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Cofferzemolo avrebbe dovuto occuparsi di merda di cane

Publie le venerdì 28 ottobre 2005 par Open-Publishing

Dazibao Discriminazione Governi

di Franco Berardi Bifo

Questa mattina uscendo, proprio sulla porta di casa vedo un’enorme merda di cane. Rischio di pestarla e maledico il punk a bestia che ha portato il suo cane proprio qui. Poi ci ripenso e cerco di ragionare. L’argomento è di grande attualità, fu molto dibattuto già dai tempi del sindaco Vitali.

Guazzaloca fece grandi promesse poi largamente disattese. Anche Cofferati, se stiamo alle promesse, avrebbe dovuto occuparsi di merda di cane. Ma il problema persiste, persiste, e la città non smette di scivolare. Ragionavo dunque di merda, uscendo di casa stamane. Ho ragione di maledire il punk a bestia che porta il cane a cagarmi sotto casa? Un po’ di ragione ce l’avrò, ma mica tanto. Di fronte ad un fatto tanto semplice debbo farmi alcune domande complesse: perché si moltiplicano i cani da qualche tempo?

Prima risposta: perché un cane è una fonte di calore per chi deve dormire per strada. E in una città in cui un posto letto in camere affollate costa 300 euro sono molti a dormire per strada. Ma non basta. Seconda risposta: l’ultima generazione ha imparato a non attendersi calore umano da nessuno se non dai cani. Gli umani non sono più disposti a concederti né un sorriso né una mano. Siamo tutti concorrenti l’uno per l’altro, nel traffico, sul lavoro, in strada ci guardiamo (se così posso dire) in cagnesco, e solo nei
cani i più emarginati possono trovare un po’ di umanità.

Sì d’accordo, direte voi. Ma perché proprio sulla soglia di casa, sotto i portici, alla fermata dell’autobus? E dove sennò? A Bologna non c’è più nemmeno un millimetro quadrato di verde, non c’è un albero nemmeno a piangere. A Bologna non si respira. L’aria forse più inquinata della terra. Sarà mica anche questa colpa di Cofferati?

Naturalmente no, è da un paio di decenni che le strade trecentesche di questa città sono invase dal veleno delle automobili. Nel 1984 ci fu un referendum tra i cittadini, che al 70% votarono per l’interdizione del centro ai veicoli a motore. Non se ne fece niente, e Cofferati per il momento non ha fatto alcunchè. Ah sì dimenticavo, ha attivato il controllo sugli ingressi, ma il traffico non è
diminuito affatto, e si soffoca sempre di più. Piuttosto che perdere tempo a stabilire quanto sia importante la legalità, non sarebbe meglio discutere sul modo per ridurre il traffico e l’inquinamento? Poi sono andato all’edicola e ho letto sui giornali le opinioni di Francesco Merlo, Lucio Dalla, Angelo Guglielmi ed altri intellettuali che, per rimanere in argomento, menano il cane per l’aia quando si tratta di rispondere con precisione alla seguente domanda: distruggere le baracche in cui sono costretti a vivere dei lavoratori spinti alla clandestinità da una legge razzista è segno di intelligenza e umanità?

Sulla Repubblica di ieri Francesco Merlo sostiene che è giusto quel che fa il sindaco di Bologna, come fu giusto abbattere le case abusive alla foce del Simeto, in Sicilia, perché sempre di abusivismo si tratta. Per quanto appaia ardito il paragone tra seconde case costruite dalla mafia per il fine settimana dei suoi affiliati e baracche in cui alloggiano dei poveracci che durante il giorno sono costretti a lavorare nei cantieri di Bologna, saremmo tutti d’accordo con quelle ruspe se il Comune di Bologna offrisse contestualmente una soluzione abitativa decente a coloro che arricchiscono una città che Merlo definisce «colta generosa ricca e solidale», dimostrando di non sapere niente della città di oggi, che è sempre più grassa sempre più triste e sempre più taccagna.

Secondo il censimento del 2001 a Bologna c’erano circa dodicimila case private sfitte. Molte sono affittate di nascosto (per non pagare le tasse naturalmente), ma si può valutare che settemila case private siano libere.

Quanto al patrimonio pubblico comunale, nell’aprile del 2004 le case sfitte erano 780. Un certo numero sono state allocate durante l’anno passato, ma molte centinaia restano disponibili. Se il Comune decide di sgomberare gli abusivi (che producono valore per la nostra economia) dovrebbe contestualmente imporre ai proprietari di tirare fuori le abitazioni disponibili, dovrebbe accelerare l’allocazione delle case pubbliche,
dovrebbe evitare che i lavoratori clandestini debbano dormire nel fango dopo aver lavorato tutto il giorno per costruire case. E invece il sindaco di Bologna ha dichiarato che le legge Bossi-Fini va rispettata come ogni legge, perciò i lavoratori clandestini per lui non hanno alcun diritto. Solo il diritto di farsi struttare.

http://www.liberazione.it/giornale/051027/archdef.asp


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