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Io, ex giudice, chiedo l’amnistia

Publie le domenica 8 maggio 2005 par Open-Publishing
4 commenti

Dazibao Estradizioni

di Fernando Imposimato

L’arresto di Angelo Izzo, il massacratore del Circeo, ha offerto al Ministro della Giustizia l’occasione per ribadire il no all’amnistia creando una ingiustificata confusione tra delinquenti pericolosi condannati per delitti efferati e i responsabili di reati di modesto allarme sociale ai quali dovrebbe applicarsi l’amnistia. Un provvedimento di clemenza viene considerato dalla maggioranza un cedimento alla illegalità ed alla delinquenza. Ma così non è: sarebbe solo un atto di giustizia. Il carcere non può continuare ad essere il luogo su cui lo Stato scarica il peso della tensione sociale che nasce da gravi disuguaglianze.

Con un aggravarsi della situazione a svantaggio dei più deboli. Appare ormai intollerabile l’inerzia con la quale chi ha la responsabilità di decidere reagisce alla drammatica condizione di vita dei detenuti. Che hanno rappresentato in modo composto e civile i loro problemi reclamando un provvedimento di clemenza. Dietro le sbarre di cinquanta carceri italiane sono state attuate forme di protesta pacifica, dallo sciopero della fame alla rinuncia dell’ora d’aria, dallo sciopero della parola e della televisione all’astensione dei lavori interni. A fianco dei detenuti che denunciano il sovraffollamento ed il degrado (i dati ufficiali parlano di circa 57.000 detenuti per strutture che ne potrebbero contenere 41.700) si batte anche la Polizia penitenziaria. Quasi 50.000 operatori del settore, Polizia penitenziaria, educatori e assistenti sociali hanno sollecitato un atto che decongestioni le carceri e permetta ai detenuti condizioni di vita più umane.

Il 95 per cento della popolazione carceraria sconta in condizioni disumane anni di carcere per reati spesso legati ai diritti fondamentali non soddisfatti ed agli anni di piombo . E mentre in Francia, in Germania ed in Inghilterra la stagione dell’emergenza è stata risolta con la liberazione per quasi tutti i «politici», in Italia sono troppi i detenuti per reati di terrorismo in espiazione di pene detentive.

Un provvedimento di clemenza appare tanto più necessario perché i reati più gravemente puniti con la detenzione sono commessi dai meno abbienti, dai disoccupati, dagli sfrattati, dai senza casa, da quelli che non hanno un reddito minimo per sopravvivere. Mentre sono di fatto cancellati dal codice delitti gravissimi come l’interesse privato in atti di ufficio ed il falso in bilancio. Sicché se un ministro dei lavori pubblici assegna a proprie imprese lavori per centinaia di miliardi, ignorando il dovere di imparzialità imposto dalla Costituzione, non andrà incontro a sanzioni. Mentre chi protesta pubblicamente per veder riconosciuto il diritto al lavoro, alla casa ed ad una vita più dignitosa rischia anni di galera.

Di questi giorni è la drastica riduzione della pena per i bancarottieri, mentre resta eccessiva quella per i reati commessi in occasione di giuste rivendicazioni sociali. La maggioranza ed il Governo, dopo avere premiato gli evasori fiscali, gli inquinatori, i deturpatori del paesaggio, i costruttori abusivi ed innumerevoli corruttori, questa volta cercano di salvare i bancarottieri che manderanno sul lastrico centinaia di lavoratori.

Ripugna al comune senso di giustizia constatare che sono in libertà a godersi i frutti dei loro delitti, i responsabili di gravissime bancarotte - le varie Parmalat e Cirio - che hanno defraudato di miliardi di euro piccoli risparmiatori. Mentre centinaia di anni di carcere sono inflitti in modo inesorabile a persone che spesso agiscono in stato di necessità. E tutto questo avviene perché da 75 anni in Italia vige un codice in cui le pene non sono state adeguate ai nuovi valori affermati dalla Costituzione. E ciò in violazione del principio di proporzione tra il fatto e la pena, affermato dalla Corte Costituzionale e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Nella situazione di dissesto sociale in cui vive una gran parte dei cittadini, impegnati a condurre lotte per far valere i loro diritti, dei provvedimenti di clemenza si porrebbero come fattori di pacificazione sociale. Del resto i gruppi più potenti hanno già ottenuto dei provvedimenti legislativi che equivalgono all’amnistia. Infatti per la bancarotta fraudolenta, la pena di 10 anni di reclusione è ridotta a 4 anni. Con una prescrizione più breve di quella prevista per i reati in difesa della proprietà e dell’ordine pubblico. Sicché i colpevoli dei reati di maggiore allarme sociale la faranno franca, mentre i responsabili di reati meno gravi dovrebbero scontare anni di galera. Gli imprenditori che frodano migliaia di persone saranno premiati da una legge truffa, inserita nel decreto sulla competitività. Un decreto che passerà con il voto di fiducia, per evitare lo scioglimento anticipato del Parlamento.

In questa situazione l’amnistia e l’indulto sono doveri ineludibili di cui debbono farsi carico tutte le forze politiche, senza distinzione di parte. Superando l’assurda barriera della maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna camera, decisa il 6 marzo 1992 da un Parlamento con decine di tangentisti responsabili di reati di corruzione, che venne sciolto dopo pochi mesi dal Presidente Scalfaro. Mentre per cambiare la Costituzione in parti essenziali che attengono ai diritti inalienabili dell’uomo basta la maggioranza della metà dei parlamentari.

da "Il Manifesto" 7/5/2005

Messaggi

  • Le do pienamente ragione, io sono una parente di un detenuto della casa circondariale di torino è posso garantire che forse è ancora più che disumano l’ambiente dove i detenuti sono costretti a vivere: senza mezzi termini vivono in compagnia di scarafaggi e topi e quando vanno nelle docce devono fare attenzione a dove toccano per pericolo di malattie (l’anno scorso ci sono stati casi di Salmonella) oppure che non gli cada l’intonaco che cade a pezzi in testa. Dato che ai detenuti deve essere garantita dignità e igiene, lo stato sta violando le regole della costituzione e dell’ordinamento penitenziario, che prevedono che queste cose siano dei diritti da garantire al detenuto. noi ci ribelleremo e urliamo con tutta la nostra rabbia BASTA!!!!!!!!!!!

  • vorrei sapere ancora una volta se voi parlamentari di forza italia mi potreste aiutarmi vivo in germania perche non posso rientrare in italia per motivi che nel 1990 al 1994 vivevo in sicilia a vendere musiche cassette ed sono stato condannato parrecchie volte da varie preture siciliane ,adesso vorrei rientrare in sicilia ma non posso soltanto se ci sara una piccola amnnistia dopo la morte del papa .tutti in agosto vanno in ferie ma io con la mia famiglia non possiamo andarci ,poi non sono un delinguente cercavo di guadagnarmi qualche 10000 lire per campare i miei fifli ,non ho rubato niente a nessuno, soltanto voi che siete in maggioranza lo potete farlo ,io mi sento peggio di essere in gallera datemi qualche risposta se anche se e negativa la risposta grazie a tutti parlamentari di da parte galati carmelo germania

    il parlamento penza hai affari loro non penzono che ci stanno molti persone che stanno aspettanto questa benedetta amnnistia stanno cercando di prendere tempo cosi tutte le persone che aspettano dimenticano di questa amnnistia fatemi sapere una risposta psitiva ho negativa

  • Giustizia. Ass. Detenuto Ignoto: riforma non prescinda da atto di clemenza

    Roma, 25 maggio 2005

    • Dichiarazione di Irene Testa, segretario dell’Associazione “il Detenuto Ignoto”

    La minaccia agitata dal sottosegretario alla Giustizia, l’on. Luigi Vitali, di una rapida approvazione del decreto salva-Previti, costituisce una ennesima, tremenda spada di Damocle sul capo della già bistrattata situazione delle carceri in Italia.

    Le norme contenute nel DDL ex-Cirielli che si riferiscono agli aumenti di pena e all’esclusione da ogni beneficio di trattamento per i recidivi, costituenti l’80% della popolazione detenuta, porteranno in breve tempo a un aumento di più del 30% delle presenze in carcere. Questo a fronte di una situazione attuale di oltre 16.000 cittadini detenuti di troppo rispetto alla capienza penitenziaria legale.

    Approvare il decreto ex-Cirielli, con queste norme, vorrebbe dire condannare la detenzione a condizioni simili a quelle dei lager, oltre che condannare la giustizia penale intera a persistere e a rafforzarsi nei suoi caratteri di illegalità, ineguaglianza e classismo.

    Data la premessa, che non dovrebbe lasciare indifferenti, almeno, tutti coloro che poco tempo fa proclamavano il loro impegno per una rapida discussione e approvazione di un provvedimento di amnistia, ci si augura che questi, ma anche tutti gli altri componenti della Commissione Giustizia tengano in dovuta considerazione l’insostenibilità della situazione maturata e la sua eventuale ignobile deriva, e si adoperino in primo luogo per un atto di clemenza, condizione che appare prioritariamente necessaria perché si possa ragionare di qualsiasi riforma della Giustizia

  • Il marocchino dimenticato in carcere

    di Franco Corbelli

    Abdelhakim Abdelkrim è un immigrato marocchino. detenuto in Calabria, che ha
    perso i genitori, un fratello e una sorella nella tragedia ferroviaria di
    Rometta Marea(Me), ed ha due nipotini rimasti orfanelli.

    Quest’uomo per protesta ha iniziato lo sciopero della fame ed ha scritto
    alcune dignitose lettere al Movimento Diritti Civili chiedendo di essere
    aiutato. L’uomo chiede solo "un atto di giustizia e pietà umana".

    Il marocchino era arrivato in Italia 25 anni fa. Ha sempre lavorato in
    Italia per mantenere la sua povera famiglia in Marocco. In un periodo di
    difficoltà e di disperazione ha commesso dei reati contro il patrimonio e
    per questo è stato condannato.

    Da Messina si era trasferito a Milano. Una volta arrestato è stato poi
    trasferito nel carcere di Palermo. E dalla città siciliana in un carcere
    della Calabria, dove si trova tuttora. Quando era detenuto a Palermo erano
    venuti a trovarlo i genitori, due fratelli e due nipotini. Tutta la famiglia
    rimase coinvolta nella tragedia ferroviaria di Rometta Marea(Messina).
    Persero la vita i genitori e i fratelli. Si salvarono miracolosamente solo i
    due nipotini. Da allora questo immigrato lotta disperatamente per poter
    uscire dal carcere e ritornare nel suo paese per stare accanto ai suoi due
    nipotini, rimasti orfani, per assisterli e crescerli.

    Diritti Civili ha presentato una istanza di grazia al Presidente della
    Repubblica, Ciampi, chiedendo di rivedere questo caso. Di valutare il dramma
    umano, la grande tragedia che ha colpito la famiglia di questo uomo che è
    stata praticamente distrutta nel disastro ferroviario. Il marocchino non ha
    commesso fatti di sangue o omicidi. Occorre valutare questi aspetti e dare
    quindi a lui la possibilità di poter uscire dal carcere e ritornare in
    Marocco, per stare accanto ai suoi nipotini orfanelli e al resto della sua
    famiglia, così duramente colpita da un destino crudele.

    Quest’uomo chiede solo, come ha scritto nella sua ultima toccante lettera,
    indirizzata al Movimento Diritti Civili, un atto di giustizia e di pietà
    umana. Che giustizia è quella che libera i pluriassassini e nega la
    scarcerazione e la possibilità di ritornare nel suo Paese ad un immigrato
    marocchino (che non ha commesso fatti di sangue, ma solo piccoli reati)
    rimasto senza più famiglia e con due nipotini orfanelli? Purtroppo in questa
    vicenda si registra il silenzio, ingiustificato, non solo delle Istituzioni
    ma anche dei media. E’altra faccia della "giustizia" che non interessa
    nessuno!

    (02 giugno 2005)

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