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SALVADOR 26 ANNI CONTRO

Publie le sabato 28 aprile 2007 par Open-Publishing

Dazibao Cinema-video - foto Enrico Campofreda

de Enrico Campofreda

La garrota è uno strumento di morte composto da un palo, un’enorme vite e un collare metallico che producono un lento strangolamento. Venne introdotto in Spagna agli inizi dell’Ottocento dal re Ferdinando VII, mietè vittime fino al 1931 quando il governo repubblicano abolì la pena di morte. Francisco Franco, dopo il colpo di stato e la vittoria nella successiva guerra civile, ripristinò la pena capitale tramite quel disumano marchingegno.

Salvador Puig Antich, militante del Movimiento Ibèrico de Liberaciòn, fu l’ultimo garrotato. Era il 2 marzo 1974. Prima di quella tragica alba c’erano stati per lui sei lunghi mesi di detenzione dopo l’arresto nel quale finì trafitto da proiettili e un poliziotto morì. Quel decesso fu fatale a Puig perché Franco decise di riusare il pugno di ferro e fece condannare il giovane dal suo Tribunale Militare. Il sopraggiunto attentato mortale a Carrero Blanco ad opera dell’Eta fu il pretesto per non concedere la grazia, anche quando si mossero altri governi europei e addirittura la Santa Sede.

Ma chi era Salvador? Certamente un giovane con una crescente coscienza politica al quale nell’aria nuova di quel che accadeva nel mondo con la rivolta giovanile, il risveglio delle rivendicazioni operaie la dittatura franchista appariva una contraddizione pesante come un macigno. Nei paesi latini a poche centinaia di chilometri la vita scorreva mentre in Spagna il generalissimo l’aveva congelata. E perseguitava chi osasse ribellarsi. Non si fa una rivolta solo ascoltando Iron Butterfly o King Crimson ma certo i giovani iberici non ne potevano più d’incontrasi e ballare nelle cantine, di essere pedinati, controllati, privati della libertà che è il motore della vita. E urlavano la propria rabbia contro una dittatura anacronistica. Puig insieme ad altri studenti inizia un’intensa attività politica che sfocia anche in azioni armate di autofinanziamento per sostenere le lotte autonomiste e anticapitaliste degli operai catalani.

La pellicola di Huerga, che si muove in sintonia con la ricostruzione della vicenda secondo l’interpretazione dello scrittore Escribano, mostra quanto controproducente spontaneismo caratterizzasse il gruppo del Mil sino al sacrificio dell’arresto di alcuni militanti, fra i quali Salvador pagò il prezzo più alto. E dunque il loro esibizionismo armato, i pressappochisti assalti alle banche dalla cui faciloneria derivavano rischi altissimi per la propria e l’altrui incolumità. Mostra anche come Puig fosse un normale ragazzo della sua epoca che s’emozionava ed amava la sua compagna sulle note di Suzanne. Avesse altissimo il senso dell’amicizia e l’affetto verso le numerose sorelle, fosse soprattutto animato dagli ideali di giustizia per i quali non temeva di poter mettere contro anche la repressione più feroce i suoi anni. 21 quando iniziò il percorso politico, 26 quando il boia glielo stritolò.

I suoi compagni del MIL sopravvissuti dicono altro. Contestano l’operazione agiografica e lo spirito revisionista della pellicola, tutto rivolto a sottolineare le ingenuità e l’avventurismo del gruppo dei militanti di cui Puig faceva parte. Dice un loro comunicato: “Il messaggio che si diffonde dal film possiede un chiaro intento politico nel momento attuale: impedire la radicalizzazione dei movimenti alternativi attraverso la narrazione della supposta sconfitta del Mil e la drammatica morte di Salvador. Come a dire che "non vale la pena scontrarsi con il sistema”. E ricordano che lo spirito d’opposizione, un modo sempre vivo di essere contro tiene ancora detenuto Jean Marc Rouillan, ex membro del Mil e compagno di Puig.

Ma “se gli eroi sono tutti giovani e belli” e utili alla causa che verrà come ha ricordato la Storia ben prima di Guccini, il sacrificio di Salvador non è risultato vano. Oltre a essere un’icona per le sorelle e i compagni di lotta il giovane catalano ha trasformato il pensiero di chi ne ha incrociato la vita – sfortunata ma idealmente vissuta – sia stato l’avvocato Oriol che fino alle ultime ore dall’esecuzione si batté per salvargliela. O il carceriere prima sprezzante e provocatorio poi compagno di partite di basket e scacchi, e infine davanti al corpo inerme e agonizzante del giovane implacabile accusatore del crimine franchista.

Perché questo fu il “Caudillo” prima che dittatore: un carnefice. Secondo dati ufficiali (e dunque di parte franchista) del Ministero della Giustizia dall’aprile 1939 al giugno 1944 furono passati per le armi dalla Guardia Civile 192.684 repubblicani. Ma il numero delle vittime fu sicuramente superiore e ad esso s’aggiunse l’azione dei falangisti scatenati per decenni contro gli oppositori sia con proprie squadre della morte, sia all’interno dell’apparato repressivo legale di esercito e polizia nei quali avevano trovato posto.

Regia: Manuel Huerga
Soggetto e sceneggiatura: Lluis Arcarazo
Direttore della fotografia: D. Omedes
Montaggio: Aixalà, S. Borricòn
Interpreti principali: Daniel Brűhl, Tristan Ulloa, Leonardo Sbaraglia, Leonor Watling, Ingrid Rubio, Celso Bugallo, Mercedes Sampietro
Musica originale: Lluìs Llach
Produzione: Future films, Mediapro
Origine: Spa, Gb, 2006
Durata: 134’