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Europa senza Bush

Publie le domenica 27 febbraio 2005 par Open-Publishing
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Dazibao Internazionale Europa USA

di ROSSANA ROSSANDA

Il presidente degli Stati uniti George W. Bush è venuto in Europa, dopo l’ispezione di Condoleezza Rice, disposto a perdonare quelli che si erano opposti alla guerra in Iraq: ormai l’aveva fatta, alla faccia dell’Onu, pensa di averla vinta e presumeva di ricontrattare le alleanze con l’Europa da una posizione di forza. Per Europa intende Francia, Germania e Russia, da tempo la Gran Bretagna non fa problema, preferisce ignorare la Spagna e l’Italia non conta, anche se Berlusconi ha tentato come sempre di intrufolarsi nel giro. Come gli è andata? Meno bene di quel che sperava.

L’incontro con un Putin assai accigliato è finito in pareggio, neanche lui vuole che l’Iran si dia armi nucleari ma vi costruisce lo stesso la sua centrale atomica, sulla democraticità della Russia non s’è cavato un ragno dal buco («la democrazia è irreversibile ma nessuno ci metta il naso») e Bush non metterà veti all’ingresso russo nel Wto. Le vecchie ex potenze europee hanno traccheggiato sulla Nato, nessuna essendo disposta a sostituire le truppe americane in Iraq («neanche un soldato» ha ripetuto Schroeder, accennando, peraltro vagamente, alla necessità di una Nato diversa).

Bush ha tentato sull’Iran il déja vu con l’Iraq, ma oltre all’alt di El Baradei si è sentito dire che l’Europa non avallerà nulla che non sia una pressione diplomatica. Gli strappi sono stati ricuciti nella forma da parte dei governi, giacché i popoli dell’ovest, se si sono fatti vedere come in Germania, l’hanno energicamente fischiato.

Il ventre molle è stata l’Internazionale socialista e affini. Xavier Solana s’era addirittura commosso che Bush mettesse piede nel nostro continente dopo gli sgarbi ricevuti, Havel non se ne parla, Fassino ha distillato ogni parola in nome della perenne alleanza transatlantica e forse per farsi perdonare di aver flirtato con Kerry. In tutto quel gaudio a D’Alema è uscito dal cuore: grazie Wojtyla per aver fatto crollare il comunismo - come se fosse stato un dissidente anche solo mezz’ora, roba da spararsi. Con gli ex comunisti non siamo al dramma ma alla farsa, da Claudia Mancina che accusa l’Italia di essere troppo incline a Chirac e Schroeder perché non conosce l’inglese, al Centro di studi per la riforma dello stato, già fondato da Pietro Ingrao, dove per una Rita Di Leo c’è stata una folla di accademici ad effondersi su Bush due dando per ovvio che la guerra ha avuto sull’Iraq ottimi effetti.

La deriva era visibile, del resto, nella fatica impiegata dall’Unione per votare no al rifinanziamento del nostro contingente. Se non c’era Romano Prodi si astenevano.

Non è piacevole constatare in che stato si trova quel poco di progressismo che restava e dover felicitare governi come quello francese, tedesco e russo dei quali nulla ci attira. Ma i fatti sono fatti: soltanto le ex grandi potenze avvertono il pericolo che Bush due rappresenta. Si tratta di un complesso militare industriale senza precedenti nella storia, spalleggiato da un fondamentalismo cristiano e da una ostentata filosofia padronale basata sulla tesi che o sei un imprenditore o sei un escluso.

Su questo Bush ha vinto trionfalmente il secondo mandato sbaragliando gli inetti democratici, nei quali abbiamo a torto sperato. E dietro di lui ce n’è, al Senato e al Congresso, di peggio.

Un giorno si dirà che ci stiamo avviando, in condizioni diverse, a una seconda Monaco. Diverse perché Bush non è affatto un nazista, ma non lo erano neanche Giulio Cesare o Gengis Khan o Napoleone. Come loro non nasconde l’ambizione imperiale di diffondere con le buone o con le cattive il suo ordine nel mondo. E se, eccezion fatta per Berlusconi e Blair, nessuno ama questa America, la crisi della sinistra lascia spazio di resistenza a qualche orgoglio nazionale ma non permette di contrapporre un’idea di società e di convivenza internazionale diversa da quella di Washington. Se l’Europa non si da’ una mossa per separarsene, pacificamente ma con nettezza, non sarà mai altro che un mercato regionale e una pallida entità politica.

http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/26-Febbraio-2005/art6.html