Home > Fausto Bertinotti: "Lotta alla povertà combattendo anche la ricchezza"

Fausto Bertinotti: "Lotta alla povertà combattendo anche la ricchezza"

Publie le lunedì 12 settembre 2005 par Open-Publishing

Dazibao Manifestazioni-azioni Movimenti Partito della Rifondazione Comunista Parigi

di Checchino Antonini

"No justice! No peace!". Una, due, tre volte, sempre più forte, lo slogan risuona nella splendida piazza su cui s’affacciano il Palazzo dei Priori e la Cattedrale. Nei suoi 700 anni di storia ha cambiato nome più volte, prima piazza S. Lorenzo poi del Municipio, fino a piazza IV Novembre, tributo all’immane carneficina della prima guerra mondiale. Ieri l’Onu dei popoli vi ha svolto all’aperto l’ultima sessione per contenere i giovani di mezzo mondo provenienti dalla "loro" Onu che è stata ospitata a Terni. Perugia - città aperta dove stamattina saranno il sindaco e una delegazione di rifugiati politici a dare il via alla marcia per Assisi - potrebbe anche mutarne di nuovo il nome. Ma anche se non dovesse accadere, non muterebbe l’identità della città che ospita da sempre gli Enti locali per la pace, sono 161, soci fondatori della Tavola con sindacati, Arci, scout, chiese e ambientalisti. E promotori di un evento di massa "ma che sembra non esistere per la grande stampa", come denuncia Flavio Lotti, coordinatore della coalizione, e rischia di tramutarsi, l’indomani, "nella marcia dei leader politici", segnala Tonio Dall’Olio, dei Beati i costruttori di pace.

A lanciare lo slogan, citato nell’attacco, è stata Coumba Touré, giovane scrittrice ed educatrice popolare nel suo paese, il Mali, dove è attiva nella "Campagna del millennio". Sotto il palco, le rispondono entusiasti soprattutto gli scout dell’Agesci che colorano Corso Vannucci, il salotto buono della città, con i loro fazzolettoni. Coumba spiega che i poveri non esistono, che esistono, invece, persone impoverite. Altri dopo di lei, daranno i numeri: in 20anni sono stati sottratti all’Africa 272 miliardi di dollari sotto forma di sussidi all’esportazione per le agricolture del Nord del mondo. Sussidi che sono sei volte più grandi degli "aiuti allo sviluppo" tanto che un bovino, nell’Ue, gode di due dollari al giorno di contributi e milioni di africani sopravvivono con un solo dollaro. Un delegato keniano ammonisce il Wto: «Non meravigliatevi se molti di noi vorrebbero essere una mucca europea». La narrazione collettiva dei movimenti globali contro la guerra e la miseria, che sta venendo fuori dall’assise pacifista in corso da tre giorni a Perugia, riesce a fare piazza pulita delle versioni ufficiali dei governi e delle istituzioni della globalizzazione: gli uni raccontano le guerre come guerre di religione, le altre spiegano la miseria come inconveniente dello sviluppo.

Dopo Prodi (che ha risposto giovedì, a quasi tutte le domande e non sempre in modo esauriente), la Tavola aveva invitato Berlusconi che però ha tirato in ballo un «impegno istituzionale» ma che in realtà è nella vicina Gubbio per addestrare i quadri forzisti. Da lì fa sapere che la guerra continua a fianco dell’alleato angloamericano con buona pace di chi, anche nell’Unione, «s’era lasciato suggestionare dall’idea di un ritiro con lentezza», segnala Nicotra, responsabile pace del Prc.

Straordinaria, invece, l’assonanza tra le parole della scrittrice maliana e quelle di Fausto Bertinotti, intervenuto nella sessione del mattino dedicata alla lotta contro la miseria: «Per combattere la povertà - ha detto il segretario di Rifondazione, che oggi marcerà - bisogna combattere la ricchezza: la povertà non è più affrontabile senza intervenire sui meccanismi di accumulazione, sui modelli sociali». Questo perché non è il prodotto dell’arretratezza ma proprio di un modello di sviluppo «che genera diseguaglianza per poter funzionare» e torna «anche nei paesi che sembravano averla espulsa», spiega pensando a New Orleans dove il passaggio dell’uragano ha lasciato una «realtà di uomini come lupi, con l’esercito che deve sparare come in guerra». La «globalizzazione ha tradito già tutte le attese, non produce crescita, tantomeno economia sostenibile. La guerra è la risposta imperiale all’instabilità che la globalizzazione produce e, a sua volta, alimenta terrorismo e barbarie». Sradicare la ricchezza, dunque. Nella splendida sala trecentesca, non sono pochi a notare la differenza tra questo messaggio e quello, letto sul sito del Professore, che vorrebbe estendere i benefici della globalizzazione a chi non ne ha ancora goduto. E lo scarto si fa ancora più evidente nella successiva video conferenza con il forum del Pse in corso a Milano. Da lì, il direttore del Wto, Pascal Lamy, già commissario Ue al commercio, non riuscirà a dare una risposta adeguata alle domande di una donna del Sud Africa e di un signore keniano che non si fidano più di chi ignora da sempre le ripetute richieste di bloccare le liberalizzazioni dei servizi e del commercio.

Intanto, a margine delle sessioni e degli incontri, è stata messa a punto la risoluzione finale dell’assemblea, che sarà letta oggi pomeriggio dal palco della Rocca Maggiore di Assisi dove si concluderà il cammino dei pacifisti. Il documento è un messaggio ai capi di stato e di governo che stanno per aprire, a New York, il più grande vertice della storia. Si chiede loro di democratizzare l’Onu. Ma il Palazzo di Vetro «è sotto schiaffo», avverte ancora Bertinotti: «L’Onu dei popoli è una possibilità ma vivrà solo se i movimenti globali saranno la "seconda potenza mondiale"». Quando irrompe su telefonini e computer la vicenda del rapimento a Gaza dell’inviato del Corriere, Lorenzo Cremonesi, l’ansia prende il posto dell’allegria. Si riuniscono i promotori, con loro la delegazione di donne e uomini palestinesi formata soprattutto da familiari delle vittime della guerra e del terrorismo che si sono associati con vittime israeliane. Sono attimi febbrili, con l’arrivo dell’imam di Perugia e di Dashan Nour, leader delle comunità islamiche italiane. C’è un contatto immediato con il muftì, la massima autorità religiosa, della Palestina, parte un appello per il rilascio senza condizioni. La marcia avrà una ragione in più ma la festa stenta a proseguire fino a quando computer e cellulari, un paio d’ore dopo, ribaltano la situazione annunciando il lieto fine.

http://www.liberazione.it/giornale/050911/LB12D6FE.asp