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La Francia anti-scalate fa discutere la sinistra italiana

Publie le mercoledì 31 agosto 2005 par Open-Publishing

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Lo Stato d’oltralpe scende in campo per tutelare l’economia del paese. Pronta la legge anti opa a protezione di energia e difesa. Ferrero, Prc: "Sia un esempio"; Bersani, Ds: "No, questo è protezionismo". E Chirac punta 1 miliardo sulla ricerca

di Giada Valdannini

Mentre i colossi orientali continuano a sfidare l’economia europea, la Francia corre ai ripari sfoderando l’artiglieria pesante. E lo fa imponendo il blocco alle società che dall’estero tentano la scalata alle sue società strategiche.

Il ministro dell’industria, Francois Loos, ha infatti annunciato che il governo di De Villepin intende pubblicare una lista di settori strategici da tutelare dagli "attacchi" stranieri. "La nostra politica non è opporci sistematicamente all’acquisto di gruppi francesi da parte di investitori stranieri - ha spiegato Loos - Intendiamo fare in modo che le aggregazioni avvengano ad armi pari, in modo da preservare la competitività del nostro sistema produttivo".

La scelta francese ha provocato l’immediata levata di scudi dell’Unione europea che non ci ha pensato due volte a inviare un altolà: «Sono le leggi europee che regolano la questione delle opa e non abbiamo motivo di dubitare che le autorità francesi non tengano conto». Eppure, il commissario europeo alla competitività, Guenter Verheugen ci ha tenuto a mettere in guardia Parigi, precisando che «le norme europee del mercato interno sono un principio fondamentale», da rispettare.
Secondo le intenzioni, il governo francese avrebbe intenzione di far valere il principio di reciprocità presente nell’Unione: se le aziende straniere acquisteranno società francesi, dovranno fornire eguale opportunità nel loro paese. «Solo così - spiega il ministro Loos - le imprese potranno difendersi dai loro assalitori». A esser tutelati dallo Stato saranno soprattutto energia e difesa ma anche i colossi dell’economia francese come la Danone. A fine luglio, infatti, indiscrezioni di mercato avevano portato alla luce l’interesse degli statunitensi per il gruppo alimentare francese. La cosa non era piaciuta affatto, tanto che l’allarme aveva coinvolto tutto il sistema politico e onde evitare che l’azienda finisse in mani straniere si era mobilitato lo stato maggiore nazionale. «La pubblicazione del decreto e l’indicazione dei settori strategici - assicura il ministro Loos - forniranno un quadro chiaro agli investitori stranieri che intendono fare shopping in Francia».

Sta di fatto che questo intervento statale a difesa dell’economia è visto positivamente da molti. E’ il caso di Paolo Ferrero, responsabile economia e lavoro del Prc che sottolinea come «quello francese, essendo un procedimento limpido, dovrebbe essere d’indicazione per molti altri paesi». Per lui non si tratterebbe di protezionismo - come commentano invece da più parti - ma di «una legittima forma di intervento volto a mantenere alta l’attenzione sul proprio territorio. Una prassi che mira a scongiurare le scorribande di chiunque e che riafferma il principio dell’intervento pubblico sull’economia. Cosa che - aggiunge - dovrebbe essere invocata anche in Italia, come nel caso della Fiat». L’invito che viene dalla Francia, secondo Ferrero, dovrebbe essere accolto come elemento di riflessione. Di parere contrario, Pierluigi Bersani, responsabile economia dei Ds. «Bisogna che la Francia si adegui alla normativa comunitaria - ha dichiarato - In Italia c’è bisogno di un percorso opposto. Auspicherei processi di integrazione più che forme di protezionismo su scala nazionale. Reputo opportuno che la Francia si faccia promotrice di iniziative europee e non "franco-francesi"».

Intanto, mentre lo Stato francese scende in campo a tutela dell’economia nazionale, l’India lancia la sua offensiva facendo man bassa di stabilimenti produttivi, laboratori di ricerca e intere società. Il paese, leader nei componenti auto, biotech e farmaceutica, si sta espandendo sul mercato europeo. Come nel caso del gruppo Tata che, impegnato sul fronte delle tecnologie, si aggiudicherà la britannica Incat International. Quello dello shopping all’estero per l’India è una condizione consolidata. Fra il 2001 e il 2003 i grandi gruppi del paese hanno acquistato ben 120 società straniere, con una spesa complessiva di 1,6 miliardi di dollari. Un’operazione ripagata dai risultati: nel 2006, il controvalore delle acquisizioni sarà presumibilimente di 40 miliardi di dollari.

http://www.liberazione.it/giornale/050831/LB12D6A0.asp