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Montezemolo - Il vangelo secondo Luca. Tutto il potere ai padroni

Publie le venerdì 19 agosto 2005 par Open-Publishing

Economia-Budget Governi Rina Gagliardi

di Rina Gagliardi

Succede di tutto, quest’estate. Succede perfino che il presidente di Confindustria chieda le dimissioni del governatore di Bankitalia: una cosa mai successa, a memoria d’uomo. Indizio estremo di quell’arroganza politica - per di più ammantata di toni moraleggianti - che contraddistingue, non da oggi, il capo degli imprenditori italiani. D’altra parte, viviamo un’epoca - una stagione - in cui tutto o quasi si rovescia nel suo opposto: non solo non c’è più uno straccio di regola che tenga, ma la politica tende progressivamente a svuotarsi e a farsi pura ancella dell’economia - a sua volta sempre più selvaggia, speculativa, improduttiva. Perché meravigliarsi del fatto che, in una crisi così profonda, Luca Cordero di Montezemolo si autoincoroni come novello pontefice laico o nuova Authority politico-morale della nazione?

Beh, noi non ci meravigliamo - ma un po’ (parecchio) ci indigniamo. Quella specie di "Manifesto" per il riscatto d’Italia, pronunciato in quel di Cortina d’Ampezzo, ha un inconfondibile odor di padronato. E prima di ogni altra cosa tradisce un’intenzione totalizzante: fare del padronato la nuova fonte del diritto, o la nuova sede suprema dove si decide il funzionamento delle istituzioni. Sul Governatore di Bankitalia si possono avere opinioni o giudizi diversi, tutti a diverso titolo leciti - si può pensare, come molti di noi pensano, che non abbia più gran senso una carica a vita di questa portata, specie da quando il governo effettivo della moneta si è spostato in Europa.

Ma il capo degli imprenditori non può permettersi, come infatti nella storia non si era mai permesso, di mettere bocca su ciò che deve fare o non deve fare il Governatore: per ragioni evidenti di conflitto di interessi, per il rispetto dovuto a quel che resta delle regole istituzionali. Insomma, per quel senso del limite e quel minimo di autoconsapevolezza critica che sono richiesti a chiunque occupi un ruolo dirigente di rilievo - anche a un manager dalla carriera fortunata come Montezemolo. Forse che la Confindustria - o la Fiat - possono esser considerati "innocenti" rispetto alle schifezze che stanno succedendo, ovvero rispetto alla crisi in cui è precipitato il capitalismo italiano? Invece, appunto, siamo arrivati alla Confindustria-pulpito. La Confindustria che vuole, addirittura, riformare la politica, stabilire la data delle elezioni e, in buona sostanza, governare il Paese in prima persona.

Da questo punto di vista, certo, l’aspirazione non è nuovissima. Il fatto è che Montezemolo, persona civile e colta tanto da apparire a molti "illuminata", ha puntato fin dall’inizio a trasformarla in un progetto politico e di potere relativamente organico. Non un nuovo partito, ma una prospettiva "neocentrista" o bipartisan: dove non si tratta di scegliere l’uno o l’altro Polo, ma di allargare il più possibile, all’interno di ciascuno dei due schieramenti, il "partito neocentrista" e confindustriale.

Insomma, non importa di quale colore sia il gatto purché acchiappi i topi, come recita un antico proverbio cinese: non importa se il governo è di centrodestra o di centrosinistra, purché segua i dettati del padronato. Purché, in politica economica e sociale, resti al servizio degli interessi diretti del padronato stesso, magari della sua parte più "avanzata" come si diceva una volta (chissà che cosa voleva dire). E purché, soprattutto, non si lasci trascinare dalle rivendicazioni salariali e sociali del mondo del lavoro, dall’idea di mettere in moto un processo di vera redistribuzione della ricchezza, dalla tentazione di mettere in discussione le politiche di flessibilità, precarizzazione, privatizzazione - e così via. Un programma, in verità, molto chiaro, che, non a caso, all’interno dell’Unione trova sponde politiche significative. E che, nella crisi di credibilità dei partiti, può apparire perfino "ragionevole". Non rischiano di apparire "ragionevoli", oltre che affascinanti, tutte le opzioni extra-partitiche, tutte le ipotesi che riescono a dotarsi di un’immagine super partes?

Siamo insomma al punto in cui Confindustria riesce - ci prova - a spacciarsi come una forza "nuova", non determinata dal proprio particulare, ma mossa, nientemeno, che dall’interesse generale. Grazie al suo leader che moraleggia sui gravi problemi di questo Paese - proprio come se lui non c’entrasse nulla - e rilancia - proprio come se fosse un maitre-à-penser - la necessità di una nuova etica. Saremmo retro, o poco moderni: ma l’etica in bocca al boss di Confindustria ci fa impressione. Sarà l’etica di «Italia 90» o quella di Maranello?

http://www.liberazione.it/commento.asp?tutto=1