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Lidia Menapace: Lettera dal Senato, su Afghanistan e politica estera

Publie le domenica 2 luglio 2006 par Open-Publishing
3 commenti

Dazibao Guerre-Conflitti Internazionale Governi Lidia Menapace

Cari pacifisti, vi spiego perché ho approvato quell’accordo

di Lidia Menapace

Oggi, cari amici pacifisti, devo narrarvi cose gravi e difficili e non per scarico di coscienza o per trovare giustificazioni o condivisioni da parte vostra, dato che so che la responsabilità di quello che decido è mia e intera la tengo.

Cominciano leprime decisioni del governo e la situazione non è allegra, almeno in Senato, dove -come è noto- la maggioranza è risicatissima e le imboscate possono sempre succedere.

L’opposizione per ora fa una azione di disturbo regolamentare, un vero e proprio ostruzionismo, che è un diritto, ma non è una politica, se non quella di sfiancarci o trovarci sotto di uno
o due senatori.

D’altra parte il governo e la maggioranza sembrano voler usare molto il voto di fiducia per compattare senatori e deputati, il che però rende sempre più impicciata e difficile l’azione politica, tutta stretta fra richieste di verifiche, dispute regolamentari ecc.

L’impressione di una sede che non ha rapporti con la realtà è sempre più forte.

Ieri 28 giugno siamo stati -state bloccati, si può dire l’intera giornata in una serie di impuntature (tutte sull’interpretazione del regolamento) che alcuni seguono con appassionato interesse e molti con atteggiamento di gioco e sfida: insomma una cosa alquanto grottesca. A me viene sempre in mente che se gli uomini avessero dovuto occuparsi non solo di se stessi, ma anche della cura di altri, non avrebbero costruito un mondo, specialmente
politico, con regole senza senso.

Un voto di fiducia siamo riusciti a darlo ma il secondo della giornata è stato bloccato dall’opposizione appunto con una sequela di trucchi regolamentari ai quali la maggioranza non sembra altrettanto attrezzata a respingere. Ero molto distratta e incapace di appassionarmi, solo dotata di pazienza, fomentata dall’aria condizionata d’aula.

Ero però molto agitata da quello che era successo il pomeriggio precedente, quando avevo ascoltato la relazione dei capigruppo del Prc di Senato e Camera sulle decisioni e dicharazioni del governo sull’Afganistan. Il Governo era partito con dichiarazioni, sia del ministro degli Esteri che della Difesa su posizioni che non si potevano accogliere, cioè di accettazione delle richieste della Nato (che non è nemmeno abilitata a
chiedere ciò che chiede) cioè di mandare altre truppe italiane e armamenti, quasi a giustificazione per essercene andati dall’Iraq. Attraverso una trattativa non semplice perchè quasi tutto l’Ulivo è d’accordo con simili posizioni, e dall’opposizione si profila una disponibilità dichiarata da
parte dell’Udc di fare da stampella al Governo su posizioni belliciste (non senza conti presentati).

Una sorta di cinismo ripugnante “scambio” Iraq con Afghanistan e un patto tra “moderati” apre alla Grande coalizione e allo “scarico” della sinistra radicale come fosse una partita a scacchi o a tombola.

Ciò che discutendo si è ottenuto è: nessun ampliamento di presenze italiane in Afganistan, nè di dispiegamento fuori dalle zone in cui sono già stanziate, il mantenimento delle stesse spese per la missione ma con una ripartizione più orientata al civile che al militare, la scrittura di una mozione di indirizzo e l’istituizione di una commissione di monitoraggio, appunto per seguire e tenere sotto controllo tutto.

Mi sembra importante che si sia riusciti a mantenere fermo il punto che nell’Unione ciò che è stato convenuto sul programma è impegnativo e ciò che nel programma non è contenuto deve essere trattatto con lo stesso metodo del consenso che è servito per il programma. E’ ciò che è stato fatto sull’Afghanistan ed è anche ciò che mi ha convinta ad approvare l’accordo, pronta a mutare opinione se i fatti del governo non fossero limpidamente
ancorati ad esso.

Non è semplice ciò che è stato ottenenuto ma sembra una
prima forma di riduzione del danno e la convalida del metodo della decisione a consenso. Anche l’avvio di una commissione di monitoraggio va capita bene e utilizzata il più possibile. Dire no all’accordo in questo caso accelera semplicemente lo scivolamento a destra del governo, il proflarsi di una maggioranza che raccoglie Casini e company su posizioni
molto filoatlantiche e così via. Il dilemma resta drammatico. La mia decisione resta sempre legata alla possibilità che verifiche insodisfacenti mi inducano a mutare opinione.

Messaggi

  • Brava Menapacefinta, fanno più danni le frecce tricolori che 2000 ns soldati armati fino ai denti.

    Afghanistan - 22.6.2006
    Afghanistan, più guerra che in Iraq
    232 morti in una settimana (122 in Iraq). In 3 mesi 340 bombardamenti Usa (160 in Iraq)

    Anche questa settimana, facendo il "bollettino delle guerre", ci siamo accorti che il numero delle vittime della “guerra negata” in Afghanistan è stato di molto superiore a quello della “guerra riconosciuta” in Iraq. I 122 morti settimanali del carnaio iracheno sono stati ampiamente "superati" dai 232 morti di quello afgano. Molti dei quali civili: uomini, anziani, donne e bambini, vittime dei bombardamenti dell’aviazione Usa sui villaggi controllati dai talebani.

    E proprio un importante dato riguardante i bombardamenti aerei statunitensi, diffuso nei giorni scorsi dal Pentagono, dà la conferma inoppugnabile del fatto che il fronte afgano è diventato ormai più “caldo” di quello iracheno: negli ultimi tre mesi, le forze aeree Usa hanno condotto 160 bombardamenti in Iraq e 340 in Afghanistan.

    Un dato che non stupisce, dato che in Afghanistan le forze Usa e quelle della “missione di pace” Isaf-Nato sono impegnate nella più grande offensiva militare dal 2001 (le operazioni “Avanzata di Montagna” nel sud e “Leone di Montagna” nell’est) nel tentativo di riconquistare le province meridionali e orientali, attualmente controllate dai talebani e dai signori della guerra loro alleati.

    E’ in questo teatro di guerra, una guerra più violenta e sanguinosa di quella irachena, che il governo italiano vuole inviare a Kabul 600 soldati (comprese forze speciali) e mezzi aerei (caccia bombardieri o forse elicotteri) facendo credere che andranno in missione di pace. In quello che qualcuno ha definito “il gioco dei quattro cantoni” che Roma ha concordato con Washington: fuori dall’Iraq, dentro in Afghanistan.

  • Non sono d’accordo Lidia, così si tradisce il mandato degli elettori che ti hanno votata secondo certi principi. Su certe cose così importanti non si possono accettare compromessi di questo genere; così facendo si da il via al qualunquismo e al non sentirsi rappresentati.

    Matteo

  • Sono giorni che cerco di capire se condividere o meno le posizioni dei senatori "dissidenti" senza riuscirci, perché d’istinto mi verrebbe di appoggiarli ma poi c’è continuamente qualcosa che non mi convince e non mi torna...
    Questa mattina mi sono svegliato e ho pensato ma Lidia Menapace che posizione ha preso? E ho letto questa lettera e mi ha convinto, anch’io se fossi lì voterei a favore.
    Io credo in idee e valori che molti considerano radicali, ma sono altrettanto convinto che il mezzo più sicuro e veloce per raggiungerli (e nei fatti è una strada lenta e polverosa, ma è l’unica che c’è, almeno questa è la convinzione che mi sono fatto) deve essere moderato, semplicemente perché o si è moderati e si accetta il duro lavoro di costruire un montagna granellino di sabbia dopo granellino di sabbia o semplicemente le cose non si realizzano e gli ideali rimangono mere utopie.
    Molte delle posizioni in materia di politica estera e risoluzioni dei conflitti diffuse nel centro sinistra, in primis Dalema (tutt’ora convinto di aver realizzato una splendida cosa, anche se dolorosa, bombardando il Kosovo), proprio non mi piacciono; ed è sconfortante vedere come dopo anni e anni nel dibattito politico non sia passato quasi nulla di tutta l’analisi sulla dinamica e la genesi dei conflitti e sui metodi per gestirli e ricomporli prodotti dal pensiero e dalla prassi nonviolenti: ogni volta che sento parlare di "guerra umanitaria" mi viene da urlare, perché ritengo che significhi non aver capito un emerito nulla.
    Però il compromesso descritto da Lidia lo trovo accettabile, dovrà continuamente essere riverificato, continuamente si dovranno fare sforzi per portare idee e contenuti alternativi al pensiero main stream in termini di conflitti, ma saremo in grado di grado di cambiare le cose, ci credo!
    Grazie Lidia e una volta di più rimpiango che tu non sia diventata presidente della Commissione Difesa (difesa, che puà essere fatta con infiniti strumenti, non esercito! sic) del Senato

    Giuliano T.