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Pasolini : Chiesa e potere

Publie le lunedì 26 settembre 2005 par Open-Publishing

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6 ottobre 1974. “Nuove prospettive storiche: la Chiesa è inutile al Potere” (sul Corsera col titolo “Chiesa e Potere”)

di Enrico Campofreda

C’è un modo altezzoso, supponente, ostinatamente osceno di approcciarsi a un interlocutore che una parte del mondo cattolico tuttora conserva. È lo stile dell’organo di stampa del Vaticano “L’Osservatore Romano” cui fa riferimento il poeta in questo scritto. In verità questa non è solo una prerogativa d’una certa ufficialità cattolica, taluni sedicenti laici - che poi veri laici non sono - mostrano un eguale parlare ex cathedra. Lo fanno politici di ieri e di oggi dai volti noti e meno. Lo fanno i baroni di finanza, economia, accademia e cultura. E ci fermiamo qui perché il processo a catena coinvolge a cascata settori meno illustri e pregiati della società.

È l’atteggiamento dell’uomo di Potere che guarda dall’alto in basso e non riconosce dignità a chi non ha in mano eguali leve e non appartiene al rango. È un fare antiegualitario, razzistico, reazionario.

Pasolini se lo ritrova contro nell’organo ufficiale della Santa Sede che di lui scrive: “Non sappiamo donde il suddetto tragga tanta autorevolezza se non da qualche film di enigmatico e riprovevole decadentismo, dall’abilità di uno scrivere corrosivo e da taluni atteggiamenti alquanto eccentrici”.

Lui risponde: “Io non ho alle mie spalle nessuna autorevolezza: se non quella che mi proviene paradossalmente dal non averla e dal non averla voluta; dall’essermi messo in condizione di non aver niente da perdere, e quindi di non esser fedele a nessun patto che non sia quello con un lettore che io considero del resto degno di ogni più scandalosa ricerca”. “...Ma supponiamo che una mia ‘autorevolezza’ esista: allora la posizione vaticana è ancor più grave. Essa mette sotto accusa non solo le cerchie culturali ma critici e spettatori che decretano il successo delle mie opere cinematografiche. Tutto ciò è considerato ‘culturame’ e lo è perché non è clerico-fascista”.

“La storia della Chiesa è una storia di potere e di delitti di potere: ma quel che è ancora peggio è una storia di ignoranza... È su essa che si è modellata l’ignoranza qualunquistica della borghesia italiana. Si tratta infatti di una ignoranza la cui definizione culturale è: una perfetta coesistenza di ‘irrazionalismo’, ‘formalismo’ e ‘pragmatismo’”.

Un compito della Chiesa per la sua rinascita dovrà esser quello della “liberazione dal potere” con la radicale distinzione fra Chiesa e Stato. Rovesciando il grande imbroglio dell’interpretazione clericale della frase di Cristo: “Dà a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”.

Ancora il poeta: «In essa è concentrata tutta l’ipocrisia e l’aberrazione che hanno caratterizzato la Chiesa controriformistica. Si è fatta passare come moderata, cinica, realistica una frase di Cristo che era radicale, estremistica, perfettamente religiosa. Cristo non poteva voler dire: “Accontenta questo e quello, non cercar grane politiche, dà un colpo al cerchio e uno alla botte”. In assoluta coerenza con la sua predica lui voleva dire: “Distingui nettamente far Cesare e Dio, non confonderli qualunquisticamente, non conciliarli”. Cristo poneva una dicotomia estremistica e invita all’opposizione perenne a Cesare, anche se magari non violenta».

Per secoli il Potere ha trovato nell’interpretazione clericale giustificazione per il suo essere e i suoi soprusi, la Chiesa, più che fare da contro altare a Cesare e occuparsi dello spirito, s’è fatta essa stessa Potere materializzando Dio.
In tempi recenti la sua temporalità, limitata dalla nascita dello Stato unitario italiano, è stata riproposta dal Concordato del 1929 che restituiva al Vaticano l’aspirazione di rilanciare ideali teocratici. Il regime fascista strizzò l’occhio a un simile disegno sacrificando sessant’anni di laicità dello Stato liberale in cambio della benedizione dei propri labari squadristi e della sua dittatura.

Ma ciò che accadde coi Patti Lateranensi - che fra l’altro fecero del cattolicesimo la religione ufficiale dello Stato Italiano - fu la nascita d’una grande alleanza ideologico-politico-religiosa che accomunava le componenti reazionarie del Paese: il capitalismo che aveva foraggiato e lanciato il fascismo come suo braccio armato contro le rivendicazioni della classe operaia, la parte politica squadrista e borghese che aveva sospinto e sostenuto la dittatura mussoliniana, il clero conservatore incarnato da papa Ratti (Pio XI) che faceva del fascismo un alleato in funzione antibolscevica.

Prendeva forma quel clerico-fascismo che incarnerà il volto oscuro della società italiana nei restanti anni del Regime e anche dopo la Liberazione. Le sopravvivrà nelle nuove formazioni politiche sedicenti antifasciste, come la Democrazia Cristiana e non solo, diventerà modus vivendi et cogitandi trasformandosi in un vero cancro d’un sistema tutt’altro che civile e laico, come più volte il poeta annotò. Lo stesso Partito Comunista, accettando l’articolo 7 della Costituzione, rinuncerà alla laicità dello Stato in funzione pro-cattolica e a vantaggio d’un clericalismo di ritorno, tanto da subire l’offensiva dei Comitati Civici nella disfatta elettorale del 18 aprile ’48 e le reiterate scomuniche di Pio XII.

Solo il nuovo Concordato del 1984 ristabilì nuovi principi: il cattolicesimo cessava d’essere religione di Stato e l’insegnamento della religione nelle scuole non era più obbligatorio. Ma simboli come il crocifisso rimarranno nelle aule e negli ultimi anni crescerà una nuova ventata d’integralismo e intolleranza contro le altre religioni foraggiata dalla Destra politica. E a trent’anni dall’auspicio pasoliniano per un rinnovamento la Chiesa ripropone la sua ingerenza sulla legislazione statale, come mostrano gli attuali interventi del cardinal Ruini sulle normative delle coppie di fatto.