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F.COLOMBO : UN PO’ DI FELICITA.

Publie le domenica 6 febbraio 2005 par Open-Publishing
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Dazibao Governi

di Furio Colombo

Se questo fosse già un Paese normale, con una stampa e una televisione normale, gli italiani avrebbero visto in diretta, e constatato in ogni cronaca, un fenomeno sorprendente: Silvio Berlusconi è apparso di colpo molto piccolo, un nano (l’affermazione è politica) non solo a confronto con i suoi avversari, ma accanto all’Italia, ai suoi cittadini preoccupati, ai suoi problemi che sembrano ormai sfuggire al controllo, accanto a operai e imprenditori che cercano di capire come mai non si vede il futuro, accanto a studenti, insegnanti, intellettuali, ricercatori che cercano di orientarsi nel vuoto, commercianti e piccole imprese a cui sfugge di mano il filo e il senso del contenitore Italia, dove la gente non compra, chi produce non vede, chi sa non può condividere il suo sapere, chi è bravo non può fare ricerca, chi costruisce non ha committenti o sostegni, mentre diminuiscono fino a sparire sicurezza e legalità.

Ha scritto ieri su “La Repubblica” Michele Serra: «È una brutta cosa che tutto ciò accada. Ma è anche peggio che venga chiamato estremista chi lo racconta».

Ma il precipitare verso misure politicamente irrisorie del capo del governo, di Forza Italia, della coalizione immersa in un continuo, furioso litigio detto "Casa della Libertà", e di una costellazione di grandi aziende mediatiche, pubblicitarie, assicurative, bancarie, si deve prima di tutto a ciò che Berlusconi ha fatto e detto di sua iniziativa negli ultimi tre giorni, che adesso appaiono come una improvvisa rivelazione. È vero, a causa del blocco delle informazioni che incatena l’Italia non tutti, non tanti italiani si sono resi conto in pieno dell’evento.

Ma l’evento ha finito per venire alla luce proprio per la succube fedeltà dei media: Berlusconi ha voluto precipitosamente correre davanti alle telecamere perché temeva di esser oscurato.

Temeva, lo sappiamo, di essere oscurato dal Congresso Ds. No, non ne teme il lavoro, l’impegno, gli argomenti, i programmi, i protagonisti o la retorica politica e neppure le polemiche contro di lui. Berlusconi sa - è il suo problema - di essere superiore a tutto, disprezza apertamente persino i suoi alleati e i suoi diretti dipendenti (che pure lo servono con fervore). Temeva che tutta quella enorme messa in scena di donne e di uomini che si affannano a disegnare un percorso di rinascita per l’Italia, di ritorno alla normalità di un intero Paese deragliato, non lo riguardasse. Dirò meglio: sapeva benissimo che si sarebbe tornati continuamente a lui e al suo nome con un po’ di denigrazione, molte accuse di incapacità e frecciate alla sua immagine, ora drammatiche (perché drammatica è la situazione italiana) ora spiritose. Ma la sua vera preoccupazione, un’ansia così incontenibile da spingerlo all’imprudenza, al grave errore mediatico (proprio lui) era l’irrompere, al centro della scena, dei fatti e problemi con cui si dibatte l’Italia. In questo l’unico presidente del Consiglio Europeo che risieda ufficialmente in una villa abusiva, ha avuto fiuto, più fiuto di molti illustri commentatori ed editorialisti che pure gli stanno vicino. Berlusconi ha capito che il Congresso Ds sarebbe stato un lavoro di costruzione e non una rissa. Ha capito che non sarebbe stato un convegno in politichese ma una serie di affermazioni e proposte in chiaro italiano, sul modo di ricostruire l’Italia. Ha capito, da buon Mago di Oz, il pericolo: avrebbero portato in scena l’Italia nelle sue dimensioni reali, devastazioni, problemi, speranze.

Un capo di governo normale, in una normale democrazia sa di essere esposto a bufere di critiche, chiamate anche “impegno costituzionale della opposizione”. Ma Berlusconi è un Mago di Oz stizzoso e vendicativo, a cui non va giù la critica, neppure la più mite. Lui nutre una sincera adorazione per se stesso che, come sappiamo, gli fa velo (ovvero gli fa perdere il controllo) quando si levano voci di dissenso. Con buon istinto, però, Berlusconi ha visto subito il vero pericolo: non che si parlasse male di lui, che è già inaudito, ma che si parlasse bene dell’Italia, intesa come un Paese carico di energia e di valori che, se governato da gente pulita, competente, normale, può rifiorire. Sperava, come i suoi molti editorialisti, in una bella zuffa a sinistra. Ma ha capito un attimo prima che se lasciava libero il video, molti spettatori avrebbero intravisto come può, in altre mani, rinascere l’Italia e tornare ad essere un libero, normale e prospero protagonista della nuova Europa.
Il leader politico della più grande impresa mediatico-pubblicitaria che abbia mai governato un Paese democratico, non lo poteva permettere. Di qui la corsa a mettere insieme in poche ore una assemblea di impiegati, detto “consiglio nazionale di Forza Italia”, una cosa che nessuno ha mai eletto e che non ha alcuna parentela con la democrazia. Di qui la decisione di far spettacolo, occupando televisioni, radio e giornali, non come lui ritiene giusto (sempre) ma almeno secondo quella «par condicio» che lui detesta e che si appresta a far cancellare dalle leggi italiane.

L’idea era questa: qualunque cosa voi diciate, io griderò «comunisti!», ricorderò Foibe jugoslave e Gulag sovietici come ho fatto nel Giorno della Memoria invece di parlare di Fossoli, della Risiera di S. Saba e dei delitti italiani della Shoah. E poiché sono molti - per ragioni di lavoro - a venirmi dietro, mi basterà denunciare, momento per momento, coloro che osano criticarmi. Se sarà necessaria qualche calunnia non ci tireremo indietro, deve aver detto ai suoi impiegati che hanno compilato e distribuito il «dossier» su l’Unità, altra trovata per deragliare l’attenzione degli italiani dal Congresso Ds.

Dove sta il clamoroso errore mediatico del nostro uomo, motivato, come sempre, da cattive intenzioni ma non furbissimo? Abituato ai suoi circhi di cartapesta, alle sue «Pratiche di mare» con statue finte e giardini di plastica, a ritornare da convegni internazionali assicurandoci di avere sistemato il problema del dollaro, tutto Berlusconi si sognava, tranne che il Congresso Ds, invece di dibattere dei rapporti fra Stalin e Bucharin, si dedicasse a discutere l’Italia trasformando il congresso in tre grandi occasioni: porre fine alle divisioni, mettere il leader di tutta l’opposizione al centro del ruolo e della visibilità, presentare punto per punto, problema per problema, dentro l’Italia e nella politica estera, un vero impegno di governo.

Ecco dove è apparso all’improvviso il problema di Berlusconi. A confronto con fatti veri, la sua figura non si vede. Accanto a un programma che non si occupa del passato ma del futuro, Berlusconi non si nota. Se confrontate veri problemi con un leader invadente, autoritario, intollerante, ma vistosamente incompetente capo di un governo che dovrebbe fermare il rotolare in basso dell’Italia smettendola di mentire, la sua figura scompare. Niente fa pensare che chi ha creato tutti i problemi italiani possa risolverli. Sempre meno cittadini ci credono.

E proprio mentre lui - Berlusconi - voleva attrarre l’attenzione su di sé, ripetendo le sue accuse di comunismo che hanno smesso di fare colore e ormai irritano anche gli alleati (si veda la tempestosa rivolta di molti delegati durante il Congresso del Pri di La Malfa), al Congresso Ds ha cominciato a parlare Romano Prodi. E subito si è sentito il tono adulto, autorevole ma anche equilibrato e normale di quel congresso. C’è un partito che mostra forza e unità, e la capacità di contribuire in modo robusto alla coalizione di opposizione. Questo partito fa spazio e presenta al Paese il leader che guiderà il più importante confronto elettorale che l’Italia abbia mai vissuto.

Per un errore di protagonismo di Berlusconi, la sua voce modesta, risentita, vendicativa, tutta dedicata a un inesistente passato, si è sentita nel suo improvvisato controcongresso. Proprio mentre in un luogo vero, fra gente vera, in circostanze storicamente rilevanti, gli italiani, potevano ascoltare la voce, le idee, i progetti di Prodi, tutti volti al presente drammatico in cui si dibatte il Paese. E ciò avviene non sotto il comunismo ma sotto Berlusconi, ai tempi in cui Gasparri, ministro di Polizia della Informazione, paragona Fassino ai terroristi (dichiarazione all’Ansa, 5 febbraio, ore 20), ai tempi in cui Lunardi, ministro dei Trasporti, dice agli automobilisti congelati della A3 che chiedono aiuto «Arrangiatevi. Io non sono il ministro delle nevicate». Ai tempi in cui il presidente della Regione Sicilia e leader della coalizione berlusconiana nell’isola è coinvolto in un processo di mafia.

Prodi dice: «L’Italia ha bisogno di verità, non di promesse ma di soluzione, di un disegno per tutti che prevalga sugli interessi di parte, perché se si lasciano prevalere gli interessi di pochi si rovina il Paese».

Prodi dice: «Dobbiamo dire tutta la verità al Paese, sul suo stato di salute, sulla sua distanza dal resto dell’Europa. Non si governa affidandosi ai sondaggi. Un leader deve avere il coraggio di prendere anche decisioni sgradite, se è necessario».

Il problema dell’uomo di villa Certosa, residenza abusiva del primo ministro, è di farsi trovare in scena mentre parla Prodi, di farsi cogliere dalle telecamere mentre è intento a fare siparietti sul comunismo senza accorgersi che ha già esaurito sia il suo repertorio di bonomia e barzellette, sia quello di minacce, morte e sangue del suo repertorio tragico. Prepara una scenata contro il socialismo riformista contiguo al comunismo contiguo al terrorismo, affidato, con grave azzardo istituzionale, al ministro degli Interni Pisanu. E tutto ciò mentre Prodi, da adulto, da esperto, da leader, diceva: «Chi si candida al governo deve parlare all’intero Paese. E noi avremo un Paese unito, forte, che si alza in piedi per ricominciare a camminare. Dobbiamo tornare per le vie del mondo per dimostrare che l’Italia è grande e forte».

Sono seguiti sussulti penosi e un po’ infantili di rabbia, frasi del tipo «hanno l’unico fine di conquistare il potere. Questa pura eventualità, che resterà tale perché noi la impediremo, getterebbe il Paese nel caos e nella ingovernabilità». Oppure: «I comunisti non sono come prima, sono peggio di prima». Ecco lo scherzo giocato dal vero Congresso Ds al finto congresso aziendale di Berlusconi. I tg comandati da Gasparri c’erano. L’uomo che dovrebbe guidare il Paese fuori dalla rovina che lui ha provocato, è apparso a tutti nelle sue vere dimensioni, rispetto al mondo politico adulto. Piccolo, molto piccolo. Non è una questione di tacchi. Lo ha detto Fassino nel suo discorso di chiusura. «Piccolo, a confronto con un grande disastro».

Giustamente, guardando a questo paesaggio, Romano Prodi ha concluso: «L’Italia merita un po’ più di felicità».

http://www.unita.it/index.asp?topic_tipo=&topic_id=40725

Messaggi

  • Qui si parla di berlusconi,inteso come nano in politica.

    Uno che s’ispira a Goebells, nel 3 millennio, perchè pensa che i cittadini siano una massa di ignoranti d’addomesticare con le sue Tv, uno che fà un pamphlet contro un giornale che critica la sua politica(critica sacrosanta in democrazia), uno che fà un congresso di Forza Italia(che nome) per cercare di oscurare il congresso dell’opposizione e che in questa assemblea quasi deserta è capace di ripetere per 2 giorni calunnie e insulti verso la sinistra, che afferma di essere lui il bene con 21 processi sul groppone per frode,corruzione, falso in bilancio, mafia e altro, uno che in due giorni non ha saputo spendere una parola sulla situazione del Paese, non è un NANO?

    Preferisci un piccolo Duce fuori epoca?

    Un piccolo Cesare?

    Sempre piccolo è. Enorme è soltanto la sua volontà di sopprimere il dissenso e quindi la democrazia e la legalità Enormi sono la sua scorrettezza,la sua capacità di abbindolare il prossimo, la sua voglia di restare al potere per non dover rispondere davanti alla giustizia dei suoi crimini.

    Giganteschi i suoi interessi privati che tutela con la sua carica pubblica. Un’eversione gigantesca, contro i diritti di tutti i cittadini, la sua convinzione e le sue affermazioni che davanti alla legge lui è piu uguale degli altri. Metti tu l’accento su una di queste aberrazioni. Quella che preferisci.

    Io penso che lo puoi mettere su tutte.

    Patrizia