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Rapporti Euro-Mediterranei. A che punto è il processo di Barcellona?

Publie le venerdì 20 ottobre 2006 par Open-Publishing

Dazibao Europa Governi Vittorio Agnoletto

di Vittorio Agnoletto

A novembre sarà celebrato l’undicesimo anniversario della partnership avviata a Barcellona nel 1995 tra l’Unione europea e i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo: Algeria, Autorità Palestinese, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Marocco, Tunisia, Siria, Turchia. Scopo dichiarato del partenariato è promuovere uno spazio euro-mediterraneo di pace e stabilità, fondato sul rispetto dei diritti dell’uomo e della democrazia e sulla creazione di un’area di libero scambio entro il 2010. Ecco un quadro della situazione attuale.

Purtroppo finora sono stati ben pochi i benefici per le popolazioni povere coinvolte e l’indigenza in Medio Oriente e Nord Africa é addirittura aumentata negli ultimi 15 anni. Secondo i dati del Dipartimento inglese per lo Sviluppo internazionale sono infatti quasi settanta milioni le persone che nell’area vivono oggi con meno di due dollari al giorno. Dieci milioni in più che nel 1990.

Ancora più grave è il rischio concreto che la liberalizzazione degli scambi con la UE amplifichi i processi di impoverimento già in essere nelle comunità rurali dei Paesi mediterranei. Come è emerso dai risultati preliminari della valutazione di impatto commissionata da Bruxelles all’Università di Manchester (da completarsi entro fine 2006) «la liberalizzazione del settore agricolo potrebbe verosimilmente tradursi in una caduta dei tassi di occupazione nelle campagne, un innalzamento dei livelli di povertà e una conseguente migrazione verso le città in cerca di mezzi di sostentamento alternativi». Una liberalizzazione che «incrementerà la vulnerabilità sia delle famiglie rurali che di quelle urbane alle fluttuazioni dei prezzi di mercato europei e mondiali» minacciando la loro sicurezza alimentare. Le donne, come al solito, sopporteranno il peso maggiore di questi «costi» cosiddetti «di aggiustamento».

Il report evidenzia anche gli alti costi finanziari degli accordi euro-mediterranei. Lo smantellamento
delle tariffe doganali sui prodotti targati UE ridurrà drasticamente il gettito a disposizione dei governi
dei Paesi del Sud Mediterraneo che saranno quindi costretti a sacrificare i già precari livelli di
spesa su capitoli quali educazione e salute. Complessivamente si rilevano serie implicazioni circa
la capacità di questi paesi di raggiungere gli Obiettivi del Millennio fissati dalle Nazioni Unite per
l’anno 2015.

Non sembrano queste però le maggiori preoccupazioni di Algeria ed Egitto, due dei principali interlocutori
di Bruxelles. Secondo i loro ambasciatori, rispettivamente Mr. Halim Benattalah e Mr. Mahmoud
Karem, ospiti d’onore all’audizione «The construction of the Euromed Free Trade Area»
organizzata recentemente dalla commissione Commercio Internazionale del Parlamento Europeo,
quello che non funziona nel processo di Barcellona è la capacità di attrazione dei capitali europei.
Gli ultimi dati disponibili parlano di un misero 2% di Investimenti diretti esteri degli stati UE rivolti
all’area. Anche se in crescita rispetto al 2001 (in cui erano solo l’1%) rappresentano ancora una
percentuale molto bassa rispetto ad altri paesi come quelli del Mercosur (5%) e di quelli entrati recentemente
nell’Unione (17,5%).

Anche se ogni progresso negoziale è bloccato dallo stallo generale delle trattative in sede Wto, è
sicuramente preoccupante notare l’assoluta convergenza di interessi tra governi locali e Commissione
europea, che nel 2004 ha forzato i negoziati proprio spostando gli obiettivi originari su commercio
dei servizi e tutela degli insediamenti produttivi comunitari.