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Tre "scalate" - Un unico regista

Publie le venerdì 23 dicembre 2005 par Open-Publishing
7 commenti

Dazibao Economia-Budget Keoma

di Keoma

E’ inutile girarci intorno, siamo di fronte al terzo (in ordine temporale) scandalo bancario nella storia della Repubblica: dopo la Banca Privata di Michele Sindona e il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, adesso anche la Banca Popolare Italiana, ex Lodi, entra a far parte della terribile casistica.

Per ora il “salvataggio” della Bpi ha assunto caratteristiche solo manageriali - l’arrivo di Divo Gronchi alla guida della banca, al posto di Gianpiero Fiorani - ma appena sarà finita la buriana giudiziaria, ci si dovrà occupare della sua sistemazione anche dal punto di vista proprietario.

Capisco che questo giudizio possa sembrare brutale, ma purtroppo quando, al di là delle perdite registrate dal gruppo bancario lodigiano, si inficia il rapporto fiduciario che lega il correntista che affida i propri risparmi con la banca che li accoglie e li gestisce - come è nel caso specifico, visto che Fiorani è reo confesso di aver prelevato denaro direttamente dai depositi - altro non può definirsi che uno scandalo bancario.

E, si badi bene, si tratta della cosa peggiore che possa capitare in un sistema economico, perchè proprio su quella fiducia si basano le fondamenta del sistema stesso (non a caso in tutto il mondo le autorità monetarie e politiche cercano in tutti i modi di evitare il fallimento degli istituti di credito).

Naturalmente, tutto sarebbe decisamente meno significativo se fossimo di fronte ad un puro e semplice caso di arricchimento personale.

Invece è del tutto evidente (ma lo era anche prima del precipitare delle cose) che la doppia opa su Antonveneta e BNL e il maldestro tentativo di scalata al Corriere fanno parte di un disegno organico - la cui mente non può essere quella del furbastro ma modesto ragioniere di Lodi - destinato a creare un vero e proprio sistema di potere (come fu per Sindona e Calvi).

Attenzione, qui è bene chiarire subito che sarebbe un errore correre troppo con la fantasia: non siamo di fronte alle sofisticate architetture di Enrico Cuccia, ma molto più modestamente a “furbetti” che, intravisti gli spazi di potere vuoti aperti dalla crisi del vecchio establishment creato da e intorno a Mediobanca, hanno pensato bene di riempirli. L’idea, visto che i segni evidenti della crisi del “salotto buono” risalgono alla fine degli anni Novanta, non nasce certo con queste ultime operazioni.

Ma il “concerto” sì.

In precedenza, Fiorani aveva speso cinque anni per creare un gruppo creditizio di dimensioni nazionali, assemblando nientemeno che 21 banche, stringendo alleanze e cercando coperture politico-istituzionali, a cominciare da quella ormai stranota con il Governatore della Banca d’Italia. L’alleanza più importante è quella con Chicco Gnutti, che gli porta in dote anche il rapporto con la Unipol di Giovanni Consorte.

La cosa è importante sia perchè il patron della Hopa ha la testa fina (vedi Telecom), sia perchè via Consorte si arriva a costituire a sinistra il pendant di quelle coperture politiche che Fiorani era stato capace di costruirsi a destra (prima con Berlusconi via Ubaldo Livolsi e via lo stesso Gnutti, che vanta tra i suoi soci la Fininvest, poi con la Lega).

Una rete che prima si muove su Antonveneta (l’operazione parte sei mesi prima del lancio dell’opa) e che poi si butta su Bnl dopo la decisione di Francesco Gaetano Caltagirone di uscire da una partita che non era più quella operazione di mercato che aveva pensato.

Una doppia opa a regia unica cui si aggiunge, non senza qualche tratto folkloristico, la scalata alla Rcs (l’opa più preannunciata e mai lanciata della storia) della new entry Stefano Ricucci.

Ma il mix tra sottovalutazione degli ex “poteri forti” - che sono deboli e divisi, ma non fino al punto di farsi fregare da quattro presuntuosi arroganti - e la sopravvalutazione del peso reale delle coperture politico-istituzionali - Fazio era già azzoppato, Berlusconi li ha benedetti ma non si è speso, mentre la guerra sorda dentro i Ds e più in generale nel centro-sinistra ha reso fragile quella sponda - ha fatto sì che il “grande disegno” s’infrangesse miseramente contro la saldatura (momentanea) di interessi avversi, dal patto di sindacato del Corriere della Sera alla magistratura milanese vogliosa di riconquistare il centro del ring passando per capitali stranieri ben rappresentati a Bruxelles.

Se questo è lo scenario, denunciare la dimensione sistemica del fenomeno che tiene “banco” nella cronaca di questi giorni non significa né sottovalutare i meccanismi perversi dell’orologio giudiziario che sta scandendo l’inchiesta milanese - identici, per tempi, modi e logiche, della stagione di Mani Pulite: basti pensare all’arresto “postumo” di Fiorani - né, tantomeno, alimentare
la voglia di gogna che sempre emerge in questi casi.

Ma proprio per evitare che il recente passato ritorni - il Paese, già in pieno declino, non sopporterebbe una nuova stagione giudiziaria - occorre avere piena consapevolezza della portata strutturale della questione. La quale, contrariamente agli strali alzati dal solito rito della indignazione collettiva che si recita in situazioni come queste, non riguarda la portata del caso in sé - e neppure suoi eventuali sviluppi ulteriori, che peraltro appaiono piuttosto probabili - quanto, invece, le conseguenze “politiche” che esso è destinato a generare.

E non mi riferisco ai “soldi ai politici”, che è la morbosità di queste ore (destinata ad essere delusa: scommetto che i nomi saranno di secondo piano).

Parlo di almeno tre grandi deficit che finiranno per spingere ancora più alla deriva il Paese: l’impossibilità che si crei un nuovo establishment economico-finanziario, e con esso assetti diversi del nostro capitalismo; la riduzione delle chances, già scarse, che si metta mano ad un progetto-paese il cui fulcro sia un nuovo modello di sviluppo; il crollo “sanguinoso” del bipolarismo.

Insomma, il problema non è che potere economico e potere politico si siano ancora una volta incrociati - qui ha ragione Giuliano Ferrara: è fisiologico, e chi dice il contrario o è sciocco o è ipocrita - ma sta nel valore (infimo) dei protagonisti, nel comportamento (autolesionista) di Bankitalia, e soprattutto nel vuoto pneumatico della Politica.

Sì, credo proprio che attraverso questa vicenda si scriverà il certificato di morte della Seconda Repubblica - ed è un bene - ma che, ancora una volta a dettarlo sarà la magistratura, come nel 1992-1994, e che il Paese faticherà più di quanto già non sia a trovare il bandolo della matassa del declino economico e della crisi del sistema politico.

Alle porte bussa una campagna elettorale che solo formalmente contrapporrà le due coalizioni del nostro sgangherato bipolarismo, ma che in realtà sarà una guerra fratricida dentro i poli, come le polemiche su Unipol fanno presagire a sinistra ma che le confessioni di Fiorani dal carcere possono sicuramente aprire anche a destra.

Evito di stilare la lista delle responsabilità, ora non serve.

Spero solo che chi ha ancora un briciola di cervello lo usi.

Ma, confesso, è una speranza assai flebile.

Messaggi

  • "Sei indagato, stai attento ..."

    Paolo Biondani e Luigi Ferrarella

    Intercettazioni tra il giudice Castellano e il manager di Unipol

    La talpa a Consorte: sei indagato, stai attento In un’altra telefonata il presidente della società dice: «Il magistrato mi aiuterà con i pm di Roma»

    MILANO — Consorte vorrebbe telefonare da una utenza fissa? «Non pensare di essere esente». L’inchiesta di Roma sulla scalata Unipol a Bnl? «Lui è nel registro degli indagati, però non lo sa nessuno». Le «ultime novità da Roma»? Arrivano «dal suo amico famoso di Milano». Non soltanto millantato credito, maanche rivelazione di segreto d’ufficio: sono queste le ipotesi di reato per le quali il giudice Francesco Castellano, attuale presidente del Tribunale di Sorveglianza di Milano (competente su 6.600 detenuti) è stato convocato il 30 dicembre dalla Procura di Perugia che indaga su 18 sue telefonate di luglio con il presidente di Unipol Giovanni Consorte, che poi ne parla al suo vice Ivano Sacchetti. Eccole nei brogliacci, cioè nelle sintesi redatte dalla GdF nell’inchiesta sulla scalata della Bpi di Fiorani all’Antonveneta.

    Insider a Milano: un giudice per avvocato. La prima telefonata è del 5 luglio. «Francesco Castellano chiama Consorte e gli chiede quando sarà a Milano», perché «voleva dirgli due cose» su «un certo discorso di Milano». «Gianni risponde che è già deciso e dice settembre. Francesco dice che si è fatto tirare fuori la legge». E poi «gli chiede se ha visto la posizione di "un certo ragazzo" ». In realtà già l’indomani un tal «Francesco» (che chiama dal Tribunale di Sorveglianza) comunica che «si vedranno sabato sera a Bologna ». Qui Consorte dice a un collaboratore di attendere «dal suo amico famoso di Milano» le «ultime novità da Roma». «Francesco» arriva alle 20. E un quarto d’ora dopo, sorseggiando un aperitivo, Consorte s’improvvisa giurista dettando al telefono: «Preparare un set sulla legge dell’insider evidenziando tutte le esenzioni, in particolare gli interventi dei senatori, tra cui Tarquini, sull’interpretazione... dargli il rinvio a giudizio per cui sono accusati e la memoria difensiva ». Forse è solo una coincidenza, ma a Milano Consorte e Sacchetti sono accusati di insider trading con Emilio Gnutti, il finanziere interdetto poi con Fiorani. «Consorte comunica a Carlo» che «il capo di "quella cosa" di Milano ha chiesto a "quella persona che ha incontrato" un po’ di materiale interpretativo di "quella cosa" di cui lui (Consorte) e Ivano...». Consorte tronca: «Anche "loro" hanno problemi interpretativi. Pensa come è amministrata la legge in Italia».

    «Ha detto che l’obiettivo è il Cinghialone». La stessa sera dell’incontro con Castellano, Consorte aveva rassicurato un suo collaboratore che «per Roma non c’è nulla», dato che «quel signore che lo ha interrogato, gli ha chiesto di dare informazioni man mano che vanno avanti». Inoltre «la persona che ha incontrato» (Castellano?) gli ha «consigliato di intrattenere rapporti cordiali in quanto "questa" è candidata a diventare "il capo di tutti lì"». Il discorso sembra riferirsi ai due pm romani che indagano su Unipol. Il 12 luglio una chiamata allarma Consorte: Francesco «Castellani» (così nella trascrizione), detto «Ciccio», «ha bisogno di parlargli per qualche suggerimento». Consorte gli dà «un telefono fisso». Ma Francesco risponde di «non pensare di essere esente». Meglio vedersi a tu per tu. Castellano arriva in stazione alle 21.49. Mezz’ora dopo «Consorte dice a Sacchetti (suo vice, ndr) di aver saputo dal "nostro amico di Milano" che gli spagnoli (il Banco di Bilbao rivale di Unipol, ndr) hanno fatto un esposto dicendo che Unipol ha usato i soldi degli assicurati». E che «lui (Consorte, ndr) è nel registro degli indagati, però non lo sa nessuno ». Aquella data, in realtà, Consorte non risultava ancora indagato. Il manager Unipol precisa poi che «siccome i due sono molto amici, "lui" gli ha spiegato quello che Consorte gli aveva detto».

    E aggiunge che «l’amico di Milano» gli avrebbe parlato anche di uno sviluppo ancora segreto: «Sta per scoppiare un grosso casino per il cinghialone e il suo amico», per cui «bisogna evitare qualsiasi connessione». «I due — prosegue Consorte—sono messi veramente male» e «l’obiettivo vero dovrebbe essere il cinghialone».

    «Agende sparite e contratti distrutti». Il 20 luglio Consorte minimizza l’inchiesta romana: «Cose irrilevanti». L’indomani però spiega alla segretaria che «devono tenere una di quelle agendine da borsa...».E lei risponde: «Perché noi, da quando c’è stato detto che... abbiamo fatto sparire il...». Poi Consorte chiama Fiorani e gli dice che «nei prossimi anni si prenderanno molte rivincite». Quindi gli propone di acquistare «quel famoso 0,5% che a loro serve» per assicurarsi il 51% della Bnl. Risposta di Fiorani: «Quando vuoi». La prima emergenza scatta il 22 luglio, quando la Consob sanziona l’alleanza occulta tra Fiorani e Ricucci.

    Per Consorte «è un macello»: Fiorani e Gnutti «hanno lavorato in modo superficiale», anche se «lui non sa bene, essendosene tirato fuori» in data imprecisata. Il manager Unipol comunque intima ai suoi di «non andare più a Lodi», perché «più stanno lontani e meglio è». La sera del 25 luglio, quando la procura di Milano sequestra a Fiorani il 40% di Antonveneta, Consorte è preoccupato: «Spero di non aver commesso errori ». Il 27 luglio «Consorte chiede alla segretaria chi ha i contratti di Guido Vitale», l’ex presidente di Rcs che ha fatto da advisor di Unipol. La segretaria risponde che «ne ha una copia Roberto» (che però «l’ha buttata via»). Consorte, allora, «dice alla segretaria di strapparli».

    Paolo Biondani e Luigi Ferrarella

    23 dicembre 2005

    www.corriere.it

    • Fiorani, Gnutti, Consorte: un trio da 50 milioni - di GIANLUIGI NUZZI -

      Sarebbe questo l’ammontare degli affari realizzati dal banchiere lodigiano e dai suoi due soci attraverso speculazioni di Borsa e compravendite immobiliari

      La scalata ad Antonveneta è stata solo una delle operazioni finanziarie, uno degli assalti a grandi società, studiato e compiuto da un’insolita e potentissima alleanza trasversale: Gianpiero Fiorani, il banchiere che dava gli affidi, Chicco Gnutti, l’imprenditore bresciano che guidava la finanziaria di partecipazioni Hopa e, attenzione, Giovanni Consorte, amministratore delegato di Unipol. Che guadagnava in proprio. È questo il quadro che starebbe emergendo a Milano. Un intreccio d’affari, finanziamenti, operazioni immobiliari e plusvalenze su titoli che la «santa alleanza» come l’ha già ribattezzata qualcuno in tribunale, compiva ben prima dell’inverno scorso, quando mosse i primi passi la scalata ad Antonveneta. E quest’ultima potrebbe essere solo «un concertino nel concerto», un episodio, importante, ma non unico. Affari che ora la Guardia di finanza, il nucleo provinciale di Milano, sta ricostruendo con maxi tabelle di riferimento.

      La tesi portata avanti dall’accusa è questa: già alla fine del 2001 Gnutti-Fiorani-Consorte erano attivi. Soci occulti ma con mire espansionistiche. Attraverso speculazioni in Borsa, acquisti di azioni su cui, questo è l’ipotesi, venivano realizzate ricche plusvalenze personali.Con frenetiche compravendite immobiliari tra Gnutti e Consorte, interponendo Marino Ferrari, il prestanome di fiducia di Fiorani, come «cuscino» fiduciario. Parecchi affari, quindi, ben superiori a quei 10 milioni di euro di plusvalenze su operazioni no risk che sarebbero stati incassati da Consorte grazie agli utili garantiti da Bpi.

  • " E’ con i poveri che i ricchi si fanno la guerra"di J.E. Renan
    E’ una citazione, se vuoi anche banale e scontata, proprio perchè si ripete, tutto così uguale.
    Ma fai bene ad analizzare e denunciare, non fosse altro per tutto il tempo che in queste "storiazze" ci siamo stato fuori-dentro, con il nostro lavoro e la nostra passione.
    Ciao, Keoma
    Doriana

  • «Unipol e Deutsche Bank, patto nascosto per Bnl»
    by Paola Pica Saturday, Dec. 24, 2005

    Inchieste e scalate «Unipol e Deutsche Bank, patto nascosto per Bnl» La Consob alza il prezzo dell’offerta a 2,755. Opa più cara e difficile per Consorte

    MILANO — Nuova tegola per Giovanni Consorte e il suo piano di conquista di Bnl. La Consob ha rilevato l’esistenza di un patto tra Unipol e Deutsche Bank e imposto il rialzo del prezzo dell’offerta a 2,755 euro dagli attuali 2,7. Il provvedimento della Consob sposta di poco i termini dell’offerta (si tratta, per la compagnia bolognese, di un aggravio di 80 milioni su un’operazione da cinque miliardi), anche se rischia di dilatarne ancor più i tempi, ma accende un faro sui rapporti tra gli alleati. E, in particolare, sul ruolo della stessa banca tedesca guidata in Italia da Vincenzo De Bustis, risultata attiva in diverse partite finanziarie e il cui comportamento non era stato mai fino a ieri censurato da un’Autorità italiana. Da parte sua Deutsche Bank ha già fatto sapere che pur essendo in disaccordo con quanto sostenuto dalla Consob «continuerà a collaborare » con la Commissione e «non presenterà alcun ricorso per non danneggiare l’operazione, procrastinandone i tempi». Mentre Unipol si è limitata a «prendere atto» del verdetto di Lamberto Cardia riservandosi di «valutare la decisione nel chiaro convincimento di proteggere i nostri interessi».

    IL PIANO TECNICO — Sul piano tecnico, la Commissione ha motivato la delibera con una disattesa della cosiddetta best price rule, ovvero il principio di parità di trattamento fra i destinatari dell’offerta stabilito dalla legge. L’impegno dalla banca tedesca a non aderire all’Opa promossa da Unipol, né ad altre eventuali offerte concorrenti, può essere considerato un «accordo rilevante » poiché pone dei limiti al trasferimento di azioni della Bnl e quindi Deutsche Bank «è da considerarsi soggetto aderente ad un patto parasociale con Unipol». Secondo quanto gli investigatori di Lamberto Cardia hanno potuto ricostruire «anche grazie ai riscontri della cooperazione internazionale» alcuni acquisti di Bnl da parte di Deutsche Bank «sono avvenuti, in parte, a 2,755 euro per azione». Ne discende che «il prezzo dell’intera offerta pubblica di acquisto promossa da Unipol su Bnl dovrà essere adeguato al prezzo più alto pagato da Deutsche Bank per i titoli Bnl», vale a dire a 2,755 euro.

    ISTRUTTORIA FINITA — Si chiude così l’istruttoria avviata dalla Commissione cinque mesi fa, in contemporanea al sì condizionato al prospetto presentato dall’Unipol. Il nuovo prezzo d’Opa e la messa in chiaro dei rapporti con Deutsche Bank andranno ora inseriti nel supplemento informativo già in corso di scrittura da parte dell’Unipol e che necessiterà del nuovo via libera Consob. Quanto al resto dell’iter autorizzativo Banca d’Italia riceverà a breve il nuovo parere chiesto all’Isvap e potrà forse già entro la fine dell’anno far ripartire la procedura, sospesa l’8 dicembre in attesa del verdetto della Consob. Per il nuovo Governatore, è stato osservato da più parti, Unipol- Bnl sarà il primo banco di prova. Sempre che l’inchiesta della Procura di Roma non sparigli prima nuovamente le carte.

    Paola Pica

    www.corriere.it

    24 dicembre 2005

    • GIOVANNI CONSORTE IN PROCURA A MILANO

      MILANO - Il presidente dell’Unipol, Giovanni Consorte, e’ in Procura a Milano per essere interrogato dai pm titolari dell’inchiesta sulla scalata di Antonoveneta.
      Giovanni Consorte e’ indagato a Milano con l’accusa di aggiotaggio in quanto sospettato di aver preso parte al concerto per il rastrellamento di azioni Antonveneta in concorso, tra gli altri, con l’ex ad di Bpi, Gianpiero Fiorani e il finanziere bresciano Emilio Gnutti. Il rastrellamento delle azioni della banca padovana non e’, pero’, l’unico capitolo all’attenzione degli inquirenti lombardi: nei giorni scorsi, infatti, Bruno Bertagnoli, ex agente di Borsa e cliente privilegiato di Bpi, aveva parlato di due operazioni con le quali aveva fatto confluire 2,4 milioni di euro su altrettanti conti a Monaco. L’ex direttore generale di Bpi, Gianfranco Boni, gli aveva spiegato successivamente che la somma era destinata a Consorte e che si trattava di plusvalenza ottenuta attraverso operazioni su titoli Unipol. Sullo sfondo rimangono, inoltre, delle plusvalenze ritenute anomale che sarebbero state ottenute da Consorte e dal suo vice Ivano Sacchetti dall’Hopa di Emilio Gnutti.

      Nell’inchiesta romana sulla scalata alla Bnl entra, intanto, anche la Deutsche Bank. L’istituto di credito che, secondo quanto accertato dalla Consob, avrebbe concesso un finanziamento all’Unipol tramite la Bpi di Giampiero Fiorani per la scalata alla banca romana. I magistrati di Piazzale Clodio hanno acquisito la delibera della Consob nella quale si parla di ’’patto parasociale’’ tra Unipol e Deutsche Bank ed hanno avviato una serie di accertamenti per verificare se siano configurabili eventuali fattispecie penalmente rilevanti. Le ipotesi di reato che, in quest’ultimo caso, potrebbero emergere ai vertice del gruppo tedesco, secondo indiscrezioni, sarebbero quelle di ostacolo alla vigilanza e omissione in relazione agli obblighi di comunicazione.

      Ansa ore 16,00 27/12/2005

    • Il presidente dell’Unipol in tribunale a Milano

      Si vuol fare luce su 2,4 milioni di plusvalenze

      Bpi, Consorte interrogato per 4 ore

      50 milioni di plusvalenze anomale

      Ora toccherà al suo vice Sacchetti, coinvolto in altre operazioni

      MILANO- Per oltre quattro ore il presidente di Unipol, Giovanni Consorte ha risposto ai pm milanesi, titolari dell’inchiesta sulla scalata Antonveneta. Consorte, accusato di concorso in aggiotaggio per il rastrellamento di azioni dell’istituto padovano ed indagato anche a Roma per la scalata a Bnl, è giunto in Procura a Milano poco prima delle 16.

      Ha cercato di chiarire ai magistrati i suoi rapporti con Giampiero Fiorani e, soprattutto in riferimento alla scalata Telecom, quelli con il finanziere bresciano Emilio Gnutti, sentito dagli stessi inquirenti milanesi sabato 24 dicembre. Gli inquirenti hanno calcolato in una cifra da 40 a 50 milioni le plusvalenze anomale ottenute da Consorte e dal vicepresidente Ivano Sacchetti con il trading borsistico architettato con le società di Gnutti. Il meccanismo messo in moto in svariate occasioni, sarebbe stato quello di acquistare pacchetti azionari ’sicuri’ per poi rivenderli ad un prezzo maggiore, ottenendo delle plusvalenze, parte di queste sarebbero poi state girate a Consorte e Sacchetti.

      Il meccanismo chiave dell’operazione prevedeva l’acquisto di pacchetti azionari a prezzi di mercato e la loro rapida rivendita a prezzi molto superiori pagati da controparti quali Emilio Gnutti e la Bpi.

      Plusvalenze su titoli Unipol. Il rastrellamento delle azioni della banca padovana non è, però, l’unico capitolo all’attenzione degli inquirenti lombardi: nei giorni scorsi, infatti, Bruno Bertagnoli, ex agente di Borsa e cliente privilegiato di Bpi, aveva parlato di due operazioni con le quali aveva fatto confluire 2,4 milioni di euro su altrettanti conti a Monaco. L’ex direttore generale di Bpi, Gianfranco Boni, gli aveva spiegato successivamente che la somma era destinata a Consorte e che si trattava di plusvalenza ottenuta attraverso operazioni su titoli Unipol.

      L’interrogatorio, interrotto poco dopo le 20, sarà ripreso tra qualche giorno. Ma prima di risentire Consorte, i magistrati vogliono ascoltare il suo vice Ivano Sacchetti. Domani sono previsti gli interrogatori di Gianpiero Fiorani e Gianfranco Boni.

      (27 dicembre 2005) www.repubblica.it

    • Unipol sotto inchiesta per responsabilità oggettive

      Il finanziere bresciano lascia "per motivi di salute"

      Antonveneta, Unipol indagata

      anche Gnutti si dimette dal cda

      MILANO - La compagnia assicurativa Unipol risulterebbe indagata come persona giuridica per responsabilità oggettive in violazione della legge 231, dal momento che lo stesso gruppo non ha predisposto alcun modello organizzativo atto a prevenire illeciti. E’ quanto si apprende in ambienti giudiziari milanesi. Confermata, inoltre, l’accusa di appropriazione indebita per Giovanni Consorte, il numero uno di via stalingrado già iscritto nel registro degli indagati della procura milanese nell’ambito dell’inchiesta sulla scalata ad Antonveneta.

      Intanto dopo le dimissioni di Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti sono arrivate quelle di Emilio Gnutti, pure coinvolto nelle inchieste giudiziarie sulle scalate ad Antonveneta e Bnl. Il finanziere bresciano lascia il consiglio d’amministrazione di Unipol ufficialmente "per motivi di salute". In una nota la compagnia bolognese precisa come Gnutti, nominato il 29 aprile del 2004, rivestisse "la carica di consigliere non esecutivo, ovverosia privo di deleghe gestionali". Con la stessa motivazione, il finanziere si è dimesso dal consiglio di amministrazione di Banca Mps (Monte dei Paschi di Siena), in cui rivestiva anche la carica di vicepresidente, e da quello di Asm Brescia, azienda ex municipalizzata che fornisce acqua, gas ed energia elettrica.

      Appena la notizia del coinvolgimento di Unipol nelle indagini è piombata sul mercato, il titolo è subito scivolato a un minimo di seduta a quota 2,36 euro (-2,46%), poi è partita qualche ricopertura e il titolo viaggia ora a 2,3925 (-1,14%). Nelle sale operative si guardano due forze contrapposte. Da una parte la notizia dell’indagine sulla compagnia, e non più solo sui top manager, è ovviamente ribassista. Ma ciò complica ancor di più la strada verso Bnl e, considerando il recente aumento di capitale di Unipol, se il progetto di opa sfumasse, allora il gruppo bolognese si troverebbe più che capitalizzato.

      (29 dicembre 2005)

      www.repubblica.it