Home > giornata mondiale contro la violenza sulle donne : Sabato 27 le Donne in (...)

giornata mondiale contro la violenza sulle donne : Sabato 27 le Donne in Nero di Udine

Publie le venerdì 26 novembre 2004 par Open-Publishing
2 commenti

Donne Manifestazioni-azioni

In occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne 25 novembre 2004

le Donne in Nero di Udine manifesteranno

Sabato 27 novembre 2004
in Piazzetta Lionello a Udine
dalle 16.30 alle 18.30

aderendo

alla campagna mondiale contro le violenze sessuali sulle donne nelle situazioni di conflitto e nelle zone militarizzate, lanciata dal Seminario internazionale della Marcia Mondiale delle Donne che si è tenuto dal 26 al 30 settembre 2004 a Goma, nella Repubblica Democratica del Congo.

Le violenze sessuali e fisiche contro le donne proliferano in tutto il mondo e sono particolarmente estese nelle zone di conflitto e nei territori o paesi occupati.
La causa profonda di questa violenza è il sistema patriarcale che marginalizza le donne e le sottopone a una negazione di bisogni e diritti, in ragione della loro appartenenza di genere.

La "guerra contro il terrorismo" è servita da pretesto per una smisurata crescita della militarizzazione che ha prodotto numerose conseguenze per le donne in rapporto allo stupro, alla tortura, alle mutilazioni, ai rapimenti, agli assassinii extraguidiziari, alla prostituzione e al traffico sessuale.

La militarizzazione ha accresciuto anche la povertà. Le risorse economiche e la ricchezza sono investite nella fabbricazione e nel commercio di armi invece di essere impiegate per programmi sociali e per l’educazione, fattori che gioverebbero all’intera collettività.

Le Donne in Nero esprimono la loro solidarietà

alle donne di tutto il mondo che sono sole e isolate nelle regioni in conflitto e nelle zone militarizzate.

Chiedono alla comunità internazionale di opporsi alla violenza sessuale, di adottare delle misure per prevenirla, di rendere imputabili gli autori e di tradurli in giudizio.

Considerano cruciale la partecipazione delle donne alla costruzione di una cultura di pace. Inserendo a pieno titolo la prospettiva di genere nella prevenzione dei conflitti, nella gestione delle crisi e nel consolidamento della pace dopo i conflitti, si potrà assicurare alle donne un ruolo di primo piano nell’edificazione della pace e nel rispetto dei loro diritti.

Le Donne in Nero aderiscono anche

alle iniziative della Ruta Pacifica de las Mujeres, rete di donne colombiane che si battono per una soluzione politica del conflitto nel loro paese. Per il 25 novembre di quest’anno, le attiviste della Ruta hanno organizzato la mobilitazione delle donne del Chocó, una regione continuamente minacciata dalle diverse parti armate, dove le donne guidano l’attivita economica, venendo continuamente violate nella loro intergità fisica, e sottoposte alla crudeltà della guerra.

Il 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne, costituisce un’occasione importante per denunciare un fenomeno che non si manifesta solo nei paesi in conflitto, ma attraversa i continenti e le classi sociali, investe il nostro territorio e le città in cui viviamo, si produce all’interno delle mura domestiche sotto forma di sopraffazione sessuale, fisica, morale e psicologica.

Messaggi

  • Associazione Volontarie del Telefono Rosa

    Via Assietta 13/a – 10128 Torino

    Telefono 011.530666/5628314 – fax 011.549184

    Internet: http://www.mandragola.com/tel_rosa

    e.mail: tel_rosa@show.it – telefonorosa@mandragola.com

    Il 25 novembre 2004 non e’ solo la giornata per chi subisce la violenza o contro i perpetratori di violenza: e’ anche la giornata contro quelle norme che, di fatto, aumentano il rischio di conflitti e prevaricazioni, di cui la violenza contro le donne si alimenta. Questo il testo che diffondiamo.

    COMUNICATO STAMPA: Affido condiviso? No, coatto.

    Con questo titolo, nel mese di febbraio di quest’anno, il Telefono Rosa di Torino aveva indicato la propria netta e inequivocabile posizione in merito al disegno di legge n.66, altrimenti identificata come nuova legge sull¹affido congiunto.

    Un tema che, negli ultimi giorni, ha tratto nuova linfa da posizioni politiche e associative così come da prese di posizione di noti personaggi del mondo artistico, insieme ad una chiara e ovviamente favorevole posizione da parte delle associazioni dei padri separati.

    Non crediamo che le polemiche siano utili all¹opinione pubblica per capire fino in fondo il motivo del contendere: preferiamo quindi ragionare sui dati disponibili.

    Che tale norma, se operativa, possa diventare un ulteriore aggravio in termini di dipendenza e di potenziale ricatto nei confronti delle donne che si affrancano da coniugi violenti o anche solo "distratti" nel periodo della convivenza, non è un dubbio: è una certezza.

    Il problema è invece più ampio, e l¹attuale proposta di legge non favorirebbe per nulla, nel concreto, i padri non affidatari che soffrono per la difficoltà ad esercitare il proprio ruolo paterno.

    Cominciamo dai dati: 79.642 separazioni e 41.835 divorzi (dati 2002, fonte ISTAT).

    Più del 76% delle separazioni avviene consensualmente; a queste si aggiungono un 10,1% di separazioni che, iniziate giudizialmente, traslano poi del tutto fisiologicamente in un consenso reciproco: quindi, siamo vicini ad un 86-87% di distacchi le cui regole sono stabilite in modo consensuale.

    Ma è interessante notare che, nella fase di divorzio, la procedura consensuale resta attestata intorno al 78% circa: ciò vuol affermare che, a distanza di tempo, non sono poi tantissimi i padri (dando per scontato che l¹affidamento alla madre è il più utilizzato) che ingaggiano lotte feroci per modificare le condizioni dell¹affido dei figli, avendo constatato strenue resistenze o indicibili ricatti da parte delle ex mogli. Tenendo sempre presente, però, che l¹affido unico (alla madre o, in alcuni casi, al padre) e quello congiunto o alternato, sono possibilità giuridicamente attuabili anche con la normativa ora in vigore.

    Gli stessi dati ci mostrano che la durata media dei matrimoni per i quali viene attivata una procedura di separazione tra i coniugi è di 13 anni; tra i matrimoni, però, 1 su 4 dura meno di 6 anni. Ciò vuol affermare che, nella stragrande maggioranza dei casi, i figli nati dall¹unione possono essere o piccoli o addirittura molto piccoli.

    Non sarà certo la nostra Associazione a perorare la causa globale della maternità come elemento essenziale della vita delle donne: ma è certo che la maternità ha una connotazione in termini d¹abilità gestionale e di legame d¹attaccamento con i figli ben diversa dalla paternità, che la stessa psicologia dello sviluppo colloca in fasi successive della vita dei bambini.

    Senza nulla togliere ai diritti dei padri, è chiaro che il tutto si gioca nell¹ambito della correttezza dei rapporti tra gli ex coniugi: se esiste civiltà e comprensione, anche l¹affido unico non genera alcuna ritorsione né mancanza di diritti per il coniuge non affidatario.

    In fondo, tutti conoscono coppie che, al di là delle regole stabilite in sentenza, collaborano in modo efficace nel rispettivo ruolo genitoriale: e molti conoscono coppie nelle quali il genitore non affidatario frequenta i figli con modi e tempi di molto superiori allo "standard" giudiziario.

    E¹ anche vero che molti sono a conoscenza di separazioni conflittuali: nelle quali l¹affido congiunto (dati alla mano) non farebbe che aumentare il tasso di conflittualità. Problema che, paradossalmente, lieviterebbe verso l¹alto nel caso in cui l¹affidamento congiunto diventasse non una libera scelta, ma un obbligo reciproco, ben sapendo che sono molte le coppie in stato di matrimonio ad alto tasso di divergenza per ciò che riguarda la vita e l¹educazione della prole. Vorrebbe dire affermare che la legge attiverebbe non un meccanismo di espressione di un diritto, ma una procedura che darà impensate occasioni di conflitto, di ritorsione e di ricatto, da ambo le parti. Ovviamente, più dal punto di vista maschile, tenendo presente che, comunque, la permanenza abitativa con la madre resterebbe, dal punto di vista logistico, ancora la più perseguita (per la stabilità abitativa, per la certezza quotidiana, per lo stesso equilibrio di un bambino, soprattutto se in tenera età). Insomma, affido condiviso per pari opportunità, dicono i sostenitori; vita quotidiana, regole, e quant¹altro appartiene alla vita di tutti i giorni, come sempre, a carico della madre, diciamo noi.

    Non commentiamo, in questa lettera aperta, le aberranti ipotesi legate al contributo economico per i figli: le divergenze che ci sono in campo affettivo si moltiplicano all¹ennesima potenza se entriamo in campo economico.

    Quanto alla mediazione, attenzione a non considerare soluzioni di sicura efficacia delle procedure che, per il fatto solo che la legge astrattamente le preveda, non è detto siano già in grado di essere concretamente attuate e accessibili a tutti con apprezzabili risultati (e, per la verità, con legittime perplessità sul fatto che tali procedure possano diventare efficaci anche nel futuro).

    In sostanza, ci troviamo di fronte ad un articolato di legge che, nel nome del diritto del padre, stravolge gli stili di attaccamento, le certezze, la stabilità abitativa e i riferimenti psicologici dei bambini. I quali, lo abbiamo visto, sono nella maggior parte dei casi molto piccoli, quindi tendenzialmente legati da uno stile di attaccamento molto efficace nei confronti della madre e bisognosi di una presenza paterna che, però, non deve essere fonte di incertezze. Circostanza che, invece, nel disegno di legge appare non una possibilità, ma una certezza giuridicamente determinata.

    Ma i problemi non si fermano qui: il diritto non ha nulla a che fare con la genitorialità. Questa è una condizione, uno stato psicologico e un¹assunzione di responsabilità. Ma è possibile che nessun padre separato abbia potuto far valere i propri diritti a fronte di una separazione, lo abbiamo visto, quasi sempre ottenuta consensualmente? Forse varrebbe la pena non tanto contare le associazioni, ma gli associati: e verificare i numeri che potrebbero trarre vantaggio da una legge che, come sempre quando si vanno a regolamentare i rapporti umani e soprattutto quelli affettivi, è ad altissimo rischio.

    Forse vale la pena sottolineare che l¹osservatorio del Telefono Rosa di Torino, anche se ovviamente limitato alla propria sfera di azione, mostra con gran frequenza incapacità o deresponsabilizzazioni paterne (quando non vere e proprie angherie o violenze relazionali).

    Ma al nostro osservatorio se n¹aggiungono altri: la stessa Simonetta Matone, Sostituto Procuratore al Tribunale per i Minorenni di Roma, ha avuto occasione di affermare in una nota trasmissione televisiva, che si assiste con gran frequenza a fenomeni di mancata responsabilità paterna e di incapacità a gestire la propria genitorialità. E non parlava esclusivamente del proprio osservatorio sul disagio minorile. Si obietterà che anche il suo è un osservatorio parziale, ma contando le critiche alla proposta di legge, appare del tutto evidente che ci sono tanti osservatori, molto diversi tra di loro, con ottiche anche contrastanti e contesti del tutto variegati, che esprimono la stessa, identica opinione: questo disegno di legge non deve concretizzarsi in una legge dello Stato, poiche’ crea piu’ problemi di quelli che vorrebbe risolvere.

    Insomma: un quadro a tinte fosche per una norma che forse nemmeno le associazioni dei padri separati hanno valutato con profondità. Con un risultato: che se pur fosse che i padri depressi possono tendere al suicidio (in queste condizioni, ci sia consentito, quale competenza genitoriale avrebbero da spendere per i loro figli?) nel futuro saranno molti di più i padri e anche le madri che non sapranno come gestire una legge che sarà, più che una norma che esprime diritti, un capestro che originerà conflitti.

    Torino, 23 novembre 2004

    Le Volontarie del Telefono Rosa di Torino

    Invitiamo chiunque voglia sottoscrivere il nostro documento a compilare il seguente modulo e inviare via e-mail

    ADESIONE ALL’INIZIATIVA " Affido condiviso? No, coatto"
    del TELEFONO ROSA DI TORINO Onlus
    .
    NOME ENTE/STRUTTURA
    oppure Nome e cognome

    Citta’

    E.Mail

    Eventuale indirizzo del tuo sito Internet:

    Il tuo messaggio pubblico (facoltativo):

    homepage
    Ai sensi della legge 765 del 31/12/96 dichiaro di dare il consenso
    al trattamento dei dati personali per gli usi consentiti.

    Attenzione con alcuni sistemi operativi
    all’invio dei dati puo’ apparire un messaggio di sicurezza.
    Per cortesia accettate l’invio della mail di richiesta informazioni.<

    • LA MITEZZA E’ UN "VIRTU’ FEMMINILE"
      Sentenze Esclusive

      con commento di "Lavatrice Rosa" (l’elettrodomestico impegnato per i diritti dei bambini contro tutto ciò che è coatto o obbligatorio)

      05/12/2004
      Un mese di carcere e 2.300 euro. Senz’altro così è stato punito dalla Corte di Cassazione, sentenza 46775/04, Vittorio D.G., papà napoletano, quarantanove anni, che prese a ceffoni la propria figlia, Maria Chiara, perchè disegnava cuoricini nella sabbia. Per quel gesto, infatti, gli ermellini della Quinta sezione penale hanno deciso di infliggergli la condanna esemplare a un mese di reclusione, senza condizionale, più il pagamento delle spese processuali di cinquecento euro (alla cassa delle ammende) e di 1800 euro alla moglie che si era costituita parte civile contro il marito.


      MAGGIO 2003

      Sondrio, bimba annegata nella lavatrice
      Aveva solo otto mesi Vittoria, la neonata trovata ieri nella lavatrice di un appartamento nella frazione Madonna dei Monti, del comune di Santa Caterina Valfurva (Sondrio). Il fatto è stato scoperto poco prima delle 19, ma quando
      sono scattati gli allarmi, per Vittoria non c’era più nulla da fare: era morta annegata, dentro il cestello della lavatrice, carico d’acqua e detersivo. Il procuratore di Sondrio, Elvira Antonelli, ha disposto i primi accertamenti sia sulla salma della neonata, sia nella casa dei parenti dove è avvenuto il delitto. Secondo indiscrezioni, a trovare il corpo senza vita
      della piccola , sarebbero stati il padre della neonata, Venanzio Compagnoni e la sorellina, di ritorno da Livigno dove si erano recati per fare il pieno di benzina.

      3 LUGLIO 2003

      Resta libera la donna che annego’ la figlia in lavatrice

      Resta completamente libera Loretta Zen, la trentaduenne di Madonna dei Monti, frazione di Santa Caterina Valfurva (Sondrio), che il 13 maggio di un anno fa uccise la figlia di otto mesi affogandola nella lavatrice di casa mischiata ai panni sporchi. I suoi avvocati hanno reso noto che il Tribunale
      del riesame ha confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari che aveva respinto la richiesta di una misura cautelare.
      La donna -dichiarano gli avvocati Giuseppe La Capria di Bormio e Matteo Muzio di Tirano - probabilmente uccise la bimba in preda ad una crisi depressiva post-parto, ma non è assolutamente pericolosa.

      La nostra assistita, seppure completamente libera, continua a rimanere nella casa di cura lombarda, dove sta sottoponendosi, con ottimi risultati, a una terapia (lezioni di ballo?) volta al suo pieno recupero". (red)


      commento

      E’ stato così rispettato il diritto dei bambini alla prematura dipartita così come è stato evitato dalla mamma che fosse
      resa obbligatoria o coatta la permanenza della figlia fuori dalla lavatrice