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Dalla finanza creativa a quella bigotta. La pornografia televisiva non paga tasse.

Publie le sabato 3 dicembre 2005 par Open-Publishing
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Dazibao Governi Televisione

di tenebrio molitor

"Nuove tasse sull’industria del porno". "Sta per ricominciare il Grande Fratello".

Un filo di putrescente ipocrisia collega le due notizie.

Partiamo dalla seconda: le varie "talpe" ed "isole" (uniformate ad un livello comunicativo incentrato sull’esiguità dei costumi da bagno) stanno per cedere il posto all’universalizzante capostipite, al patriarca di tutte le perversioni televisive.

L’infame genialità del Grande Fratello sta nell’aver neorealisticamente commisto attori e pubblico. Nel cinema neorealista non-attori recitavano se stessi, rappresentando l’autenticità di un paese (e di un’epoca) il cui vissuto si alimentava di storia oltre che di storie, ed era pertanto non riproducibile.

Nel paese attuale, viceversa, un unico beota polimorfo (con cinquanta milioni di facce ma un unico cervello) è attore suo malgrado anche se non ha niente da recitare: quest’ebete multicefalo pascola con le stesse modalità di fronte o alle spalle della telecamera, è cioè sia personaggio che pubblico.

Grande Fratello o piccolo porco che sia, l’Italia ipotimica sbava al cospetto di quattro coatti in scatola pagati per fingere di non recitare, saltuariamente appagata da una pomiciatina, da un pigiama slargato, da qualche esuberanza ormonale...

L’interesse incentrato sull’ambizione ad altrettali stomacanti avventurette degenera nel paradosso per cui lo spettatore si immedesima nel personaggio che per definizione non è personaggio ma spettatore egli stesso: in sostanza, desidera di essere ciò che è, e magari ne resta pure frustrato! Capita, a chi sostituisce l’etere alla vita.

Esibizionismo e voyeurismo finiscono per rivelarsi entità complementari, due orecchie del medesimo (grande?) porcello, che la TV metabolizza ed espelle con tanto di certificato: va in prima serata, non può far male. La pornografia invece è altra cosa, e va tassata.

Lì non c’è alibi, si fotte e basta, l’amplesso è tale e non tratteggiato nell’aere... E’ questo a offendere Ruini e la famiglia di buoni sentimenti: eccitazione senza coperture, un culo è un culo, privo di artistiche palme sullo sfondo, e non ci sono scuse.

Ma pensiamoci bene: tra un’onesta pornostar che onestamente spompina il superdotato di turno, e un microcefalo catodico che vorrebbe fare altrettanto ma non può per contratto, con chi preferiremmo andare a cena? Lo sa Tremonti, lo sa la Confindustria, lo sa la Compagnia delle Opere: che tra film, giornaletti e quant’altro questo settore fattura un congruo pacco di miliardi (e per di più puliti, senza OGM, atrazina o pesticidi).

E allora che paghino i pornografi per tutti, in base alla regressività della morale, che così si esclude l’ICI per la chiesa e al telecitrullo italiota il canone può rimanere invariato! Amen.

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