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E ADESSO, AL LAVORO

Publie le mercoledì 1 giugno 2005 par Open-Publishing
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Dazibao Referendum Partito della Rifondazione Comunista Parigi

La Redazione di Bellaciao

L’esperienza di queste settimane di discussione collettiva del Trattato costituzionale europeo fra cittadini di cultura e di orientamento ideologico diversi ha ridato il gusto della politica, quella vera, a tanti che se ne erano allontanati. Il dibattito di idee e l’interesse popolare, senza precedenti nella storia della costruzione europea, rappresenta un patrimonio da sviluppare e tradurre in proposta politica ed organizzativa.

ll 70% dei francesi ha espresso l’opinione che valeva la pena di votare in occasione di questo referendum: la maggioranza dei votanti (55%) ha votato NO. Questo dovrebbe far riflettere gli incerti, coloro che considerano inutile andare a votare "tanto tutto é già stato deciso", quelli che rinunciano a battersi ancor prima di farlo.

E’ un risultato clamoroso, se si considera il rumore assordante della propaganda fatta dal governo a favore del SI, servendosi di tutti i mezzi a sua disposizione, compresa la radio-televisione pubblica e la stragrande maggioranza dei media ed il trattamento di vero e proprio boicottaggio spesso riservato ai sostenitori del NO.

Il NO al TCE non é omogeneo, ma questo é naturale, date le contraddizioni profonde e laceranti che attraversano la nostra società, sia a livello strutturale, che anche, e soprattutto, a livello sovrastrutturale.

L’omogeneità del rifiuto, quella vera, si ritrova nella composizione sociale del voto: si scopre che hanno votato No la grande maggioranza degli operai (80%), degli impiegati, degli artigiani, degli agricoltori. Le classi intermedie, che rappresentano il grosso della base elettorale del PS, si sono divise fra quanti sperano ancora di salvarsi dalla crisi rifugiandosi sui pioli più alti della scala sociale e quanti, e sono tanti, sono ormai assimilabili al semiproletariato a causa del continuo peggioramento delle loro condizioni di vita.

Altro fattore omogeneo é quello geografico, se si considera che le regioni che hanno votato SI’ sono quelle che sono state meno colpite dalla deindustrializzazione galoppante (siderurgia, miniere, tessile) e che presentano meno problemi socio-economici. Sparsi nell’immenso mare di NO, sono emersi solo tre isolotti del SI’, da una parte nei luoghi dove il capitalismo raggruppa i più ricchi e dall’altra dove preoccupazioni legate alla perdità di sovranità hanno ceduto il passo ad un tradizionalismo a carattere religioso.

A Parigi, la ripartizione del voto fra la città e la banlieue é quasi una fotografia della sua composizione sociale. La città é ormai cosi’ cara e l’edilizia popolare tanto insufficiente (100.000 domande inevase) che la sua composizione sociale é ormai fortemente e sempre più sbilanciata a favore delle classi medio-alte, le sole a potersi permettersi il "lusso" di viverci. Mentre nella banlieue "ricca", quella occidentale, prevale il SI’, in quella "povera" del nord-est il NO conquista largamente la vittoria.

Le linee-guida del documento-proposta per un’altra Europa che il cartello del NO, dai partiti di sinistra ai movimenti, ai sindacati, alle associazioni ad esponenti della cultura e dell’arte si appresta a redigere sono chiare già adesso:

 l’Europa deve essere indipendente, non chiudersi come una fortezza ma aprirsi ai migranti ed a rapporti equi e solidali con il sud del mondo;

 l’Europa deve rappresentare la dimostrazione che é possibile andare oltre il nazionalismo, verso un internazionalismo che sbarri la strada al dumping sociale;

 l’Europa deve crescere intorno a politiche che vadano incontro prioritariamente agli strati più deboli della società, per reddito, per età, per condizioni fisiche e psichiche;

 l’Europa deve mettere mano ad un programma di riequilibrio ambientale iniziando dall’agricoltura, dai trasporti, dall’energia, impegnandosi in una riduzione progressiva ma decisa dell’utilizzo delle energie non rinnovabili, a cominciare da quella nucleare e sviluppando quelle rinnovabili, (biodiesel, solare, eolica, geotermica...). Inoltre l’Europa deve impegnarsi risolutamente nello sviluppo durevole con un concetto ecologico forte, come i programmi a "emissione zero" o la filosofia "Glocal" (pensare globalmente, agire localmente)

 l’Europa deve mettere a frutto l’inestimabile potenziale rappresentato dalla sua comunità scientifica, per sviluppare una ricerca di punta sul terreno dell’ecologia, delle energie rinnovabili e della bio-medicina, indipendentemente da una logica commerciale;

 l’Europa deve mettere in atto una politica di pace, sottolineando che la guerra non é un mezzo per risolvere le controversie internazionali, i suoi stati-membri devono uscire dalle alleanze militari e ridurre progressivamente la loro spesa per gli armamenti riconvertendo i posti di lavoro in un’economia di pace;

 l’Europa deve attuare forme nuove di democrazia, il più vicino possibile ai cittadini ed alle loro esigenze ed aspirazioni, abbandonando le pratiche decisionali analoghe a quelle di organismi come la Banca Mondiale, il FMI, l’OMC, l’OCSE che si sono impadroniti del governo del mondo;

 l’Europa deve attuare una politica di allineamento del diritto del lavoro e della sua remunerazione sulle condizione di maggior favore nel territorio dell’Unione, aiutando i paesi più poveri, per ripartire quindi verso un analogo allineamento a livello intercontinentale che la faccia finita con le delocalizzazioni e le migrazioni;

 l’Europa deve sottolineare il carattere laico dell’Unione, garantendo a tutti la libertà di culto, proteggendo le minoranze, salvaguardando la cultura di tutti i suoi popoli;

 l’Europa deve dare attuazione alla parità uomo-donna non soltanto sul piano delle retribuzioni ma anche su quello dei servizi e della legislazione che tale parità rendono possibile, deve garantire alle donne il diritto all’aborto ed alla contraccezione;

 l’Europa deve garantire pari diritti e pari dignità a tutti i suoi cittadini, indipendentemente dalle loro preferenze sessuali, combattendo i pregiudizi ancora largamente diffusi nei confronti degli omosessuali e le pratiche discriminatorie messe in atto nei loro confronti;

 l’Europa deve salvaguardare e sviluppare il carattere pubblico dei servizi, come quello sanitario, dell’educazione, dell’energia, delle pensioni, di tutto quanto giustifica e rende indispensabile l’esistenza di uno stato che garantisca a tutti i cittadini condizioni di vita decorose.

I prossimi referendum sul TCE si svolgeranno nei Paesi Bassi, in Lussemburgo,in Portogallo, in Danimarca e saranno altrettante occasioni per confrontarsi su questi temi con altri popoli europei ed arricchirli con il loro apporto.

La vastità e la complessità di questo programma e l’atteggiamento chiuso ed arrogante delle forze politiche e sociali oggi al potere in Europa rendono indispensabile che insieme al programma cresca lo strumento politico in grado di realizzarlo.

Analogamente a quanto avviene nel mondo sindacale, dove la dimensione nazionale delle rivendicazioni é ormai da anni in corso di superamento e da tempo é in atto un processo di costruzione di piattaforme rivendicative europee, come ad esempio quella che chiede un salario minimo europeo, anche nel mondo politico il bisogno di uno strumento nuovo, all’altezza della sfida neoconservatrice, diventa sempre più urgente.

Le ricette della socialdemocrazia o della "terza via" hanno dimostrato la loro inconsistenza, ieri con Clinton e Jospin, oggi con Schröder, mentre il crollo dell’Unione sovietica e dei paesi del socialismo reale hanno fatto giustizia di un’applicazione aberrante della teoria marxista: vi é oggi l’urgenza di rifondare la sinistra, una Sinistra europea che sappia raccogliere il contributo delle forze nuove che emergono dalla società non solo sul problema di sempre dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo ma su quelli dei giovani, delle donne, dell’ambiente ed organizzarle intorno ad un progetto di società nuova, praticando fin da ora gli obiettivi che lo compongono in tutte le situazioni ove cio’ sia possibile.

Parigi, 30 maggio 2005

Messaggi

  • Il no alla costituzione europea, prevalso in Francia ed in Olanda, registra un deficit di democrazia delle istituzioni europee. Chi ha detto no non si sente rappresentato nella costituzione convenuta ed accettata dai 25 stati membri. Ha detto no, probabilmente, e nel complesso, a quanto l’Unione Europea fa e/o non fa.
    Questo no è pericolosissimo. Un cammino paziente durato 50 anni si copre d’ombre. Il cavallo che si blocca di fronte all’ostacolo e rincula può smettere di provar a saltare. La storia avanza o retrocede, ma non sta ferma.
    L’invito a saltare di nuovo dovrà essere accompagnato da una revisione della Carta: ciò che era poco piacevole negli oltre 400 articoli potrà essere rivisto. Si potranno accompagnare modifiche per una maggior unità con canali più fluidi di partecipazione. Si potranno sottoporre a referendum le nuove domande di adesione di altri Paesi. L’allargamento deve essere bilanciato dall’approfondimento dell’Unione e da modalità di consultazione popolare più frequenti ed articolate.
    Il no non deve moltiplicare le urla scomposte dell’homo neardathalensis, ma attivare la ragione pensante.
    ciao,
    Carlo