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Appello per il SI: Fra il sacro e il progresso. Il primato della madre

Publie le sabato 4 giugno 2005 par Open-Publishing

Dazibao Donne Referendum

Fra il sacro e il progresso. Il primato della madre

Daremo un Sì convinto ai quattro referendum sulla legge riguardo alla fecondazione assistita. Le ragioni che li motivano le abbiamo maturate non da ora, ma nel percorso politico con le donne, iniziato con la riflessione su aborto e sessualità femminile. Rifiutiamo la logica proibizionista di una legge costruita su divieti ed obblighi, senza rispetto della salute, prima di tutto delle donne. Non pensiamo che l’assenza di divieto sancisca di per sé un diritto al figlio. Mettere un divieto per contrastare la traduzione in diritto di desideri (presunti) illimitati non fa che confermare, rovesciandola, la logica dei diritti.

Ci interessa invece tenere aperto lo scarto incolmabile fra i desideri e i diritti. Lo scenario tecnologico inquieta noi, come tanti uomini e tante donne. Ed avvertiamo il bisogno di un discorso che ricomponga la frantumazione dei processi riproduttivi indotta dalle tecnologie, che dia un senso al materiale biologico separato dai corpi viventi. Uova, spermatozoi, zigoti, embrioni popolano ormai l’immaginario collettivo come fossero dotati di autonomia, una volta separati dai corpi.

Per questo non serve, anzi fa danno, l’appello a valori astratti e inconciliabili: da un lato l’intangibilità del progresso tecnologico, dall’altro la sacralità del concepito e della famiglia biologica. Entrambe le posizioni non mettono in questione il riduzionismo biologico che è il risultato più evidente e problematico dei processi tecnologici.

La conferma più vistosa di questo sono le dispute ontologiche sull’embrione e l’ostinato silenzio sulla madre. L’idea che l’embrione possa essere «persona», o semplicemente essere, a prescindere da una donna che lo accetti dentro di sé è un cattivo sogno di uomini che da sempre si dibattono per liberarsi da questa dipendenza originaria. Senza la madre non vi è «vita», neppure biologica, che possa svilupparsi, né alcun diritto da rivendicare a cominciare da quello a nascere. Se è vero che la tecnica fa scomparire i corpi nell’atto del concepimento, tuttavia non può fare a meno dell’opera della madre.

La legge, degradando la madre a corpo contenitore di una vita, lungi dal contrastare la temuta riduzione dell’essere umano a materia genetica manipolabile, la favorisce; e dunque non tutela neppure l’embrione. L’embrione congelato è lì a ricordarci che non vi è sviluppo vitale né essere umano, senza la madre e al di fuori della relazione con lei.

Discendono da qui per noi le valutazioni di merito sulle norme più gravi, diremmo «perverse», della legge, oggetto dei referendum: dall’impianto obbligatorio degli embrioni prodotti in vitro che, con il divieto di crioconservazione e di ogni diagnosi preimpianto, configura il dovere di maternità, anche a costo della salute della donna e dei nascituri; all’equiparazione dei diritti del concepito a quelli della donna con l’inevitabile conseguenza di estendere la tutela del concepito al feto e dunque di rimettere in questione l’aborto; alla messa al bando della fecondazione con seme o ovuli di donatore, riducendo il padre e la madre al mero fatto genetico; all’irrealistica proibizione della ricerca scientifica, rinunciando a dettare regole in grado di garantire la libertà scientifica ma anche la trasparenza sulle finalità, sui rischi e sulle opportunità.

Non è la legge, né tanto meno questa legge, che può dare risposte alle inquietudini, fondate o immaginarie, suscitate dalle tecnologie della riproduzione. Quel che c’è prima della nascita chiede un limite del diritto, chiede di riconoscere, con umiltà, che la legge può fare danni se prescinde dalla relazione madre/figlio. Non vi è infatti modo di fare ordine nella procreazione, medicalmente assistita e non, se non si mette al centro delle regole la donna, quale soggetto libero e responsabile.

Maria Luisa Boccia, Grazia Zuffa, Raffealla Lamberti, Marisa Nicchi, Monica Toraldo di Francia,Tamar Pitch, Elena del Grosso, Angela Putino, Bia Sarasini, Cecilia D’Elia, Nicoletta Gandus, Daniela Nepoti, Bianca La Monica, Chiara Saraceno, Lea Melandri, Paola Melchiori, Celeste Ingrao, Maria Geneth, Pina Nuzzo, Lidia Campagnano, Maddalena Gasparini, Serena Sapegno, Michela Pereira, Beatrice Busi, Simona Caracciolo, Elena Pulcini, Letizia Paolozzi, Eleonora Cirant, Annamaria Crispino, Laura Gallucci, Laura Lanzillo.

Seguono oltre duecento firme finora raccolte. Per aderire all’appello email:

maluboccia@libero.it.

singolare qualunque

http://materialiresistenti.clarence.com