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A un anno da sequestro Iraq, libro Torretta : libere grazie a Letta

Publie le lunedì 5 settembre 2005 par Open-Publishing

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Fu "tutto merito" del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta se Simona Pari, Simona Torretta e altri due operatori umanitari iracheni, rapiti a Baghdad nel settembre 2004, furono liberati dai sequestratori dopo tre settimane di prigionia.

Lo scrive Simona Torretta, ex capo-missione a Baghdad dell’organizzazione non governativa "Un Ponte per..." , in un libro che sarà in libreria dal 7 settembre - a un anno esatto dal sequestro per mano di un gruppo di presunti guerriglieri islamici - intitolato "Otto anni e 21 giorni - Il mio impegno di solidarietà in Iraq".

Quasi alla fine del suo libro, a pagina 175, la 30enne romana riporta una frase che sarebbe stata pronunciata dal premier Silvio Berlusconi all’arrivo delle "2 Simone" all’aeroporto di Ciampino: "Da oggi in poi avrete un secondo padre. Gianni Letta... Se adesso siete qui, sane e salve, è tutto merito suo".

Il libro di Torretta, edito da Rizzoli, appare a pochi giorni di distanza dalla polemica suscitata dalle dichiarazioni dell’ex commissario della Croce Rossa Maurizio Scelli, il quale, in un’intervista alla "Stampa", ha raccontato che per ottenere la liberazione degli ostaggi furono prestate cure mediche a "quattro presunti terroristi iracheni" e che l’operazione fu autorizzata dallo stesso Letta, che nel governo ha la delega ai servizi segreti.

Nell’intervista, Scelli spiegava anche che una delle condizioni per la liberazione delle due giovani operatrici umanitarie italiane era quella di tenere segreta alle autorità statunitensi la trattativa, e che il sottosegretario era d’accordo.

In una parziale smentita, però Palazzo Chigi ha affermato dopo di non aver mai interferito con l’azione della Croce Rossa, che operava "in piena autonomia", e Scelli ha precisato poi di non aver mai ricevuto "istruzioni particolari" da Letta.

Nel libro di Torretta — che come preannuncia il titolo racconta molto più gli "Otto anni" trascorsi in Iraq, tra una pausa e l’altra, a gestire programmi di assistenza, che non i "21 giorni" del rapimento — Scelli appare al momento della liberazione delle due ragazze, che accompagna all’aeroporto, dove c’è Nicola Calipari. Il funzionario del Sismi sarà poi ucciso qualche mese più tardi da una pattuglia statunitense, apparentemente per errore, mentre accompagnava allo scalo di Baghdad un altro ostaggio appena liberato, la giornalista del "Manifesto" Giuliana Sgrena.

Secondo l’autrice, a favorire il rilascio suo e degli altri ostaggi furono le manifestazioni di massa e gli appelli lanciati in tutto il mondo da parte di esponenti religiosi e civili oltre a " tutto il lavoro che hanno fatto i nostri servizi segreti insieme al governo".

Sulla vicenda è ancora in corso l’inchiesta della Procura della Repubblica di Roma.

L’INCONTRO CON BALDONI, POI IL SEQUESTRO

Il racconto di Torretta si dipana in meno di 190 pagine. Inizia col ricordo di Enzo Baldoni, il pubblicitario e giornalista rapito e ucciso nell’agosto 2004 dall’Esercito islamico in Iraq, e poi intervalla la vicenda del sequestro e della liberazione con la storia del suo impegno nel paese arabo, con ritratti di amici e colleghi, tra cui Simona Pari.

Ma chi cerca particolari inediti sul sequestro e le trattative, sull’ipotesi di un riscatto pagato e sull’identità dei sequestratori, resterà deluso. Torretta scrive unicamente della sua condizione di ostaggio, nel corso di tre settimane trascorse col timore di essere uccisa.

Dopo la morte di Baldoni le operatrici non si sentono più al sicuro in Iraq, e dunque chiedono l’assistenza del Consiglio degli Ulema, le autorità religiose musulmane. Ma Abdu Salam al-Kubaisi, addetto alle relazioni esterne, le rassicura: "Continuate pure il vostro lavoro, non siete in pericolo. L’importante è che non collaboriate in alcun modo con gli americani".

Subito dopo, invece, le due vengono rapite da un commando insieme a Raad Alì Abdul Aziz e Mahnaz Bassam (che oggi vivono uno in Svizzera e l’altra in Italia). E viene in mente quello che nel settembre scorso, a sequestro finito, aveva detto proprio Scelli durante una trasmissione tv, e cioè che le operatrici italiane erano state rapite perché i loro nomi figuravano in una lista di presunte spie Usa.

Torretta, con accenti spesso commossi, racconta delle esperienze vissute in Iraq, prima e dopo l’invasione del marzo 2003. Del regime corrotto e dispotico di Saddam Hussein ma anche dello stato di violenza seguito all’occupazione americana. Dice che "il ruolo dei militari non è quello di distribuire aiuti e ricostruire scuole, ma quello di garantire la sicurezza e proteggere la popolazione" e a chi l’accusa di essere "con i terroristi solo perché non facciamo mistero di essere contro la guerra" risponde che "noi eravamo solo dalla parte della gente" e che chi ha "vissuto in Iraq per tanto tempo non potrà mai sostenere che le guerre siano state una soluzione".

Un racconto più personale che politico, quello di Torretta, che è sicura di aver ricevuto una carezza da Baldoni pur dopo la sua morte - "sento una mano sfiorarfmi il viso in un gesto delicato, come di protezione" - e che, tornata al lavoro, conclude: "Io, oggi, sono libera. Ma troppi uomini e donne sono ancora ostaggi della guerra in Iraq". (Reuters)

http://today.reuters.it/news/newsAr...