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VOITILA E IL TEOLOGO KUNG

Publie le lunedì 4 aprile 2005 par Open-Publishing
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Dazibao Religioni

Viviana Vivarelli

Come risulta immediatamente chiaro, Ognuno ha di Voitila una opinione del tutto diversa, e, quel che e’ peggio, e’ pronto a litigare con tutti gli altri per difenderla, insomma l’argomento e’ insidioso e scottante. Percio’ mi limito a riportare le 11 argomentazioni del teologo dissidente Küng, tenendo per me le mie che sono anche piu’ dure.

In quanto a coloro che mi dicono che non e’ lecito giudicare e mi citano anche frasi del Vangelo, mi spiace, ma non sono affatto d’accordo nemmeno sulla loro interpretazione. Quando le idee e le opere e il potere di un uomo influiscono cosi’ tanto sul mondo, abbiamo il preciso diritto e dovere di farci una idea su di lui e di tentare un giudizio storico, politico e religioso.

Accettare qualunque cosa faccia un Papa senza un esame critico, una valutazione e un giudizio, ci farebbe rientrare in un fatalismo passivo di tipo islamico e negherebbe la prima dote che Dio ci ha dato e che non e’ la cieca ubbidienza ma il libero arbitrio. Senza la possibilita’ di fare un esame e una valutazione, il libero arbitrio sarebbe gettato alle ortiche, e cio’ sarebbe la negazione prima dell’uomo e il suo asservimento totale al potere che cade dall’alto, e, trattandosi poi di un papa, cio’ sarebbe addirittura un atto di idolatria.

Giovanni XXIII apri’ alla speranza di un mondo nuovo, indicando ai cristiani una nuova via da seguire, una via di consapevolezza, di maggiore democrazia, di accoglienza e confronto, una via in cui aumentava l aresponsabilita’ dell’uomo e non della sua ubbidienza passiva. Io resto perfettamente convinta che quel messaggio fu tradito da Voitila e che le conseguenze storiche ed etiche sono state pesantissime.

Tra queste conseguenze c’e’ anche la convinzione di molti che la Chiesa non debba mai essere giudicata, cioe’ un nuovo integralismo che fa dell’uomo un essere determinato e non determinante. Io credo che questo atteggiamento sarebbe piaciuto enormemente a Voitila, come piacerebbe enormemente a qualunque dittatore, ma credo anche fermamente che esso non sia esattamente cio’ che ci si aspetta da un uomo libero.

La fede religiosa, la spiritualita’ e l’integralismo totalitario sono tre cose diverse e, se per qualcuno invece, sono una stessa cosa, cio’ e’ fortemente pericoloso per l’evoluzione umana. Voitila ha operato per aumentare l’integralismo e nel mondo attuale esso, secondo me, costituisce un pericolo risorgente che sta manifestando gia’ abbastanza effetti spaventosi


Undici contraddizioni avrebbero segnato il Pontificato di Giovanni Paolo II, costringendo milioni di credenti a una drammatica «crisi di speranza»

Wojtyla, il Papa che ha fallito

Predica il dialogo ma ha isolato la Chiesa. Le sue idee di fede e di morale hanno cancellato il Concilio Vaticano II

(Il nome di Hans Küng, il teologo cattolico nato in Svizzera nel 1928, appare già tra i classici del pensiero nell’Enciclopedia Britannica. Ordinato sacerdote nel 1954, docente di teologia all’università di Tubinga, Küng è nominato «peritus», consulente in materia teologica, da Giovanni XXIII, in occasione del Concilio Vaticano II. Alle speranze di quella stagione rimane fedele per tutta la vita, senza riuscire a conciliarsi con la dottrina di Giovanni Paolo II, che ha ricondotto alla tradizione quelli che ha ritenuto gli eccessi seguiti al Concilio. Küng, che nel 1979 è stato costretto dal Vaticano a cedere la cattedra di teologo cattolico ufficiale, vede invece il futuro della Chiesa nell’impegno verso la direzione indicata da Giovanni XXIII e Paolo VI, dialogo e apertura alla società. In questo nuovo saggio polemico, Küng discute le «contraddizioni» dell’opera di Wojtyla che hanno portato alla «crisi di speranza della Chiesa» denunciata dal cardinale Walter Kasper. Una crisi che, a giudizio di Küng, può risolversi solo tornando ai valori autentici del Concilio.

La situazione della Chiesa Cattolica è seria. Il Papa è gravemente malato e merita ogni compassione. Ma la Chiesa deve vivere. Per questo, nella prospettiva di un’elezione papale, ha bisogno di una diagnosi, di una sincera analisi svolta dal suo interno. Delle terapie si potrà discutere dopo. Gli oltre venticinque anni di Pontificato di Karol Wojtyla sono stati una conferma delle critiche che già avevo espresso dopo un anno del suo Pontificato. Secondo la mia opinione, egli non è il Papa più grande ma il più contraddittorio del XX secolo. Un Papa dalle molte, grandi doti, e dalle molte decisioni sbagliate! La sua «politica estera» ha preteso da tutto il mondo conversione, riforma, dialogo. Però, in tutta contraddizione, la sua «politica interna» ha puntato alla restaurazione dello status quo ante Concilium, a impedire le riforme, al rifiuto del dialogo intra-ecclesiastico e al dominio assoluto di Roma. Questa contraddizione si evidenzia in undici ambiti problematici. Riconoscendo gli aspetti positivi di questo Pontificato, mi concentrerò quindi sui suoi aspetti critici e contraddittori.

Prima contraddizione. Giovanni Paolo II predica i diritti degli uomini all’esterno ma li ha negati all’interno, cioè ai vescovi, ai teologi e soprattutto alle donne. Il Vaticano, un tempo nemico convinto dei diritti dell’uomo ma ben disposto oggi a immischiarsi nella politica europea, continua a non poter sottoscrivere la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del Consiglio d’Europa: troppi canoni del diritto ecclesiastico romano, assolutistico e medioevale, dovrebbero prima essere modificati. La separazione dei poteri, principio fondamentale del diritto moderno, è sconosciuta alla Chiesa Cattolica romana, nel cui comportamento non vi è nessuna lealtà: nei casi di disputa l’autorità vaticana funge nel contempo da legislatore, accusa e giudice.

Seconda contraddizione. Grande ammiratore di Maria, il Wojtyla predica gli ideali femminili, vietando però alle donne la pillola e negando loro l’ordinazione. Per molte donne cattoliche tradizionali (soprattutto le donne appartenenti a ordini religiosi), l’aspetto più apprezzato di questo Papa è il suo respingere le donne moderne, in quanto le ha escluse da tutte le consacrazioni più importanti e considera la contraccezione appartenente alla «cultura della morte ». Tuttavia, molte delle donne che partecipano alle manifestazioni di massa del Papa, rifiutano la dottrina papale che si oppone ai metodi contraccettivi.

Terza contraddizione. Questo Pontefice predica contro la povertà di massa e l’indigenza nel mondo ma, al tempo stesso, con la sua posizione in merito al controllo delle nascite e all’esplosione demografica, si è reso colpevole di questa indigenza. In occasione dei suoi numerosi viaggi e anche di fronte alla Conferenza delle Nazioni Unite su Popolazione e Sviluppo tenutasi al Cairo nel 1994, questo Papa ha preso posizione contro l’uso della pillola e del profilattico e, pertanto, potrebbe essere ritenuto responsabile più di qualsiasi uomo di Stato della crescita demografica incontrollata in alcuni Paesi e del dilagare dell’Aids in Africa.

Quarta contraddizione. Karol Wojtyla propaganda una figura sacerdotale maschile caratterizzata dal celibato ed è, quindi, il principale responsabile della catastrofica carenza di sacerdoti, del collasso dell’assistenza spirituale in molti Paesi e dello scandalo della pedofilia nel clero, ormai venuto alla luce. Agli uomini che si sono dichiarati pronti al servizio sacerdotale nelle comunità viene proibito il matrimonio. Questo è solo un esempio di come anche questo Papa abbia ignorato la dottrina della Bibbia e la grande tradizione cattolica del primo Millennio in cui non vi era alcuna legge sul celibato per i sacerdoti. I quadri si sono ridotti, il reclutamento è fermo e fra poco, non solo nell’area di lingua tedesca, quasi due terzi delle parrocchie rimarranno senza sacerdote e la stessa celebrazione domenicale dell’eucarestia non potrà più essere assicurata, nemmeno con l’importazione di parroci e il raggruppamento delle parrocchie in «unità spirituali». Il clero fedele al celibato è dunque in crescente pericolo di estinzione. Gli scandali della pedofilia verificatisi dagli Stati Uniti all’Austria hanno inoltre gravemente danneggiato la sua credibilità, portando sull’orlo della bancarotta grandi diocesi negli Stati Uniti.

Quinta contraddizione. Il Papa polacco ha praticato un numero elavatissimo di canonizzazioni, ma al tempo stesso ha ignorato l’inquisizione attuata nei confronti di teologi, sacerdoti e membri di ordini malvisti dalla Chiesa. I devoti, strumentalizzati politicamente e commercialmente con spese ingenti e conseguenti profitti per la Curia, sono soprattutto pie suore, fondatori di ordini religiosi o Papi come l’antidemocratico, antisemita, autoritario Papa Pio IX (controbilanciati dalla canonizzazione di Giovanni XXIII). Devoti sono divenuti anche l’imperatore asburgico Carlo I e il ben poco pio fondatore dell’Opus Dei Josémaria Escrivá. Uomini e donne (anche donne appartenenti a ordini religiosi) che si sono distinti, per il loro pensiero critico e per la loro energica volontà di riforme, sono stati invece trattati con metodi da Inquisizione. Come Pio XII fece perseguitare i più importanti teologi del suo tempo, allo stesso modo si comportano Giovanni Paolo II e il suo Grande Inquisitore Ratzinger con Schillebeeckx, Balasuriya, Boff, Bulányi, Curran, Fox, Drewermann e anche il Vescovo di Evreux Gaillot e l’Arcivescono di Seattle Huntington. Nella vita pubblica mancano oggi intellettuali e teologi cattolici della levatura della generazione del Concilio. Questo è il risultato di un clima di sospetto, che circonda i pensatori critici di questo Pontificato. I vescovi si sentono governatori romani invece che servitori del popolo della Chiesa. E troppi teologi scrivono in modo conformista oppure tacciono.

Sesta contraddizione. Il Papa elogia spesso e volentieri gli ecumenici, ma al tempo stesso ha pesantemente compromesso i rapporti con le Chiese ortodosse e con quelle riformiste ed evita il riconoscimento dei suoi funzionari e dell’eucarestia. Il Papa avrebbe dovuto consentire - come suggerito in molti modi dalle commissioni di studio ecumeniche e come praticato direttamente da tanti parroci - le messe e l’eucarestia nelle Chiese non cattoliche e l’ospitalità eucaristica. Avrebbe anche dovuto ridurre l’eccessivo potere esercitato dalla Chiesa nei confronti delle Chiese dell’Est e delle Chiese riformiste e avrebbe dovuto rinunciare all’insediamento dei Vescovi romano-cattolici nelle zone delle Chiese russe-ortodosse. Avrebbe potuto, ma non ha mai voluto. Ha voluto invece mantenere e ampliare il sistema di potere romano. La politica di potere e di prestigio del Vaticano è stata mascherata da discorsi ecumenici pronunciati dalla finestra di Piazza San Pietro, da gesti vuoti e da una giovialità del Papa e dei suoi cardinali che cela in realtà il desiderio di «sottomissione» della Chiesa dell’Est sotto il primato romano e il «ritorno» dei protestanti alla casa paterna romano-cattolica.

Settima contraddizione. Come Vescovo suffraganeo e poi Arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla ha preso parte al Concilio Vaticano II. Una volta diventato Papa, ha però disprezzato la collegialità del Pontefice con i Vescovi decretata proprio al Concilio. Questo Pontefice ha più volte dichiarato la sua fedeltà al Concilio, per poi tradirlo nei fatti attraverso la sua «politica interna». I termini conciliari come «aggiornamento, dialogo, collegialità e apertura ecumenica» sono stati sostituiti da parole quali «restaurazione, magistero, obbedienza, ri-romanizzazione». Il criterio per la nomina dei Vescovi non è affatto lo spirito del Vangelo e l’apertura mentale pastorale, bensì la fedeltà assoluta verso la condotta romana. I sostenitori del Papa tra i vescovi di lingua tedesca come Meisner, Dyba, Haas, Groer e Krenn sono solo gli sbagli più eclatanti di questa politica pastorale devastante, la quale fa pericolosamente scivolare in basso il livello morale e intellettuale dell’episcopato. Un episcopato reso ancor più mediocre, rigido, conservatore e servile, è forse l’ipoteca più pesante di questo lunghissimo Pontificato.

Ottava contraddizione. Questo Papa ha cercato il dialogo con le religioni del mondo, ma contemporaneamente ha disprezzato le religioni non cristiane definendole «forme deficitarie di fede». In occasione dei suoi viaggi o «preghiere di pace», il Papa ha radunato con piacere attorno a sé dignitari di altre chiese e religioni. Non vi erano tuttavia molte tracce reali della sua preghiera teologica. Anzi, il Papa si è presentato in sostanza come un «missionario» di vecchio stampo.

Nona contraddizione. Il Papa polacco ha assunto la funzione di rappresentante della fede in un’Europa cristiana, ma il suo ingresso trionfale e la sua politica reazionaria hanno involontariamente favorito l’inimicizia nei confronti della Chiesa, se non addirittura l’avversione contro il Cristianesimo stesso. La campagna di evangelizzazione del Papa, il cui punto centrale è rappresentato da una morale sessuale ben poco adeguata ai tempi, ha discriminato soprattutto le donne: quelle che in questioni controverse, quali la contraccezione, l’aborto, il divorzio, l’inseminazione artificiale hanno dimostrato di avere opinioni diverse da quelle della Chiesa, sono state definite portatrici di una «cultura della morte». Attraverso interventi politici - come è accaduto in Germania contro il Parlamento e l’episcopato nel caso del conflitto sul tema della gravidanza -, la Curia romana ha dato l’impressione di rispettare poco la separazione giuridica tra Stato e Chiesa. Il Vaticano cerca (attraverso il gruppo parlamentare del Partito Popolare europeo) di esercitare delle pressioni anche sul Parlamento Europeo, incentivando l’ingaggio di osservatori particolarmente vicini alle idee di Roma per questioni relative alla legislazione sull’aborto. Invece di farsi ovunque fautrice di soluzioni ragionevoli che consentano la mediazione, la Curia romana con i suoi proclami acutizza di fatto a livello mondiale la polarizzazione tra oppositori e sostenitori dell’aborto, moralisti e libertini.

Decima contraddizione. Come carismatico comunicatore e «star» mediatica, questo Papa fino alla sua veneranda età ha fatto presa in particolare sui giovani, ma si è appoggiato soprattutto ai «nuovi movimenti» di origine italiana, all’Opus Dei di casa in Spagna e a un pubblico acritico e fedele del Pontefice. Tutto ciò è sintomatico del rapporto del Papa con la laicità e della sua incapacità di dialogare con un pubblico critico. I grandi raduni mondiali dei giovani sostenuti a livello regionale e internazionale, sotto la sorveglianza della gerarchia dei nuovi movimenti laici (Focolare, Comunione e Liberazione, St. Egidio, Legionari di Cristo, Regnum Christi, etc.), hanno attirato e attirano centinaia di migliaia di giovani. Molti di essi volonterosi, troppi del tutto acritici. Il carisma personale di Wojtyla è quasi più importante dei contenuti da lui trasmessi. Le domande che i giovani avevano posto al Papa e che, in occasione del suo primo viaggio in Germania, lo avevano messo in serio imbarazzo, in seguito non sono state più consentite. Le associazioni cattoliche di giovani, che non si trovano sulla linea del Vaticano, vengono disciplinate e messe alla fame dall’ordine romano attraverso il ritiro di finanziamenti da parte dei vescovi locali. Inoltre viene messa in discussione la fiducia un tempo accordata all’ordine dei gesuiti: prediletti dai Papi precedenti, ora vengono percepiti come sabbia negli ingranaggi della politica di restaurazione del Papa a causa delle loro qualità intellettuali, dei loro teologi critici e delle opzioni teologiche di liberazione. Invece Karol Wojtyla, già ai tempi in cui era ancora arcivescovo di Cracovia, concesse la piena fiducia all’associazione segreta Opus Dei, potente sia dal punto di vista finanziario che in termini di influenze, ma antidemocratica e in passato compromessa con regimi fascisti.

Undicesima contraddizione. Giovanni Paolo II ha offerto nel 2000 una pubblica confessione dei peccati per gli errori della Chiesa nel passato, senza però trarne alcuna conseguenza pratica. La confessione dei peccati ampollosa e barocca inscenata a San Pietro per gli errori della Chiesa è rimasta vaga e ambigua. Il Papa ha chiesto perdono solo per gli errori dei «figli e delle figlie della Chiesa» ma non per quelle del «Santo Padre», per quelle della Chiesa stessa e dei gerarchi presenti. Il Papa non ha mai preso posizione in merito agli intrighi delle varie sedi della Curia in affari mafiosi e ha contribuito più all’occultamento che alla rivelazione di scandali e crimini (Banca Vaticana, il «suicidio» di Guido Calvi, l’omicidio avvenuto nell’ambiente del corpo delle guardie svizzere...). Anche con la rivelazione degli scandali della pedofilia dei clericali, il Vaticano è stato straordinariamente titubante. Nonostante alcune richieste, il Papa non ha mai dato udienza ad alcuna vittima. Anzi, ha riempito di elogi un insigne criminale nel corso di una fastosa cerimonia al Vaticano: il messicano Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo (500 sacerdoti e 2.000 seminaristi) e del movimento laico Regnum Christi, diventato ormai concorrente ancora più conservatore dell’Opus Dei.

Conclusioni. Per la Chiesa cattolica questo Pontificato si rivela, nonostante i suoi aspetti positivi, una grande speranza delusa, in fin dei conti un disastro, perché Karol Wojtyla, con le sue contraddizioni, ha profondamente polarizzato la Chiesa, allontanando i suoi innumerevoli uomini e gettandoli in una crisi epocale. Contro tutte le intenzioni del Concilio Vaticano II, il sistema romano medioevale - un apparato di potere caratterizzato da tratti totalitari - è stato restaurato grazie a una politica personale e dottrinale tanto astuta quanto spietata: i vescovi sono stati uniformati, i padri spirituali sovraccaricati, i teologi dotati di museruola, i laici privati dei diritti, le donne discriminate, le iniziative popolari dei sinodi nazionali e delle chiese ignorati. E poi ancora scandali sessuali, divieti di discussione, dominio liturgico, divieto di predica per i teologi laici, esortazione alla denuncia, impedimento dell’eucaristia. Di tutto questo è forse colpevole «il mondo»? La grande credibilità della Chiesa Cattolica, cioè quella ottenuta da Giovanni XXIII e dal Concilio Vaticano II, ha lasciato il posto a una vera e propria crisi della speranza. Questo è il risultato della profonda tragicità personale di questo Papa: la sua idea cattolica di stampo polacco (medioevale, controriformista e antimoderna), in qualità di Pontefice Karol Wojtyla l’ha voluta portare anche nel resto del mondo cattolico. Si è però verificato il contrario di ciò che egli sperava: la Polonia stessa è stata travolta dal moderno sviluppo secolare e, dopo la sostituzione dell’alleanza elettorale in carica fino al 2001, Solidarnosch, si appoggia sempre meno alle idee di fede e di morale promosse dal Pontefice. Quando verrà il momento, il nuovo Papa dovrà decidere di affrontare un cambio di rotta e dare alla Chiesa il coraggio di nuove spaccature, recuperando lo spirito di Giovanni XXIII e l’impulso riformistico del Concilio Vaticano II. «Videant consules», i consoli vogliano fare in modo che la Repubblica non subisca danni, si diceva nell’antica Roma. «Videant cardinales», i cardinali vogliano fare in modo - si dovrebbe dire nella Roma di oggi - che la Chiesa non subisca danni.

Messaggi

  • mees busim bezgala iztuksoti bez tevis, pāvest!
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  • Una risposta intelligente data già tanto tempo fa.
    Caro Kung, la sua Riforma è fallita con Lutero
    CORRIERE DELLA SERA
    30 ottobre 1996
    TERZA PAGINA
    di Vittorio Messori
    Uno scrittore cattolico risponde alle tesi del teologo sulla Chiesa e sul papato di Wojtyla. Che venerdi festeggia cinquant’anni di sacerdozio
    Caro Kung, la sua Riforma è fallita con Lutero
    Mentre il Papa festeggia i cinquant’anni di sacerdozio (Karol Wojtyla fu ordinato il 1º novembre 1946), prosegue la discussione sulle «Dieci tesi per il futuro della Chiesa e del Papato» di Hans Kung, pubblicate dal «Corriere» domenica scorsa. Oggi interviene Vittorio Messori.
    Caro don Kung, Lei è prete, si avvia ormai alla settantina, è entrato in seminario sin da bambino, conosce tutto e tutti nel mondo clericale. Dunque, avrà sentito anche Lei alcune storielle divertenti che circolano nel milieu, e nelle quali Lei è protagonista. C’è, a esempio, quella dei cardinali riuniti a conclave, i quali - non trovando tra loro qualcuno abbastanza «progressista» e, dunque, abilitato a condurre la barca di Pietro verso il «sol dell’avvenir» - Le inviano a Tubingen un emissario, per sapere se è disposto ad ascendere al soglio pontificio. Da qui, la Sua replica: «Io Papa? Ma questa è una provocazione vaticana! Se diventassi Papa, non sarei più infallibile come, invece, da teologo d’avangu ardia, sono e intendo restare!...».
    Storiella divertente e - ammetterà - con una sua verità. Leggendo le Sue cose - ormai, da almeno un quindicennio, sempre uguali, ma con un tasso crescente di aggressività che talvolta si fa insulto - si ha davver o l’impressione che voglia attribuirsi quel carisma di infallibilità che nega a colui e a coloro cui il Cristo ha garantito l’assistenza dello Spirito. Lei, ora, con le Sue «Tesi sul futuro del Papato» è giunto - lo si constata con tristezza - ad a uspicare il pronto intervento della morte che, portando via Giovanni Paolo II, liberi la barca della Chiesa da un «capitano» che starebbe per farla affondare. Al giornalista del Corriere della Sera che Le chiede se si auguri le dimissioni del Papa, vista la sua insistenza su un cambio al vertice della Chiesa, risponde, con decisione, di no. In effetti, spiega, anche se dimessosi, ma ancora vivo, «questo Papa» (cito testualmente) «farebbe di tutto per puntare a un successore nello spirito del wojtylismo e dell’Opus Dei. Occorre perciò garantire che i cardinali possano scegliere un successore senza manipolazioni, guidati unicamente dallo Spirito Santo». Un Karol Wojtyla ancora in vita, dunque, sarebbe «un manipolatore», un ostacolo intollerabile all’azione del Paraclito: che muoia, dunque, e al più presto. Raus! Naturalmente la speranza mia - e di tutti coloro che, quale che sia la loro fede o la loro incredulità, non sono accecati dal furor theologorum - la nostra speranza, dunque, è che ci sia stato un fraintendimento, che Lei non volesse dire questo, giungere a tanto. Lo spero come uomo e come fratello di fede. In effetti, malgrado gli insulti che da Lei ho subito sulla stampa internazionale (prima per il libro intervista al cardinal Ratzinger, poi per quello a Papa Giovanni Paolo II, poi per la traduzione tedesca di altre mie cose), malgrado le parole offensive riservatemi, mi è capitato più volte di scrivere che, per Lei, malgrado tutto, provo un sentimento di simpatia . Nel senso etimologico: «patire insieme». Kung non rischia, infatti, di essere «vomitato» perché «tiepido», «né caldo né freddo», per citare il terzo capitolo dell’Apocalisse. Si può - anzi, credo che si debba, e con fermezza - dissentire dalla terapia suicida che Lei propone per il cattolicesimo in particolare e per il cristianesimo in generale. Sono convinto che, proprio se seguisse la rotta che Lei propone, la barca di Pietro si sfascerebbe sugli scogli o sarebbe lasciata deserta, abbandonata dagli ultimi occupanti. Eppure, malgrado i toni sempre più sgradevoli e intolleranti che impiega, mai Le ho negato la buona fede, la lealtà delle intenzioni: in Lei c’è passione, non «tiepidezza». C’è (così, almeno, pare a molti come me, da Lei insultati: capita spesso che chi troppo parla di «dialogo» creda di essere esonerato dal praticarlo), c’è, nelle Sue invettive, una diagnosi errata; ma c’è anche il tormento per la causa della fede nel mondo di oggi. Ma proprio questo, don Kung, mi pare il punto: è così sicuro che questo mondo sia abitato da persone che dalla Chiesa attendono ciò che Lei si immagina? Chi, come chi Le scrive (permetta un accenno personale in questa lettera che personale vuole essere) viene da lontano, chi si è formato - o deformato - non in chiusi ambienti clericali ma in quella cultura illuminista che tanto L’affascina, frena a stento una reazione ironica leggendo queste Sue «tesi» presentate come nuove e invece cento volte ripetute. Mai L’ha sfiorata il dubbio, professore, che sia fuori bersaglio cercare un posto per il cristianesimo - a ogni costo, anche a rischio di deformarlo - nelle categorie «moderne» che La ossessionano, ma che da mille segni mostrano di essere ormai anacronistiche? Lei è un apologeta: e lo dico con solidarietà, anche se l’appellativo rientra per Lei in quella categoria del «politicamente scorretto» che La terrorizza. Ma a chi conosce come davvero va il mondo, questa sua apologetica sembra adatta al passato in cui Lei si è formato, a quegli anni Sessanta conciliari che costruirono la Sua fama e che segnarono il vertice e insieme l’inizio del declino della modernità. Siamo entrati in una terra incognita che, per mancanza di meglio, chiamiamo «post-moderna». L’uomo di oggi - proprio quello che Lei vuole raggiungere - è stanco e muore di ciò che vuol riproporgli: desacralizzazione, demitizzazione, profanità, razionalismo, libertinismo, illuminismo, socialità, democraticismo. Cerca a tentoni - La scandalizza certo, ma non se la prenda con chi non fa altro che descrivere - Sacro, Simbolo, Mistero, Tradizione, Disciplina, Religione, Autorità, Miracolo, Mistica, Gregoriano, Prodigio, Angeli, Veggenti... E chi più ne ha più ne metta. Quel mitico «uomo di oggi» di cui Lei favoleggia (e che, se mai è esistito, appartiene a una modernità ormai defunta) diserta i dibattiti - soprattutto se animati da teologi «illuminati» - e accorre là dove si spargono voci di apparizioni; rifiuta di leggere i documenti, pur sofisticati, delle infinite commissioni e gruppi di lavoro clericali e ascolta avido se gli parli di Sindone, di Lourdes o Fatima o Medjugorje, di prodigi, di angeli buoni e cattivi, diavolo compreso; abbandona le parrocchie ridotte a sedi «democratiche» di comitati e consigli, con elezioni e organigrammi, e bussa alla porta di carismatici, di guru, di sètte e chiesuole dove ritrovare «sacro» e «religione» e non sociologia e ideologismi; rispetta, forse, ma lascia ai fatti loro, preti e suore travestiti da «gente come tutti», di cui ne ha fin troppa, e va ansiosamente alla ricerca di uomini e donne «diversi», «di Dio». Alla padre Pio, per intenderci e per citare uno che nulla sapeva di «piani pastorali» e di «nuovi approcci kerigmatici» e che alle lezioni del professor Kung poco o nulla avrebbe capito: ma che, proprio per questo, attirò più anime nella sua vita di tutte le facoltà teologiche riunite nella loro storia passata e futura. Partecipavo, una volta, alla fastosa conferenza stampa del pool dei Suoi editori per la presentazione del Suo ennesimo libro dove - al solito, e con la solita irruenza virulenta - chiedeva per la Chiesa cattolica quanto continua a richiedere anche con queste Sue ultime «Tesi». Preti sposati; donne-prete; divorziati riaccolti a nuove nozze; omosessuali venerati, contraccezione libera, aborto accettato, parroci, vescovi, papi stessi eletti da tutti; scismatici ed eretici posti a modello; atei, agnostici, pagani accolti non solo come fratelli in umanità ma come maestri di vita e pensiero dai quali tutto imparare... Insomma, il consueto rosario del «teologicamente corretto», i comandamenti del nuovo benpensante, le «coraggiose riforme» del conformista occidentale medio. Mi scusi, ma trattenevo a stento gli sbadigli. Accanto a me, La ascoltava con attenzione un pastore protestante il quale, alla fine, prese la parola. «Molto bello e edificante, professor Kung. Ha ragione, ecco le riforme che anche il cattolicesimo dovrebbe praticare. Ma, mi dica: come mai noi protestanti tutto ciò che Lei chiede ce l’abbiamo già, e da molto tempo, eppure i nostri templi sono molto più vuoti delle vostre chiese?». Non solo Lei non rispose a quella domanda, che scendeva dal cielo delle teorie «pastorali», ottime per i semestri accademici, alla brutale concretezza dei fatti, questi maleducati che non vogliono mai rientrare nei nostri schemi. Ma, vedo dal pezzo sul Corriere che continua impavido: così, imperdonabile peccato di questo Papa sarebbe soprattutto quello di «non avere integrato nella Chiesa cattolica le richieste della Riforma e della modernità». Quanto alla «modernità» già qualche cosa abbiamo accennato. Per la Riforma, possibile che uno come Lei, che vive tra Svizzera e Germania, che conosce il Nord dell’Europa, passato (e, spesso, per violenza dei principi) al verbo di Lutero, di Calvino, di Zwinglio, possibile che non constati quale è lo stato vero di Chiese che pur furono ben vive? Possibile che i Suoi viaggi per il mondo non Le abbiano mostrato che il solo protestantesimo che sembra oggi avere un futuro è quello «impazzito», aggressivo, intollerante di ecumenismi, rappresentato dalla miriade di sètte e di chiesuole? Si può, oggi, proporre per la Chiesa romana - quasi fossero novità taumaturgiche - riforme che quella che non a caso chiama se stessa «Riforma» ha scoperto e adottato quasi cinque secoli fa e i cui risultati stanno sotto gli occhi di chi sappia vedere senza gli occhiali dell’astrattezza? Per fare un solo esempio: quest’anno oltre 11.000 anglicani della Gran Bretagna hanno chiesto di entrare nella Chiesa cattolica. Tra qualche giorno, l’arcivescovo di Londra ordinerà preti cattolici molte decine di pastori anglicani. Sono fratelli (e sorelle) il cui passaggio è stato provocato dalla decisione della gerarchia anglicana di ordinare donne. Una decisione che non ha portato loro alcun cattolico (e nessuna cattolica!), mentre ha provocato un esodo importante verso il cattolicesimo. I fatti, professor Kung, non sono - almeno qui - il contrario esatto di quanto affermano le sue teorie? Che dice, per esempio, di quell’Olanda che prima del Concilio era forse il Paese al mondo con la più fervida vita cattolica, che subito dopo il Concilio divenne la speranza e la Mecca del progressismo clericale, che attuò l’attuabile delle riforme che Lei invoca, coprendo di disprezzo «l’arcaica teologia romana», e che in breve fu ridotta a un deserto dove le chiese che non cadono in rovina sono trasformate in supermarket, in pornoshop, in hamburgherie? Nessuno Le ha mai rivelato, don Kung, che, se il più cattolico dei Continenti, quello latinoamericano, sta passando rapidamente in massa a quelle sètte «impazzite» che dicevo o torna ai cult i afroamericani, è proprio perché cerca lì quanto non gli dà più certo clero cattolico che (formatosi spesso alla scuola di quelle Sue facoltà tedesche) dice di «aver scelto i poveri», mentre «i poveri» non hanno scelto lui? Forse, Lei opporrà altri fatti ai miei. Li valuterò con attenzione: il solo «carisma» che mi attribuisco è quello della fallibilità. Credo però di non sbagliare ricordando che - andando «a monte», come diceva quel vecchio Sessantotto che solo nella Chiesa si prolunga, come Lei ci testimonia - ciò che divide Lei da coloro che insulta è, alla fine, la concezione stessa della Chiesa. La quale non è un club dove i soci possono cambiare a piacimento lo statuto per «adeguarlo ai tempi», non è un circolo di lettori dello stesso vecchio Libro, dove ciascuno difende la sua interpretazione; non è nemmeno un’assemblea dove il «secondo me» di ciascuno vale quello di qualsiasi altro. Quel Papa, al quale (ripeto: spero che il Suo pensiero sia stato frainteso) Lei sembra augura re una morte liberatrice, non è padrone ma servo e amministratore di una Scrittura e di una Tradizione che non sono sue, come non lo sono di alcun altro uomo. Mi fermo subito: mi sentirei un po’ ridicolo se andassi oltre l’accenno del problema con chi, come Lei, conosce assai meglio di me non solo l’ecclesiologia cattolica ma anche quella comparata. E, proprio perché la conosce - e così bene - mi permetta di dirLe che della Chiesa istituzionale, degli uomini di Chiesa, vedo tutti i limiti, tutte le magagne (che sono poi pure le mie: come ogni battezzato, non sono forse anch’io «la Chiesa»?); che conosco e approvo il vecchio adagio sulla Ecclesia semper reformanda; che sono così lontano da ogni trionfalismo da essere in sospetto a molti che sospettano anche di Lei. Eppure, forse proprio perché in questa vecchia Chiesa non sono nato, vi ho trovato - sperimentandone la vita concreta - un luogo di umanità, di libertà, di saggezza, di speranza, che avevo cercato invano altrove. Anche - e soprattutto - in quella «modernità» che La ossessiona e che Lei vorrebbe imporci e dalla quale gli uomini cercano a tentoni una via d’uscita per non morire d’asfissia. Saprà scusarmi, professor Kung, rispetto quei suoi «nuovi paradigmi» che ho meditato in tanti Suoi libri ma - quanto a me - Glieli lascio volentieri -. Se proprio debbo sbagliare, più che in Sua compagnia, preferisco farlo in compagnia di quei tanti per i quali quel Papa «polacco», come lo chiama, non è un peso ma un dono; non un padrone contro il quale rivoltarsi, ma un padre; non il presidente di un club, ma il successore di Pietro alla guida di una Chiesa che, per la fede, non è né solo né innanzitutto «il Vaticano», ma è il Corpo stesso di Cristo. Giornalista cortigiano? Dilettante e autodidatta della teologia? Laico abusivo tra i chierici «che sanno»? Forse, anche stavolta, me lo griderà sui Suoi giornali. In ogni caso, un fratello che, pur allergico a ogni retorica, Le conferma di volerLe bene; e di sentirsi solidale - malgré tout - con quella Sua pur stravolta passione apologetica e missionaria, in un mondo che non sopporta quelli come noi sospettati di «prendere troppo sul serio» la causa del Vangelo.

  • Non sono d’accordo con questa analisi del Pontificato di Giovanni Paolo II che è stato un grande Papa: Amare gli uomini non vuol dire abbracciare i peccati del mondo e dire: fate figlioli, fate pure quello che gli istinti, l’egoismo , l’amore per il denaro vi ispirano a fare... il mondo Gesù l’ha salvato con la croce e andando sulla croce.. l’edonismo, il lassismo .... non hanno mai fatto del bene a nessuno... anzi.. una condotta morale integra porta alla pace del cuore e alla pace con il prossimo... e quel che è ancora meglio alla PACE nel MONDO. Chi ha il superfluo e non pensa al fratello può dirsi cristiano, ma nei fatti non lo è. Le donne possono fare tanto bene alla chiesa e al mondo senza accedere al sacerdozio e pedofilia, sessualità senza limiti, omosessualità da che mondo è mondo non hanno mai reso l’uomo più uomo, ma l’hanno condannato ad avere un giogo pesante da trascinare e soprattutto lo hanno reso infelice e hanno resi infelici anche i propri familiari. Il mondo sarà più buono senza paletti? ABORTO, EUTANASIA, VIOLENZA SESSUALE, DIVORZIO ecc... l’elenco sarebbe molto lungo... renderanno felice l’uomo del terzo millennio? Mi auguro che un poco di sana moralità, senza stupidi tabù, possa rendere la vita sulla Terra più vivibile. Tanti auguri a Viviana di incontrare CRISTO come lo incontrarono San Paolo o i discepoli di Emmaus. Ely

    • Cara Ely, ti sento in buona fede e sono un po’ stanca della querela che avra’ stancato anche tutti. Mi rendo conto che ognuno ha una specie di paravento mentale che gli impedisce di leggere e di capire quello che non e’ in sintonia col suo quadro interno, per cui qualunque cosa sara’ scritta ancora, a qualcuno non servira’ a niente, certi fatti continueranno a essere ignorati per un principio di comodo, ed e’ da questo che nasce la mia stanchezza, non e’ vero che ’repetita iuvant’, a volte ’repetita’ non servono a niente, il filtro mentale continuera’ a non captarle. Il fatto e’ che manca nella tua elencazione qualsiasi approfondimento, e’ tutto talmente vago ed approssimativo che sarebbe anche troppo facile obiettarti che ci sono varie inconguenze, per esempio che:
       amare gli uomini non vuol dire abbracciare i peccati del mondo ma nemmeno farli e Voitila ha peccato di superbia, di megalomania, di totalitarismo, di personalismo e di intrigo politico, io credo che sia stato un grande personaggio politico e storico ma non un grande uomo
       nessuno chiede di seguire gli istinti anzi qui si chiede di usare di piu’ la ragione ed e’ proprio quello che la chiesa spesso non fa, mi pare anzi che certe manifestazioni oggi siano state volute piu’ per far vivere all’uomo la sua parte irrazionale che per maturarlo nella coscienza e nel raziocinio
       se si combatte l’egoismo, perche’ non si attaccano in modo piu’ diretto quei sistemi politici o economici basati proprio sull’egoismo come il neoliberismo? perche’ l’integralismo cattolico si limita a dire: vota per quei partiti che vietano l’aborto? senza curarsi del resto. Non si basavano quegli stessi partiti consigliati proprio su quell’attaccamento al denaro e sullo sfruttamento dell’uomo che qui tanto deprechi? perche’ c’e’ stato un perdono cosi’ facile per il vescovo usuraio di Napoli che nemmeno e’ stato rimosso o processato? perche’ il papa non volle il processo a quel Marcinkus cardinale reo di bancarotta e contornato da 8 assassini, che gli aveva fatto comodo per mandare capitali per coartare i governi della Polonia e dei paesi sudamericani? Cosa c’entrano questi intrighi finanziari e politici col Cristo?
       e perche’ vietare solo l’aborto e non vietare in modo piu’ articolato la guerra? (non mi venire a dire che il messaggio pacifista del papa e’ stata raccolto da tutto l’episcopato o da quegli stessi partiti che il Vaticano, perche’ non sarebbe vero!) Voitila, nonlo ripetero mai abbastanza, ha codnannato la guerra in Irak, non ha condannato la guerra in Kossovo. Dov’e’la corenza?
       e poi perche’ tanta avversione per la regolamentazione delle nascite e cosi’ poca spesa per alleviare la miseria del mondo che pure porta morte o trascina vite stentate? perche’ non ci deve essere parola per la qualita’ della vita? Che senso ha impedire la diffusione del preservativo in Africa e poi non dire una parola per i bambini che nascono malati e gia’ votati alla morte? La stessa obiezione vale per l’eutanasia? Che pieta’, che amore umano e’ impedire a un uomo preda di dolori mortali e in punto di morte di scegliere di essere staccato da una macchina? E perche’ allora anche Voitila non e’ stato attaccato a una macchina?
       giustamente tu attacchi la pedofilia, spiegami allora perche’ il papa e’ stato cosi’ facile al perdono senza rimuovere quei sacerdoti che in America hanno portato tanto scandalo con le seduzioni di minori,
       e se sei cosi’ contraria al divorzio spiegami perche’ la chiesa vuole avere il monopolio per fare lei quei ridicoli e grotteschi annullamenti di matrimoni (cosi’ facili per i potenti) attraverso la sacra Rota e dietro versamenti cospicui di denaro, lasciando i figli nati dal matrimonio senza alcuna tutela legale, come non nati, e prendendo come causa di anullamento regole banali come aver fatto i tarocchi, aver scritto una lettera precedente alle nozze dichiarando di non voler avere figli ecc., dichiarare mentendo di non poter generare anche in presenza di figli gia’ generati....
       in quanto all’omosesualita’ ci sono stati tempi e culture in cui essa era la norma, pensa alla Grecia classica, non e’ vero che e’ contro natura o che e’ sempre stata avversata culturalmente, quella tua frase ’da che mondo e’ mondo’ e’ priva di basi storiche, io voglio bene ai miei amici e ce ne sono di omosessuali a anzi sono i migliori, non credo che le loro tribolazioni dipendano dalla loro natura, bensi’ vedo chiaramente che dipendono da persone come Raztinger
      No, le contraddizioni della chiesa di Roma sono troppe perche’ si possa parlare di innocenza, e la tua lettera e’ davvero troppo semplicistica perche’ possa essere seria.
      Il Cristo si incontra ogni giorno nell’uomo, non c’e’ bisogno di auguri particolari, ma credo sia molto difficile incontrarlo nella cheisa trionfante
      auguri a te di guardare ogni tanto in basso e non sempre ai vertici
      San Paolo non e’ il mio autore preferito anche se ha parlato molto dell’amore, ma era uno di quelli che odiarono le donne e sarebbe ora di piantarla a dire che esse possono realizzarsi nel servizio, anche Ratzinger parla molto di servizio ma intendendo un’altra cosa
      viviana