliere un arbitro che garantisca all’incontro un risultato prestabilito. Non emerge una scarso senso delle istituzioni da parte di chi dovrebbe guidare la battaglia per il no al referendum?

 Questi dirigenti dell’oligarchia del centro sinistra hanno da tempo abbandonato il terreno della difesa degl’interessi popolari. Ho smesso da tempo di stupirmene, perché è da tempo che osservo e capisco dove stanno andando. Ho votato per loro per evitare una vittoria di Berlusconi, che sarebbe stata catastrofica. Vedo dunque le differenze e non faccio di ogni erba un fascio. Ma sono assolutamente convinto che bisogna tenerli sotto permanente controllo, perché non hanno più una bussola di sinistra e sbanderanno sempre di più. E’ una deriva inesorabile, che, a un certo punto, li costringerà a passare la mano a nuovi leader. Ma sarà, io credo, nel pieno di una crisi più drammatica di quelle che già abbiamo conosciuto.

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