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LETTERA DI G.STRADA A UNITA’ SULLA PACE NON ESISTONO SFUMATURE

Publie le lunedì 15 marzo 2004 par Open-Publishing

Movimenti Gino Strada

Caro direttore,

«a chiunque possa interessare»... così potrebbe incominciare questo
mio chiarimento sulla polemica di questi giorni, nata su due parole
estratte da un mio intervento a Bologna a una iniziativa promossa
dalla Fiom e isolate dall’insieme. Due parole, “delinquenti
politici”, non inventate, sia chiaro. Le ho davvero pronunciate.
Qualcuno le ha considerate, come Mimmo Lucà sulle colonne del vostro
giornale, «un’offesa gratuita e non opportuna», «un insulto».
Me ne dispiace. Succede, quando si è molto indignati - e io lo sono
tuttora - di usare parole pesanti.

Che qualcuno si risenta è legittimo. Ad altrettanta legittimità può
aspirare chi sta curando le vittime ed alza la voce contro decisioni
che le moltiplicano.
Mi piacerebbe qui entrare nel merito della questione, come del resto
ho fatto anche a Bologna. E la questione è la guerra, la scelta di
promuovere, di sostenere, di non contrastare la guerra e la logica
di guerra, e anche la scelta di chiamarsi fuori dalla responsabilità
di decidere.

«Se l’obiettivo della destra è dividerci... - scrive Mimmo Lucà - ho
l’impressione che con questo modo di rilasciare interviste si faccia
il loro gioco». Non mi interessa, nel definire le mie idee e i miei
comportamenti, quali siano gli obiettivi dell’una e dell’altra
parte. Nè sono interessato, da cittadino, a fare il gioco di
nessuno, non della destra e neppure della sinistra. Anzi, sempre da
cittadino mi permetto di aggiungere delle virgolette alle due parole
di cui sopra: perché quello che ho visto negli ultimi anni è stato -
sul tema della guerra e non solo - un progressivo assottigliamento
delle differenze tra i due schieramenti, al punto da rendere le
rispettive posizioni spesso irriconoscibili.

Vorrei evitare di discutere, nel sostenere questa tesi, delle scelte
politiche tragicamente simili compiute dalla “destra” e dalla
“sinistra” su altri temi, peraltro pilastri di una società civile,
come il lavoro e l’educazione, la sanità e l’informazione. Restiamo
alla questione guerra. E pace.

Ho visto il mio Paese portato in guerra, violando la Costituzione,
da governi di centro- sinistra (per primi, dalla fine del secondo
conflitto mondiale!) e da governi di centro-destra. Ho visto un
governo di centro sinistra orgoglioso di prendere parte ai
bombardamenti. Ho assistito alla indecente (oddio, spero non si
offenda qualcun altro) teoria della “guerra umanitaria”, per cui si
è ritenuto giusto seppellire sotto le bombe cinquemila cittadini di
Belgrado e dintorni per punire i responsabili dell’assassinio di
altri duemila e duecento civili massacrati in Kosovo. Ho visto il
novantadue percento del Parlamento votare per la guerra contro
l’Afganistan. Diecimila civili morti, e la guerra continua. E ho
sentito leader politici di entrambe le parti compiacersi dell’invio
«dei nostri ragazzi» in Afghanistan, armati fino ai denti a
partecipare alle scorribande terroriste dei rambo di Enduring
Freedom.

Lo stesso vale per l’Iraq, dove i militari italiani sono stati
inviati a prendere parte a una guerra di aggressione neo coloniale,
perché qualcuno poi potesse spartirsi il bottino della
“ricostruzione”. Altri diecimila civili iracheni morti.
«I poveri vanno alla guerra, a combattere e morire per i capricci,
le ricchezze e il superfluo di altri», scriveva Plutarco molti
secoli fa.

A me, semplice cittadino, piacerebbe vivere - e mi batto per questo
- in un Paese che crede nella pace e che la pratica. Anche per
questo mi piace la nostra Costituzione. Invece devo constatare che
il novanta per cento del Parlamento italiano è d’accordo nel
violarne l’articolo 11, quando deve votare in materia di guerra e
pace.

In modi diversi, certo. Chi è orgoglioso di violarla e se ne vanta
(e in cuor suo vorrebbe anche sopprimerla, se solo ne avesse la
forza), chi preferisce astenersi, chi resta fuori dall’aula. Non è
questo un attentato alla Costituzione? Non è un delitto contro i
diritti di tutti - a cominciare dalle prossime vittime della guerra,
del terrorismo di stato, di gruppi o di individui? Non è un delitto
contro la democrazia?

Io penso di sì. Penso che sia un delitto compiuto dalla grande
maggioranza dei politici (non dai politici dell’una o dell’altra
parte) e penso che chi, da politico, si renda corresponsabile in
ogni forma di questo delitto non debba offendersi più di tanto,
quando gli viene fatto notare.

Gli offesi, quelli che avrebbero davvero il diritto di esserlo se
fossero ancora vivi, sono i milioni di persone che ogni anno
dittatori e presidenti, golpisti o “democraticamente eletti”, per le
ragioni più varie mandano al macello: per dio e per la patria, per
la libertà o per gli interessi della nazione.

Il movimento per la pace, che io non rappresento ma di cui faccio
parte, questo chiedeva ai politici italiani (non all’opposizione né
alla “sinistra”): di rispettare la Costituzione, il diritto
internazionale, la Carta delle Nazioni Unite. E anche, se a qualcuno
dovesse interessare, la coscienza civile del nostro Paese. Tutto
qui, niente di eroico. Invece, il novanta percento dei parlamentari,
ancora una volta, non lo ha fatto. Ciascuno per le proprie alchimie
e interessi.

Anch’io, da cittadino, sono offeso. Vogliamo dialogare,
confrontarci? Nessun problema. Ma senza giocare con il mazzo
truccato. Con chi, per qualsiasi calcolo politico, è disposto a
scegliere la guerra, cioè ad acconsentire che si ammazzino altri
esseri umani, è faticoso trovare un terreno comune di discussione.
Rimane solo, per quel che mi riguarda, il diritto al dissenso più
profondo e la possibilità - «nel necessario e legittimo pluralismo»,
come scrive Mimmo Lucà - di negare il mio voto a tutti coloro che
violano la Costituzione. Non si possono barattare la democrazia e i
diritti, né la Costituzione, per assicurare qualche appalto “alle
nostre imprese” - che poi sono le “loro” - né per “entrare nel giro”
delle potenze che contano. Con amicizia.

Ps:
Mentre invio dal Sudan questi appunti, da Milano mi leggono un
articolo di Antonio Padellaro. Ho trovato dei giudizi anche severi
nei miei confronti, ne prendo atto ma certo non mi offendo.
Ho trovato anche la convinzione da parte di Padellaro che io non sia
impegnato a costruire steccati che dividono presunti “puri” da
presunti “impuri” e che dunque senza dubbi e riserve io ritenga in
pieno diritto e bene accetto chiunque intervenga alla manifestazione
di sabato prossimo.

Confermo interamente questa interpretazione dell’opinione di
Emergency e mia e mi auguro la maggiore riuscita possibile della
manifestazione di Roma contro il terrorismo della guerra e la guerra
del terrorismo.

da UNITA