di Viviana Vivarelli
Nei vecchi schemi di economia, classica e neoliberista, è definito ‘bene’ tutto ciò che è suscettibile di valutazione economica. Ci si limita a studiare le transazioni dei ‘beni’ economici, la classe di riguardo è quella degli imprenditori, l’oggetto è il mercato, lo scopo il profitto. Negli schemi marxisti si guarda alla lotta delle classi, la classe di riguardo è il proletariato, l’oggetto è il lavoro, lo scopo è la presa di potere della classe subalterna o dei suoi rappresentanti. In ambedue i casi si rischia che l’etica sia travolta da altri scopi, che l’uomo sia strumentalizzato ad altri fini e che non si faccia il bene di molti ma lo strapotere di alcuni.
Contro l’economia che cerca un profitto e la politica che cerca un potere, gli studiosi pongono oggi interrogativi sulla sopravvivenza del pianeta.
Lo stile di vita del 20% della popolazione mondiale che usa l’80% delle risorse del pianeta rischia di distruggerci.
Abbiamo avuto economie dell’avidità e della lotta, il mondo ha bisogno adesso di una economia della salvezza, perché l’estinzione del pianeta ci minaccia tutti. Lo stile di vita occidentale non è sostenibile perché non è etico, distrugge il mondo e non potrà lasciarlo ai nostri successori.. Se non siamo una razza sciagurata, faremo bene a uscire dalla spirale del profitto e del potere, pena la nostra stessa estinzione. Oggi il concetto di ‘bene’ guarda a principi universali che non sono di classe o di censo, di ideologia o di potere, ma riguardano la vita di tutti, comprendendo anche i non ancora nati, i figli e i figli dei figli.
Si definisce ‘bene comune’ ciò che è essenziale, fondamentale e necessario alla vita. In tale senso devono tutelarsi come ‘beni comuni’: l’acqua, l’aria, il cibo, l’ambiente, la salute, la scuola, l’informazione... Questi beni sono di tutti e devono essere tutelati per tutti. Essi concorrono a formare la democrazia come potere di partecipare al proprio destino e di migliorare il proprio futuro.
L’acqua non è una merce, è un diritto inalienabile della specie; mercificarla vuol dire attentare alla sopravvivenza umana. L’acqua è un bene collettivo e una necessità primaria; come tale, deve essere difesa dalla mercificazione incontrollata e restare fuori dalle speculazioni del mercato. Non ha alcun senso che ci siano organismi internazionali posti alla difesa dei diritti umani, se non si pone al primo posto la difesa dell’acqua. Essa non è un bene commerciale, è un diritto: sei miliardi di persone nel mondo sono titolari di questo diritto. Contro l’umanità intera, un numero esiguo di multinazionali tenta di averne l’appropriazione esclusiva; la Banca Mondiale, il Fondo monetario internazionale, il WTO e i governi del G8 le aiutano. Ciò non riguarda solo giganteschi profitti: chi controlla l’acqua controlla il mondo, per questo si combattono guerre apparentemente di etnia, religione o ideologia, che in realtà nascondono la brama di impossessarsi delle fonti idriche.
Siamo in un mondo dove l’acqua sta per avere più valore del petrolio...
Il riscaldamento globale, la desertificazione, la deforestazione, le monoculture, le attività minerarie, gli idrocarburi, l’inquinamento dei corsi d’acqua... stanno riducendo paurosamente le risorse idriche globali, al di fuori di ogni regola o controllo; la crisi dell’acqua è al centro della devastazione ecologica della Terra. Tra poco 50 paesi ne saranno privi per quasi di un miliardo di persone e il processo perverso andrà avanti.
Se un uomo in un anno ha meno di 500 metri cubi d’acqua muore. In India c’erano 3450 metri cubi a testa, ora solo 1000, ma le previsioni vanno verso i 700.
La morte per sete per miliardi di persone è la prospettiva creata da ‘questa’ globalizzazione. Vandana Shiva la chiama: “un fascismo economico che nega alle persone il diritto alle risorse”. Accanto al “terrorismo fondamentalista” c’è dunque un “terrorismo da impresa” altrettanto fondamentalista il cui dio è il capitale.
Globalmente il declino idrico del mondo risulta del 33% e la prima causa è l’abuso umano.
Vanda Shiva esamina la distruzione dell’India prodotta dalla privatizzazione delle falde freatiche, dalle 2000 dighe volute dalla BM e dalle tecnologie disastrose imposte dai grandi organismi internazionali per maggiorare i profitti di poche ricchissime società. Le sole dighe hanno portato all’esodo di più di 40 milioni di persone, il vantaggio è stato quasi nulla in confronto ai costi esorbitanti, e spesso è consistito nei profitti giganteschi delle imprese. A livello mondiale 2 miliardi di dollari (i dati sono del 2002) sono stati spesi per 45.000 grandi dighe, che hanno prodotto deviazioni di fiumi, siccità di interi territori, devastazione ambientale, immiserimento delle popolazioni, esodo forzato, distruzione di villaggi e cambi climatici... Dice la Shiva: “Le grandi opere idrauliche avvantaggiano i potenti e impoveriscono i deboli”.
La Banca mondiale è accusata di un ruolo di primo piano nella sparizione delle acque per un business vantaggiosissimo che ha attratto colossi come la Monsanto o la Vivendi in un mercato di miliardi di dollari. Quando questi colossi avranno portato avanti la loro campagna di privatizzazione dell’acqua, il mondo sarà messo in ginocchio. Acqua vuol dire condutture, fogne, depurazioni, immondizia, agricoltura, allevamento, industria, economia, vita... Spesso la privatizzazione è la condizione imposta dalla BM ai paesi in crisi che chiedono prestiti, ma le analisii fatte in Argentina, Cile, Messico, Malaysia, Nigeria... sono terrificanti.
Si svalutano i servizi pubblici promettendo maggiore efficienza, si vendono i diritti sull’acqua per avere denaro ma dopo la privatizzazione, la voce ’efficienza’ scompare e resta la massimizzazione dei profitti con la riduzione dei costi: licenziamento di migliaia di persone, blocco alla modernizzazione degli impianti, caduta della manutenzione, peggioramento della qualità e rialzo dei prezzi (lo abbiamo visto anche con la rete elettrica italiana e statunitense). In Ghana i poveri spendono metà delle loro entrate solo per l’acqua, in Bolivia con salari mensili di 100 dollari le bollette toccano i 20 dollari, nelle Filippine il costo è aumentato del 400%, in Francia del 150%, in Inghilterra del 450%... mentre i profitti delle compagnie salgono del 600-700%.
Intanto l’acqua che esce dal rubinetto peggiora, aumentano i colibatteri e le sostanze inquinanti, scompare la potabilità. Contro il peggioramento non si può far nulla perché le multinazionali non sono tenute a rispettare le leggi degli stati. Sia il Gatt che il WTO hanno creato mostri che travalicano il diritto nazionale e internazionale e possono punire o ricattare gli stati che non sottostanno. Abbiamo un business enorme che si dilaterà nel tempo arricchendo poche compagnie, come le francesi Vivendi Enviroment e Suez Lyonnaise des Eaux, i cui imperi dominano già 120 paesi.
Se l’acqua non è più potabile, fa schifo o manca, la gente berrà acqua minerale, o Coca Cola o Pepsi ma le acque minerali non danno garanzia di igiene, contengono elementi inquinanti, hanno prezzi eccessivi e sono dominate da quelle stesse multinazionali. Insomma le imprese continueranno a marciare sulla sete del mondo. E se l’acqua manca o è troppo cara, non si hanno danni solo alle famiglie, ma all’agricoltura, all’allevamento, alla produzione, con levitazione dei prezzi e danno all’intera economia.
Dice Vandana Shiva: “Le soluzioni di mercato distruggono la terra e aumentano le disuguaglianze. La soluzione di una crisi ecologica è ecologica, come la soluzione dell’ingiustizia è la democrazia. La cessazione della crisi dell’acqua impone la rinascita di una democrazia ecologica”.