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Un rivoluzionario della solidarietà

Publie le sabato 19 agosto 2006 par Open-Publishing
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Dazibao Partito della Rifondazione Comunista Parigi

di Alessandro Braga

Lo striscione: "Faremo l’amore con la non violenza per partorire la pace dal grembo della società". Gli amici: "Angelo, sei un germoglio fecondo" Applausi, commozione e lacrime alle esequie. Bertinotti: "La politica prenda esempio da lui". Monsignor Capucci: "Quella terra non è più santa, ma maledetta"

Monterotondo (Roma). Il carro funebre entra nel cimitero, seguito dalla madre di Angelo, Silvana, dal papà Michelangelo, dalla sorella Romina. Entra il prete. Entra anche qualche amico. Poi il cancello si chiude. "Il cimitero è chiuso, non si può entrare", dicono i volontari della protezione civile di Monterotondo, che si occupano dell’organizzazione della giornata. Hanno presidiato le transenne di fronte al Duomo, controllato la piazza di fronte al municipio, distribuito bottigliette d’acqua a chi ha partecipato alla celebrazione religiosa fuori dalla cattedrale, sotto il sole di un pomeriggio di ferragosto.

Ora stanno di fronte al cancello del cimitero, e non fanno entrare le persone, tante, che hanno accompagnato Angelo fin lì. Perché è il momento di salutare il figlio, il fratello, l’amico. Di stare stretti nell’intimità. Quelli, tanti, tantissimi, si parla di almeno tremila persone, che sono venuti a Monterotondo, il giorno di ferragosto, per salutare il compagno, il ragazzo di pace, la vittima dell’ingiustizia del mondo, restano fuori. E’ giusto così. Il dolore composto e discreto dei familiari, la fierezza e la dignità dimostrata dagli amici di Angelo, hanno bisogno di un po’ di pace.

Dentro le mura del camposanto del paese, protetti dagli sguardi, a volte indiscreti, di telecamere e giornalisti, i parenti e gli amici più intimi si abbracciano, si stringono, mentre Angelo viene sepolto. Fuori, nel piazzale antistante, si formano tanti capannelli di persone che discutono, si interrogano sui motivi di una morte incomprensibile. «Era un ragazzo solare, educato». «Sorrideva sempre, il suo viso è proprio quello della foto della camera ardente». Tutti lo ricordano, Angelo. Aneddoti, immagini, piccoli racconti di vita quotidiana si susseguono.

Le autorità se ne sono già andate. Il presidente della camera Fausto Bertinotti, all’uscita dalla cattedrale, ha gli occhi arrossati. Ha voluto rendere omaggio a un compagno, a un ragazzo di ventiquattro anni che ha perduto la vita perché aveva deciso di usare le armi della non violenza in un angolo del mondo dove a parlare sono le armi, quelle vere, e l’odio instillato nella popolazione da una situazione di cui non si vede la fine, una via d’uscita. «E’ una grande perdita, un grande dolore - osserva Bertinotti - Attraverso l’esempio di questo ragazzo, l’utopia della pace si conferma l’unica politica concreta possibile. Angelo è diventato, come hanno sottolineato anche i suoi amici, un seme di pace. Con la guerra non vince nessuno». Cosa deve fare adesso la politica? «Deve trarre esempio da un ragazzo morto in una missione di pace, segnata dal sogno-speranza di una generazione che ha usato un linguaggio nuovo nella politica», chiosa il presidente della camera, prima di salire in macchina. Chi proprio non c’era è invece il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. «Il nostro sindaco, attraverso la vice ministra degli esteri Patrizia Sentinelli, aveva chiesto, a nome di tutta la cittadinanza, la presenza del capo dello stato. Non è venuto. Peccato, era un’occasione per testimoniare, con la sua presenza, che le istituzioni sono vicine a chi cerca di costruire quotidianamente la pace, non con le armi, ma una vera pace», dicono alcuni cittadini di Monterotondo. Ora il loro impegno si proietta al 26 agosto, alla marcia per la pace Perugia-Assisi straordinaria che sarà dedicata ad Angelo. «Faremo delle proposte per dei tavoli di riflessione. Una potrebbe essere il ruolo delle istituzioni nella costruzione della pace. Vogliamo farle vivere davvero queste istituzioni, o devono restare legate alla presenza o meno dei militari, caschi blu o no, nelle regioni critiche del mondo?» chiedono con una punta di polemica.

Monterotondo è un paese di 34.000 abitanti, alle porte di Roma. Storicamente di sinistra. Medaglia d’argento per la battaglia antifascista durante la Resistenza. L’orgoglio di questa storia si vede negli occhi lucidi degli anziani che sono lì per salutare Angelo. Era uno di loro: di sinistra, impegnato nel partito, nelle associazioni di volontariato, voleva cambiare il mondo. Adesso lo piangono.
Ci sono anche i giovani, tanti. Con le bandiere arcobaleno, quelle di Rifondazione comunista, dell’Arci. Quando passa la bara, avvolta nei colori della pace, scatta l’applauso. Lacrime, pugni chiusi, magliette con il viso di Angelo e quel messaggio, l’ultimo: «Faremo l’amore con la non violenza per partorire la pace dal grembo della società». E’ una promessa che fanno a Angelo.

Dentro la chiesa, il vescovo della diocesi sabina, Lino Fumagalli, ricorda il cooperante ucciso, interrotto più volte dagli appalusi: «Con la morte sei diventato un seme di pace, hai servito Gesù, implicitamente, nel tuo servizio ai più deboli e avrai il suo abbraccio». Perché, si permette una citazione monsignor Fumagalli, Cristo dice ai non credenti giusti: «Entrate nel paradiso che avete così ostinatamente negato». Parla anche monsignor Hilarion Capucci, vescovo di Gerusalemme, e porta il dolore di tutto il popolo palestinese. Sono parole dure le sue, intrise di amarezza: «Vi prego, vi prego, vi prego - lo ripete tre volte per enfatizzare la cosa - di credermi quando vi dico che non siamo tutti così. Il mio popolo si vergogna per quello che è successo ad Angelo, a un angelo di nome e di fatto. E’ un atto criminale, schifoso. Quella terra non è più santa, è maledetta. Che il sangue di Angelo la purifichi».

Dopo è la volta degli amici. Quelli di sempre, e quelli che lo sono diventati a Gerusalemme, in dieci giorni di vita comune: «Sei un rivoluzionario di pace, un germoglio fecondo. Un seme per la pace nel mondo». Ricordano le cose semplici, l’abbraccio dei bambini palestinesi, le risate. Il sorriso di Angelo quella sera quando, a cena, gli è squillato il cellulare: «E’ la mamma», aveva detto agli amici allontanandosi per avere un po’ di intimità con la madre. Poi, l’ultima sera: un momento, uno dei pochi, di riposo. Le risa, gli abbracci. E quel guizzo nel buio, un’ombra che si allontana, lui che si accascia: «Ciao Angelo».

il manifesto, 17 agosto 2006

Messaggi

  • ispirato a "La guerra di Piero" di F. De Andrè, la "Guerra di Fra’ (Angelo Frammartino)"
    Dormi sepolto a Monterotondo
    non è la moschea, non è il muro del pianto
    che ti fan veglia all’ombra dei fossi
    ma sono mille occhi commossi.
    L.ungo le sponde del fiume Litani
    voglio che scendono lucci argentati
    non più cadaveri dei soldati
    portati in braccio dalla corrente.
    Così dicevi ed era d’agosto
    e come gli altri per questa guerriglia
    te ne sei andato e non dovevi
    il caldo spara in faccia il sudore.
    Parlaci Fra’, parlaci adesso
    lascia che il rimorso ci passi un pò addosso,
    dei morti in battaglia tu porti la croce
    ma tu non ci senti, il tuo tempo passava
    con le stagioni a passo di java
    e arrivasti a Gerusalemme
    in un bel giorno di primavera.
    E passeggiavi con quattro belle
    e non vedesti Ashraf alle tue spalle
    che ha i tuoi stessi identici anni
    ma il suo viso di un altro colore.
    Parlagli Frà, parlagli ora, e dopo averlo fermato
    parlagli ancora fino a che non gli avrai spiegato
    che non sei ebreo e che non versi il suo sangue.
    e se gli parli in faccia e col cuore soltanto
    il tempo avrà per capire
    ma il tempo a te non resterà per fuggire,
    non sei fuggito e tu sei ora un uomo che muore
    E mentre gli usi questa premura
    quello ti raggiunge, ti vede , è sicuro
    ed impugnato il suo coltello
    non ti ricambia la cortesia.
    Cadesti a terra senza un lamento
    e ti accorgesti in un solo momento
    che il tempo non ti sarebbe bastato
    a dire soltanto con la tua gente non ho sbagliato.
    Cadesti a terra senza un lamento
    e ti accorgesti in un solo momento
    che la tua vita finiva quel giorno
    e non ci sarebbe stato ritorno.
    in Palestina a crepare d’agosto
    ci vuole tanto, troppo coraggio
    mia Palestina in questo inferno
    avrei preferito ci fosse solo l’inverno.
    E mentre le mura ti stavan a sentire
    dentro il tuo pugno stringevi utopie
    dentro alla bocca stringevi parole
    troppo gelate per sciogliersi al sole.
    Dormi sepolto a Monterotondo....
    Anna M: Caputano