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IL BILANCIO

Publie le venerdì 6 maggio 2005 par Open-Publishing
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A proposito delle parole di Georges Marchais sul "bilancio globalmente positivo" del "socialismo reale" (1980)

IL BILANCIO

Di Jean Ferrat tradotto dal francese da karl&rosa


Quanti rospi giù per la strozza
Da Praga a Budapest da Sofia a Mosca
Stalinisti zelanti le studiavano tutte
Per farvi firmare le confessioni più brutte
Avevate combattuto i fascisti criminali
Alla macchia e nelle brigate internazionali
La vostra gioventù era la storia del mondo
Vi chiamavate Kostov Slansky o London

In nome dell’ideale che ci faceva battere
E che oggi ancora ci spinge a combattere

Che insulti dovevamo applaudire
Complotti denunciare scoprire
Smascherare traditori processi buoni
Carceri meritate giuste impiccagioni
Abbiamo creduto ai deviazionisti
Ai decadenti agli scrittori spie dei fascisti
Ai sionisti borghesi ai rinnegati di Tito
Ai calunniatori della rivoluzione del mito

In nome dell’ideale che ci faceva battere
E che ancora oggi ci spinge a combattere

Ci hanno fatto approvare gli orrori
Che certi ancora definiscono errori
Niente di più facile di un errore
Per cancellare anni di terrore
Quel socialismo era una caricatura
I tempi cambiano ma l’ombra perdura
In fondo al cuore ho un livido nero
E in bocca per sempre la sete del vero

In nome dell’ideale che ci faceva battere
E che ancora oggi ci spinge a combattere

Ma quando sento "bilancio" positivo
Penso per forza a tutto il passivo
Ai milioni di morti dentro fuori le bare
A quelli ai quali dovremmo domandare
Non chiedetemi un’anima da ragioniere
Per cantare un secolo di tragedie nere
La conquista proposta sottobanco sarà
Un cadavere aggiunto alla contabilità

In nome dell’ideale che ci faceva battere
E che ancora oggi ci spinge a combattere

Bisogna inventarsi un altro futuro
Senza idoli modelli ma con passo sicuro
Senza verità senza domani nella mente
Una felicità inventata definitivamente
Un avvenire un po’ meno sofferto
Gli occhi aperti sulla realtà certo
Un avvenire che dirigiamo con zelo
Contro tutti i poteri della terra e del cielo

In nome dell’ideale che ci faceva battere
E che ancora oggi ci spinge a combattere


Jean Ferrat

Amore, tenerezza, lotta. Jean Ferrat resta per tutta la sua carriera un uomo fedele al suo impegno. Ammiratore del poeta Aragon, compagno di strada del partito comunista, Ferrat dichiara che "la donna é l’avvenire dell’uomo". Ai margini dello show business, ognuna delle sue apparizioni é ormai un avvenimento.

Jean Tenenbaum, il futuro Jean Ferrat, nasce il 26 dicembre 1930 a Vaucresson, nella regione parigina. E’ il più giovane di una modesta famiglia con quattro figli allevati dal padre gioielliere e dalla madre fioraia. Nel 1935, i suoi genitori si stabiliscono a Versailles, dove qualche anno dopo Jean entra alla scuola media Jules Ferry. Allo scoppio della seconda guerra mondiale suo padre viene deportato. A 15 anni, Jean lascia il liceo per lavorare, aiutando un po’ la famiglia. Parallelamente, intraprende degli studi di chimica, ma già la sua attrazione per la musica ed il teatro si delinea molto nettamente.

Dall’inizio degli anni 50 entra in una troupe teatrale e comincia a frequentare i cabaret. Compone qualche canzone e diventa chitarrista in un’orchestra jazz. A partire dal 52, sostiene delle audizioni con il nome di Jean Laroche, ma senza troppo successo. Intanto decide di dedicarsi interamente alla musica ed abbandona gli studi e il lavoro.

Nel 1956 mette in musica una poesia di Louis Aragon, "Gli occhi di Elsa". Jean Ferrat nutre una grande ammirazione per il poeta francese, molte poesie del quale canterà per tutta la sua carriera. Al suo editore di allora viene l’idea di far interpretare questa canzone da André Claveau, cantante molto popolare negli anni 50, e questo procura un po’ di notorietà al giovane artista. Non per questo le scritture si moltiplicano. Ma nel 1957 firma un vero contratto al cabaret La Colombe, dove fa la prima parte dello spettacolo di Guy Béart con la cantante Anne Sylvestre, anche lei debuttante.

Nel 1958 registra un primissimo 45 giri, che pero’ non ha successo. Lo stesso anno, una giovane cantante, Christine Sèvres, interpreta qualche sua canzone. Diventa la sua compagna, poi sua moglie nel 61.

Un cantante impegnato
Jean Ferrat, che incontra nel 1959 colui che, fino ad oggi, resterà il suo editore ed amico, Gérard Meys, passa alla velocità superiore. Grazie a questo incontro, firma un contratto con Decca. Poi, nel 1960, esce il suo secondo 45 giri con quattro canzoni, di cui "Ma Môme" (La mia ragazza, NdT), canzone popolare che é diventa il suo primo successo alla radio. Sullo stesso disco si trova anche una canzone dedicata a Federico Garcia Lorca, poeta spagnolo al quale dedicherà altre canzoni e di cui canterà le poesie. Queste due canzoni illustrano bene le due direzioni che prende l’opera di Ferrat: da una parte un repertorio dedicato all’amore ed alla fraternità, dall’altro uno motivato dalla lotta contro ogni forma di oppressione. Questi due aspetti, d’altronde, si mescolano spesso, ma l’impegno politico ed umano dell’artista resta una caratteristica essenziale del suo lavoro. Vicino al partito comunista, manterrà sempre un giudizio molto critico riguardo all’Unione sovietica. Questo aspetto della sua carriera sarà causa di molte noie con la censura e le autorità ma, forte di una personalità sincera ed integra, Jean Ferrat non cesserà mai di esprimersi sugli argomenti che gli ripugnano.

Nel 1961 Jean Ferrat viene scritturato per sei mesi all’Alhambra nello spettacolo della cantante e ballerina Zizi Jeanmaire. Esce anche il suo primo 33 giri, che ottiene il Premio della SACEM (Società degli Autori Compositori). Questa volta, la sua carriera é avviata, ma non si tratta ancora di un vero successo pubblico. Nel 1962 parte in tournée attraverso la Francia ed ottiene numerosi premi: il Premio Henri Crolla per la canzone "Federico Garcia Lorca", il Premio della Società degli Autori ed il Gran Premio dell’Accademia Nazionale del Disco. Il riconoscimento professionale é incontestabile. Il pubblico comincia ad interessarsi realmente a lui con la canzone "Deux enfants au soleil" (Due bambini al sole, NdT) tratta dal primo album e resa celebre dall’interpretazione di Isabelle Aubret.

Il secondo 33 giri, che esce nel 62, é un piccolo successo, ma il vero inizio é nel 1963, con l’album "Notte e nebbia". Questa canzone, che ricorda la deportazione, é importante nel suo repertorio e impressiona fortemente, fino ad oggi. La diffusione della canzone é piuttosto "sconsigliata" alle radio, ma il pubblico non resta indifferente alla forza dei sentimenti di Jean Ferrat. Questo album, interamente scritto da Jean Ferrat, riceve il premio dell’Accademia Charles Cros.

Nel 1964 esce un altro dei suoi successi più famosi, "La Montagne". Questa canzone, estratta dall’album dallo stesso titolo, evoca l’Ardèche, regione francese cara a Jean Ferrat, che si stabilisce in quell’anno nel villaggio di Antraigues, che non lascerà mai.

Nel gennaio 1965 é la vedette dell’Alhambra. Esce anche un nuovo album, dal titolo "Potiomkin", che provoca di nuovo una discussione intorno al comunismo ed all’Unione sovietica, che Ferrat punzecchia nel suo testo. Questa canzone, vietata in Francia alla televisione, gli impedisce di fare, poco dopo, un viaggio in URSS.

Nello stesso anno, cambia lavoro scrivendo la musica di due film, uno dei quali é quello di René Allio "La Vieille Dame indigne". Poi, nel gennaio 1966, risale sul palcoscenico, stavolta a Bobino.

1967: viaggio a Cuba
Nel 1967 Jean Ferrat fa un viaggio a Cuba che lo segna artisticamente, politicamente e umanamente. Il soggiorno dura due mesi e mezzo e Ferrat vi da una dozzina di concerti. Dal suo ritorno, dopo un breve periodo in Messico, registra un album fortemente impregnato da questa esperienza. Le canzoni sono "Santiago" e "Guerilleros". E’ in seguito a questo viaggio che il cantante si lascia crescere i suoi celebri baffi.

L’anno seguente é il 1968 ed il suo celebre mese di maggio. Jean Ferrat partecipa a delle serate organizzate per gli scioperanti a Bobino. Ma quando i carri armati russi invadono Praga, in Cecoslovacchia, riprende la penna per protestare. Ormai conosciutissimo, fa una tournée dietro l’altra in Europa, in Africa del Nord e in Canada, dove é popolarissimo.

Appassionato di poesia, talvolta fa appello a scrittori e poeti per scrivere i suoi testi. Uno dei suoi principali compagni in materia di scrittura é il suo amico, il poeta Henri Gougaud, con il quale scrive gran parte delle canzoni dell’album che esce nel 1969. Della loro collaborazione si ricorda "La Matinée", duo fra Ferrat e sua moglie. Per questo album, Jean Ferrat ha altre noie con la censura, soprattutto per la canzone "Ma France" (la mia Francia, NdT).

1971: nuovo incontro con Aragon

Oltre ad un nuovo album nel 1970, il cantante si esibisce in dodici recital trionfali al Palazzo dello Sport e continua le tournées. L’anno seguente Jean Ferrat ritrova Louis Aragon e pubblica il celeberrimo album "Ferrat canta Aragon". Uscito discretamente, di questo disco si vendono in qualche mese circa un milione di copie, raddoppiate dopo di allora. Un secondo disco esce lo stesso anno con un’altra versione molto nota di una poesia di Aragon "Amare fino a perdere la ragione".

Stanco delle tournées, Ferrat decide di dare l’addio al palcoscenico nel 1972, dal 6 al 29 ottobre, al Palazzo dello Sport. Lo stesso anno, anche Christine Sèvres smette di cantare completamente. A partire da allora, Jean Ferrat si fa più raro. Le sue produzioni discografiche si diradano e, dopo un’ultima tournée nel 1973, non lo rivedrà quasi più sul palcoscenico.

Alla fine del 1975, torna a far parte dell’attualità musicale con il suo album: "La Femme est l’avenir de l’homme" (La donna é l’avvenire dell’uomo, NdT). Il successo é enorme e in un mese vengono venduti 500.000 album. Oltre alla canzone-titolo, che, con "La Montagne" é forse la sua canzone più celebre, vi é da notare un testo contro la guerra del Vietnam ("Un air de liberté") (Un’aria di libertà, NdT), una nuova poesia di Aragon ("Dans le silence de la ville") (Nel silenzio della città, NdT) e una di Henri Gougaud ("Mon chant est un ruisseau") (Il moi canto é un ruscello, NdT).

L’anno dopo, registra nuovamente una decina di titoli degli inizi della sua carriera. Poi, nel 1979, pubblica un altro album di vecchie canzoni, scelte questa volta nella sua produzione degli anni 70.

1980: "Il Bilancio"

Alla fine degli anni 70 la sua casa di distribuzione Barclay, proprietaria di gran parte della sua produzione, viene acquistata da Polygram. In quest’occasione Jean Ferrat ed il suo complice ed editore Gérard Meys decidono di registrare nuovamente la maggior parte dei suoi titoli, per conservarne i nastri. Arrangiati da Alain Goraguer, centrotredici titoli vengono dunque riattualizzati fra il 1979 e il 1980. Nel settembre dell’80 escono i dodici volumi che riuniscono questo lavoro. Lo stesso anno esce un album del quale firma l’integralità dei testi e delle musiche, "Il Bilancio". In qualche settimana le vendita raggiungono un milione di copie. Il titolo dell’album rispecchia la presa di distanza sempre maggiore di Ferrat dal partito comunista. Parallelamente, si trovano in questo album magnifiche canzoni d’amore e di tenerezza come "L’amour est cerise" (L’amore é ciliegia, NdT).

Nel 1981 riceve il Diamante dell’anno per l’insieme della sua opera.

Dopo la morte di sua moglie Christine Sèvres nel novembre 1981, Jean Ferrat si ritira, qualche anno prima di registrare un nuovo album, che esce nel 1985, "Je ne suis qu’un cri" (Sono solo un grido, NdT). I quattordici testi del disco sono tutti scritti da Guy Thomas, poeta e professore di Lettere. Quell’anno Jean Ferrat torna anche sui media, avvenimento molto notato e commentato, in una trasmissione speciale progettata da Bernard Pivot, il più celebre giornalista letterario della televisione francese.

La lotta per la canzone francese
Nel 1990 la SACEM gli consegna la medaglia d’oro. L’anno seguente Ferrat pubblica l’album "Dans la jungle ou dans le zoo") (Nella giungla o nella zoo, NdT) di cui firma tutti i titoli. Due anni dopo, nel 1989, bicentenario della Rivoluzione francese, Ferrat ricorda quest’avvenimento nel "Bicentenaire". L’amore non manca con "Chante l’amour" (Canta l’amore, NdT) o "Mon amour sauvage" (Il mio amore selvaggio, NdT), quanto al titolo dell’album, esso illustra di nuovo l’aspetto politico della sua opera, evocando il mondo capitalista ("la jungle") ed il mondo comunista ("le zoo"). Come nel 1985, viene progettata una trasmissione televisiva per l’avvenimento rappresentato dal rientro di Jean Ferrat, artista sempre più raro eppure popolarissimo ed apprezzato da un vasto pubblico. Quasi vent’anni dopo aver lasciato il palcoscenico, questa trasmissione permette a Ferrat d’interpretare una quindicina delle sue canzoni, accompagnato da un’orchestra di quaranta elementi, diretti da Alain Goraguer.

Dopo un’integrale 61-91, che esce nel 1991, Jean Ferrat si dedica al primo volume di un’integrale Ferrat/Aragon che esce nel 92, seguita da un secondo volume di sedici nuove poesie. Il disco si vende benissmo e diventa Disco di platino (300.000 copie vendute). A questo successo si aggiunge una tournée nel Québec nel 1995.

Dopo che non lo si era più rivisto sul palcoscenico dal 1972, Ferrat canta in pubblico in un piccolo festival nel sud della Francia, ad Alès, l’8 agosto 98. In effetti il cantante interpreta una sola canzone, alla fine di un concerto dato in suo onore e nel corso del quale un coro di 700 elementi riprende i suoi più grandi successi. Due anni dopo, tocca al Festival di Barjac, nel Sud della Francia, a far onore a Jean Ferrat. Numerosi invitati, fra cui Isabelle Aubret, cantano il suo repertorio.

Nel 2001 e 2002 Jean Ferrat se la prende con i media pubblici. Secondo lui, escludono volutamente numerosi artisti francesi, sacrificandoli alla varietà commerciale. In una lettera alla direttrice generale della seconda rete televisiva francese, Michèle Cotta, poi in alcuni articoli sulla stampa, prende le difese, in particolare, di Isabelle Aubret. Invitata rarissimamente alla televisione, per Jean Ferrat ella é l’emblema di una gran parte della canzone francese, assente dai media a spese della "diversità culturale".

Falso ritorno
Alla fine del 2002 il cantante pubblica "Ferrat in scena", registrazione realizzata in pubblico nel 1991, con arrangiamenti del suo amico Alain Goraguer. Nel gennaio 2003 é invitato ad una celebre trasmissione domenicale francese, "Vivement dimanche" per presentare "Ferrat in scena".

Artista generoso, nel corso della sua carriera Jean Ferrat ha scritto per alcuni altri cantanti, come Daniel Guichard ("Mon vieux") (Vecchio mio, NdT). Ma soprattutto, é stato molto cantato da grandi cantanti come Juliette Gréco o Isabelle Aubret, la sua più celebre interprete.

http://www.rfimusique.com/siteFr/bi...

http://bellaciao.org/fr/article.php3?id_article=14342

Messaggi

  • Complimenti per l’articolo che rispecchia bene la biografia dell’artista e che trovo per la prima volta in italiano,conosco bene jean ferrat in quanto negli anni sessanta abitavo in Francia ho tutti i suoi CD è il mio cantautore francese preferito. a mio avviso è uno dei più grandi insieme a Trenet,Brassens,Ferré e Brel. Mi dispiace che non sia conosciuto in Italia
    Denis Gemmani