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Immigrazione, il Vaticano contro i Cpt "Ledono diritti fondamentali"

Publie le giovedì 15 giugno 2006 par Open-Publishing

Dazibao Prigione Religioni I "senza" - immigrati

Il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace cardinale Martino accusa: "I centri di permanenza violano la dignità umana"

Immigrazione, il Vaticano contro i Cpt
"Ledono i diritti fondamentali"

CITTA’ DEL VATICANO - I centri di detenzione per immigrati e rifugiati (cpt) sparsi nel mondo, sono gravemente immorali perché ledono i diritti fondamentali dell’uomo e la dignità della persona umana. E’ l’accusa del cardinal Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace: "I centri di permanenza temporanea - ha detto il cardinale Martino - sono ridotti ormai a vere prigioni dove si violano sistematicamente i diritti dell’uomo. Occorre trovare soluzioni alternative".

Parlando a margine della presentazione della Coalizione internazionale sulla detenzione di rifugiati richiedenti asilo, organizzata presso la sede della Radio Vaticana dal Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS), il cardinal Martino si è detto convinto che "i cpt italiani sono luoghi dove viene umiliata la dignità umana".

Secondo il porporato si tratta di "una soluzione che va scoraggiata" pensando, invece, a scelte alternative dal punto di vista legislativo: "la Chiesa - ha spiegato il cardinale - proclama i diritti umani e quindi se c’è offesa a questi ultimi, le leggi non possono che apparire ingiuste. I rifugiati e gli immigrati rinchiusi in questi centri non hanno commesso nessun crimine se non quello di arrivare in Italia per una speranza di salvezza; la reclusione per loro non mi sembra una pena meritata, il quadro normativo va ripensato".

Martino ha poi ricordato che gli sbarchi di clandestini sulle coste italiane e la realtà dei cpt "sono solo la ’punta dell’iceberg’, la comunità internazionale dovrebbe mobilitarsi per correre in soccorso a questa gente nei loro Paesi d’origine, esercitando carità cristiana e quella ’globalizzazione della solidarieta a cui ha fatto spesso riferimento Giovanni Paolo II, in modo di dotare questi popoli delle capacità tecnologiche, economiche e culturali per diventare protagonisti del proprio stesso sviluppo".

(15 giugno 2006)

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