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Il governatore della Puglia blocca i poligoni dell’Alta Murgia. La contentezza dei pacifisti

Publie le mercoledì 21 settembre 2005 par Open-Publishing

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Vendola come Soru: contro le servitù militari

di Laura Eduati

Vendola imita Soru e blocca i poligoni militari dell’Alta Murgia. Per quanto? Non si sa. Intanto, però, il neo presidente della regione Puglia ha fatto una precisa scelta di campo e i pacifisti - pugliesi e italiani insieme - lo applaudono entusiasti.

E’ successo così: il 15 settembre doveva riunirsi il Comipa, il comitato misto paritetico per le servitù militari, per discutere sul calendario delle esercitazioni nei cinque poligoni e sul riassetto delle servitù militari della regione, la più militarizzata d’Italia. Nichi Vendola, però, non si è presentato, mandando all’aria il meeting.

E tenendo fede alla promessa elettorale secondo la quale si sarebbe battuto contro il potenziamento della nuova base navale di Taranto, per il Pentagono punto strategico nella riorganizzazione delle basi militari nel bacino mediterraneo. «Se servirà mi metterò di traverso», aveva annunciato. E difatti. Con questo gesto Vendola si allinea così al presidente della regione Sardegna, Renato Soru, che già da tempo si è schierato contro le servitù militari all’interno del Comipa sardo. Ed è stato proprio Soru, nei giorni scorsi, ha proporre a Nichi un incontro con l’ambasciatore Usa in Italia.

I cinque poligoni in questione si trovano all’interno del Parco naturale dell’Alta Murgia. Un paradosso che si spiega così: nell’83 una delibera regionale espropriò ventimila ettari di terra per farvi, appunto, dei campi di esercitazione, ad uso di militari Nato, americani e italiani. Uno di questi, il poligono Torre di Nebbia, con i suoi diecimila ettari è il più vasto d’Italia. Nel 2004, dopo il caso "Murgia avvelenata" - gli ambientalisti denunciarono il riversamento di fanghi tossici, in seguito allo stoccaggio di scorie nucleari militari -, finalmente lo Stato istituiva il Parco naturale dell’Alta Murgia, dove è vietato cacciare ma è possibile simulare una guerra coi carri armati, e dove è impossibile organizzare attività didattiche proprio a causa delle esercitazioni. «Tutto questo deve finire», commenta Piero Castoro, il portavoce dell’associazione Torre di Nebbia, catalizzatrice di proteste popolari contro le servitù militari della zona. «Perciò speriamo, con il fattore Vendola ormai a nostro favore, di abolire i poligoni e preservare l’ambiente della Murgia».

La Puglia è armata fino ai denti. Oltre ai poligoni si contano la polveriera di Poggio Orsini, bunker che nascondono scorie nucleari, il poligono di Punta della Contessa - vicino Brindisi -, la caserma Locatelli accanto ad Altamura, le basi navali di Taranto (la più grossa della Nato nel Mediterraneo) e Brindisi, e le basi Nato di Martina Franca e Gioia al Colle. Non è finita qui: è in fase di progettazione una terza base navale nel molo polisettoriale di Taranto, una base che questa volta risponderà agli ordini di Washington. Gli americani, in questo modo, mirano a costruire un interporto militare nel Mediterraneo, saltando i porti di Napoli e Gaeta, ormai non più sfruttabili. Ed è sulle basi navali che si concentra l’attenzione di Peacelink e del suo portavoce, Alessandro Marescotti, il primo a scoprire il progetto sul sito del Pentagono nel 2000. «Siamo decisamente contenti della mossa di Vendola», dice, «ma ora bisogna guardare avanti: la base di Taranto è a rischio Chernobyl, perchè di lì possono transitare i sottomarini a propulsione nucleare». Ma Taranto non lo sa. «Quando parliamo con le persone ci rendiamo conto che sono completamente disinformate». E invece, spiega, in base ad un decreto legge del 1995 i cittadini dovrebbero conoscere i piani di emergenza in caso di incidente nucleare. Tre mesi fa Peacelink, insieme con l’Arci, Wwf e Legambiente, ha chiesto alla prefettura di Taranto di visionare quei piani. Ma gli uffici non hanno ancora risposto. «E’ un diritto dei tarantini conoscerli», dice Marescotti.

Perchè il disastro atomico non è poi così remoto: nel 1978 un sottomarino a propulsione nucleare americano fece scalo a Taranto ma poi, nelle Azzorre, esplose. Nel 2000 un altro sottomarino aveva perdite di liquido radioattivo al largo della Sicilia.

A rischio anche la pesca, specialmente la mitilicoltura. La regione Puglia non stabilisce controlli sulla presenza di plutonio e di altre sostanze radioattive nei mitili, e per il momento se ne fa carico un équipe di "Scienziate e scienziati contro la guerra", che si autotassa per finanziare la ricerca.

Con l’ era Vendola una parte della società pugliese spera che la regione riscopra la propria vocazione pacifista.

«Le spese militari limitano lo sviluppo civile», è il commento di Nicola Occhiofino, assessore provinciale di Bari. Che batte le mani al presidente: «Bravo. Ma ora tutti gli enti locali lo devono sostenere, per fare della Puglia un ponte di pace sul Mediterraneo».

Soddisfatta, e molto, lo è anche Lisa Clark, dei Beati Costruttori di Pace: «Una bellissima notizia. Speriamo che anche il presidente della Toscana Claudio Martini e del Friuli, Riccardo Illy, facciano altrettanto.

Con un "ma": il ministero della Difesa ora potrebbe aprire i poligoni senza l’assenso di Vendola.

http://www.liberazione.it/giornale/050920/LB12D6D0.asp