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Referendum, domenica alle urne il 18%. "Si può ancora scalare il quorum"

Publie le lunedì 13 giugno 2005 par Open-Publishing
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Dazibao Donne Referendum

di red

Alle 22 di domenica, secondo i dati di 106 province su 110, aveva votato il 17,9% degli aventi diritto. Una cifra che sembra rendere irraggiungibile il traguardo del 50 per cento dei votanti. Ma al Comitato per il Sì ancora credono nella possibilità di un recupero in extremis.

I dati, per la verità, non sono confortanti: 4,6 per cento a mezzogiorno, 13,3 alle 19, 18 per cento alla chiusura delle 22. Un buon recupero, al secondo rilevamento, ma è ancora lontano l’obiettivo. Lontano, non impossibile. "Dopo una partenza preoccupante, in serata è iniziato un processo di partecipazione significativo" dice Lamberto Turci, senatore ds e tesoriere del Comitato per il Sì. "È la conferma che la scelta della data balneare, come avevamo denunciato, ha avuto i suoi effetti negativi. Tuttavia i dati di queste ultime ore confermano l’interesse per i referendum e promettono un lunedì di sorprese significative. Invitiamo gli elettori a non cedere alla tentazione astensionistica. Sono in ballo problemi che riguardano la vita di ciascuno di noi".

Analoghe le considerazioni di Ai tanga Girali, dirigente nazionale della Cgil, che ricorda come « anche nel ’91 i dati del referendum erano i medesimi di oggi. Poi abbiamo vinto con il 60%». Per Girali «si può ancora scalare il monte quorum: sebbene la fatica si cominci a far sentire, dobbiamo impegnare le ultime forze per centrare il nostro obiettivo. Mancano ancora molte ore alla chiusura dei seggi: dare per vinta adesso questa sfida è sbagliato e stupido».

I referendari però contestano anche l’esattezza delle cifre fornite dal Ministero. Il Comitato per il Sì sostiene che il Vicinale sta raccogliendo i dati ben prima dell’orario ufficiale, falsando l’affluenza a tutto beneficio degli astensionisti. Una piccola bufera su Pisanu, già tacciato di parzialità (da Fassino) per la vicenda degli sms.

Senza contare il caso degli italiani all’estero: oggi Monica Frassoni, capogruppo dei Verdi a Strasburgo, ha denunciato di non aver potuto votare. Per il momento, comunque, a poco sembrano esser serviti il rush finale dei fautori del Sì, l’arrivo al seggio di buon’ora di Ciampi, le alzatacce di Pannella e degli altri radicali, l’intervento di Fassino a Radio Radicale, il voto di leader come Prodi o Fini (arrivato al seggio insieme a tutta la famiglia).

In attesa del verdetto, gli esponenti politici dell’una e dell’altra parte si concentrano già sul dopo voto. Lo fanno per primi i radicali: l’appuntamento lo hanno già fissato per il 17 giugno quando partirà la tre giorni dell’Assemblea dei 1000 con tutto l’arcipelago scientifico e politico del fronte del Sì. Un’assemblea chiamata, se salta il quorum, a gestire la sconfitta e a fare in modo di contrastare la revanche dei vincenti. Con sullo sfondo anche un traguardo politico: il rilancio del dialogo radicali-sinistra. «Dire che è in atto un riavvicinamento dei radicali alla sinistra è forse troppo. Ma è evidente - sottolinea Pannella - che in questi referendum abbiamo infuso insieme energie ed entusiasmo. Da qui partiamo». Ma, se il quorum non ci sarà, altri sarebbero gli sconfitti «illustri».

Soprattutto Gianfranco Fini che, con la sua posizione, ha scatenato una tempesta nel partito. E se finora i suoi oppositori hanno proclamato di non voler fare «rese dei conti» con il leader, a quorum fallito certe prudenze tattiche potrebbero essere messe da parte. Per mercoledì è già convocato un ufficio di presidenza, ma sarà solo un assaggio di quanto potrebbe avvenire all’Assemblea nazionale dei primi di luglio.

Ma i referendari non ci stanno a darsi per sconfitti prima del tempo: «Daremo battaglia fino all’ultimo», dice la Ds Barbara Pollastrini. In ogni caso, avvertono che, comunque andrà a finire, una vittoria dell’astensione non può (al contrario di una limpida vittoria del No nelle urne) bloccare la necessaria revisione della legge. Nè, con Fassino, ritengono che un successo dell’astensione possa avere effetti politici: «Sicuramente - dice a Radio Radicale - da domani qualche forzatura sarà tentata» , ma al referendum «non si vota per Berlusconi o per Prodi».

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